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Un viaggio tra spazio e tempo: la line up della sesta serata del Todays compie il miracolo

svg1 September 2024FotografieLiveRecensioniMAGRÌTTE

L’estate sta finendo e il Todays Festival regala una serata all’insegna della decompressione e della liberazione energetica. Il revival sempreverde dell’indie anni ’00 con …A Toys Orchestra funge da Caronte e ci accompagna al godimento viscerale prodotto dai Jupiter & Okwess, fino al rodato e atteso show di Mahmood, che conclude il suo perpetuo tour estivo. Si accoglie settembre con tanto cardio e buoni propositi


È l’ultimo giorno di agosto, settembre reclama la propria egemonia e se ne frega che sul calendario manchino ancora ventuno giorni alla conclusione della stagione. Il mondo intero si prepara a ripartire, mentre i buoni propositi piantonano le coscienze ancora impegnate a metabolizzare i cocenti mesi appena trascorsi. Non c’è nulla di meglio che entrare nel mese più performativo dell’anno, eliminando le tossine in una delle modalità preferite per chi legge e chi scrive questo magazine: sudare tutta l’acqua del proprio corpo muovendosi a suon di musica live!

Il Todays Festival è giunto alla penultima serata, con un’affluenza ogni giorno in crescendo nonostante il caldo, le ferie e le zanzare. La lineup di questo sesto eclettico incontro con la musica è studiata per fungere da ponte tra l’alt-rock di ieri – una vera e propria festa collettiva, qui la recensione – e la cifra stilistica dell’headliner di oggi: Mahmood. L’obbiettivo è quello di unire generazioni di pubblico distanti, intersecando stili musicali e culturali lontani tra loro. Lontani nel tempo e lontani nello spazio: si parte dal Cilento, per passare per il Congo e la Germania, prendere un traghetto Sardegna-Egitto e tornare in madrepatria con i piedi dolenti e le orecchie contaminate.

Puntuale, alle 19.30, si presenta sul palco la …A Toys Orchestra, una band simbolo della musica indie del primo decennio del 2000, quando questo genere soddisfaceva la necessità di indipendenza alternativa alle logiche discografiche e aveva poco a che fare con l’it-pop di oggi – una frase emblematica, che per me è più un mantra, recita appunto: “Anni ’00 indie vero” –. Formatosi nel lontano ’98 ad Agropoli, il gruppo è un poliedrico ensemble di personalità artistiche e polistrumentiste tornato sulla scena, dopo sei anni, con l’album Midnight Again. Una sorta di conclusione alla “Trilogia della mezzanotte” composta già da Midnight Talks e Midnight (R)evolution. Il loro nome evoca l’immagine di un’orchestra formata da giocattoli e si addice perfettamente alla loro attitudine sul palco. Enzo Moretto, Ilaria D’Angelis e Raffaele Benevento – il primo nucleo del progetto – insieme ad Alessandro Baris e Mariagiulia Degli Amori riempiono il suono come una vera e propria orchestra sinfonica. La sfumatura ludica è rappresentata dall’interscambio, sempre entusiasmante, tra i componenti del gruppo che si mescolano e rimescolano, variando le sfumature di colore ma mantenendo l’identità di un gruppo rodato e ingaggiante.

Il repertorio che presentano questa sera è incredibilmente variegato, così come le accoppiate strumentali – spesse volte inedite – in continuo mutamento. Le loro radici britpop risaltano in brani come Celentano e Our Souls, per influenzarsi di psichedelia in Somebody Else e Look In Your Eyes, di inflessioni jazz in Life Starts Tomorrow e momenti melodici come la bellissima Lub Dub in cui Ilaria ed Enzo si lanciano in una malinconico duetto. I testi e le vibes di questa band necessitano di un approfondimento a parte, la loro carriera è una vera ispirazione per chi ama questo mestiere; intanto, osservare i fan di Mahmood piacevolmente in ascolto è stato un qualcosa di commovente.

Il palco si svuota, mentre il pit inizia a riempirsi. Le persone si stringono, compensando l’abbassamento di temperatura serale con quella corporea. Ancora non sanno che a breve un’esplosione di energia musicale le avrebbe fatte sudare più del dovuto.

Sono le 20:30 e sul palco salgono i quattro musicisti che incarnano la seconda parte del nome del gruppo Jupiter & Okwess. La prima parte, invece, è rappresentata dall’incredibile Jean-Pierre Bokondji, una personalità così spumeggiante e carismatica da trascendere qualsiasi barriera linguistica o culturale, rendendolo un intrattenitore universale. Sono loro la vera rivelazione della serata: non appena partono a suonare, il pubblico inizia a ballare e continuerà a farlo fino alla fine del loro concerto.

La band congolese rappresenta il passaggio perfetto tra le diverse fasi della serata: l’esperienza di vita tedesca di Jupiter conferisce un’inedita colorazione rock’n’roll ai ritmi afrobeat, con sonorità tipiche del raggae ed evocativi riff funky. A tutto ciò si aggiunge uno spettacolo di intrattenimento coinvolgente, che strega il pubblico senza eccezioni. Ogni membro dei Jupiter & Okwess si dedica completamente alla performance, dove musica e danza si intrecciano, dando vita a momenti di “ballo di gruppo” – un termine spesso usato con accezione dispregiativa, che possiede invece il potere di unire le persone, facendole muovere e respirare in perfetta armonia – che mettono il pubblico al centro della scena. Questa scelta inclusiva è voluta: a metà concerto vengono chiamate sul palco cinque women per bilanciare la presenza maschile dei musicisti e, a fine scaletta, un ragazzo del pubblico entra di diritto a far parte del gruppo dopo aver condiviso con loro musica e incitamento alle masse. In quest’atmosfera da abbraccio collettivo, i messaggi veicolati sono di liberté, égalité e potere unificante della musica.

Devo ammettere che ho trovato difficile annotare i titoli delle canzoni, ma non ho avuto alcuna difficoltà a lasciarmi trasportare dalla loro musica con corpo e mente. Il mio consiglio è quello di aprire Spotify — o qualsiasi altra piattaforma musicale — e partire dall’ascolto del loro ultimo album, Na Kozonga, edito nel 2021. Non ve ne pentirete!

A questo punto della serata il sottopalco è talmente compattato da non permettere all’aria di passare: una vera e propria sauna di gruppo, in attesa dell’headliner di oggi. Sono le 22.10 e tre musicisti e due coriste predispongono l’inizio del concerto finale. Mahmood – ai tempi Alessandro Mahmoud –, dichiara subito che questo è un giorno speciale: «È l’ultima data del summer tour. Finalmente dopo potrò prendermi una settimana per dormire!».

Eh sì, perché il cantautore è reduce da ben diciassette date di tour europeo e altrettante di quello estivo: un dettaglio non indifferente per mettere in giusta prospettiva ciò che avverrà stasera. Personalmente, trovo sia fondamentale porre l’attenzione sulle dinamiche discografiche che snaturano una pratica tanto ancestrale come quella musicale. Come lui stesso afferma, dopo una falsa partenza della title track del suo ultimo album Nei letti degli altri, il meccanismo che trangugia artisti e artiste – soprattutto nel mainstream – non permette di godere appieno del proprio lavoro:

«Questa è l’ultima volta che canterò questa canzone in un tour associato a questo album. Spesso non ci si ferma a pensare, lo si fa (il concerto ndr) in modo meccanico. A questo disco ci abbiamo lavorato tanto e stasera voglio godermelo»

La scaletta è infatti oliata a dovere, rodata dalla pratica e studiata nei minimi particolari per intermezzare momenti dalla dinamica più intensa con altri di estremo pathos. Nell’ultimo album l’artista ha puntato sulle melodie – alcune legate al bel canto italiano, altre alle sue radici egizie – che mettano in risalto la sua voce. Tutti contro tutti ne è un esempio perfetto: melodie più classiche si mixano a un beat fresco e internazionale, dove Mahmood regala dei runs vocali arabeggianti che portano con loro un valore culturale non indifferente. Paradiso, Inuyasha, Overdose, Cocktail d’amore sono un susseguirsi di onirica emotività, che si contrappone alle up-tempo urban Bakugo, Neve sulle Jordan, Kobra, Tuta Gold e la hit appiccica-sinapsi di questo agosto: Ra ta ta.

I ledwall sono spenti e i visual minimali faticano a supportare il repertorio dell’artista. Rispetto allo stadio – dove suonerà in autunno – è sicuramente una dimensione meno adatta a esprimere il pieno potenziale dello show. Oltretutto, uno dei pochi con una caratura internazionale che pochissimi progetti italiani possono permettersi di raggiungere. Che sia dunque per il fattore stanchezza o per la location più rilassata, l’intero concerto procede godibile ma poco entusiasmante. Il talento nella composizione e l’intensità interpretativa di Mahmood sono fuori discussione, ma forse ha senso cogliere quest’occasione per ragionare sui lati della notorietà che spesso vengono sottovalutati.

La serata è conclusa, è giunto settembre in punta di piedi e si torna a casa con la sensazione nostalgica e liberatoria che l’estate stia finendo. Nonostante questo, il sentimento predominante è la gratitudine: la preziosità di rassegne musicali come questa è proprio l’arricchimento musicale, che si istilla nelle persone più o meno coscientemente. Non importa quale età o cultura musicale si abbia, basta tenere la curiosità ben accesa per scoprire repertori sconosciuti che si perderebbero nella bolla categoriale in cui verte il mercato musicale di oggi. Stasera si è compiuto un vero miracolo, la folla eterogenea si è trasformata in un affiatato pubblico ricettivo.

Non ci resta, dunque, che prepararci all’imperdibile gran finale di questa stagione del Todays Festival, lunedì 2 settembre, con i Massive Attack. Attenzione: i rumours dicono che sarà uno degli eventi più partecipati dell’estate. Prepararsi al caos!

 

foto di Luca Morlino

Mattia Macrì

Creativo. Cant-Autore. Storyteller. Neurodivergente. Mi esprimo in musica da quando l'ho scoperta, ma da prima scrivo storie. Amo qualsiasi tipologia di performance artistica e i meccanismi della mente umana. Il motivo per il quale scelsi di studiare Chimica Industriale spesso ancora mi sfugge.

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