Ambientazioni surreali e contaminazioni sonore. Un labirinto metafisico in cui perdersi e cercarsi
Satura è l’esordio autentico e introspettivo delle Irossa, band dell’alternativa scena musicale torinese. Dopo essersi fatte notare ai numerosi live nella loro città, l’uscita del disco non può che consolidare il loro nome tra i progetti all’avanguardia da tenere d’occhio.
Le Irossa – composte da ben sei eclettici membri tra voce femminile e maschile, chitarre, batterie, synth e un riconoscibile sassofono – sono di difficile catalogazione: potremmo inserirle a cavallo tra post-punk, indie-rock e jazz multiforme. L’album, interamente autoprodotto tra settembre 2023 e febbraio 2024, sfugge volontariamente alle definizioni di genere, con sonorità che si mescolano piacevolmente in un immaginario metafisico.
Tra le tredici tracce che compongono l’LP, dopo il primo minuto e mezzo di Al freddo – intro, entra Cento pugni: chitarre sporche e un giro di basso incalzante in cui la voce femminile è seguita da quella maschile, queste si rincorrono da una traccia all’altra, si incontrano per qualche istante per poi perdersi poco dopo. La canzone successiva, Dov’è lei, prende il titolo dalla frase ripetuta nella precedente: che sia una domanda o un’affermazione, a emergere è il senso di una spazialità vuota che non viene mai colmata. Con Mille aghi e Secchio d’acqua le tracce si susseguono con ambientazioni cupe e allo stesso tempo sognatrici; i testi sono in grado di trasmettere immagini vivide seppur astratte, quella magia tipica della prima Officina della Camomilla, per intenderci.
Più o meno giunti a metà ascolto, dopo Notte, arriva un Porno intermezzo dove la batteria lenta e il sax caloroso evocano l’atmosfera di una jam session a lume di candela; a seguire, Incendio ci conduce in un luogo notturno e malinconico, dolce e amaro. Con Butzig si torna nel mondo dei sogni: immagini surreali, sintetizzatori tremolanti e le voci che si intrecciano nuovamente, questa volta in nome della “presa male” tipica di una gioventù con tante domande e poche risposte. Un incontro tra lui e lei sembra possibile in Onde in aprile ma, anche questa volta, le due voci si separano in un botta e risposta discordante. L’album continua con Puis plus rien, traccia in francese a tratti arabeggiante che ci disorienta ancora una volta; a seguire Capillari: sonorità nervose, batteria dritta e giro di basso post-punk che, improvvisamente, dà spazio a trombe sempre più intense per una direzione quasi ska, che ricorda Night Boat to Cairo dei Madness.
Satura – outro è la traccia che chiude il cerchio, un teatrale delirio: ogni membro ha composto e registrato il proprio strumento senza sentire gli altri; i suoni si scontrano e si mescolano a enfatizzare quanto il lavoro sia saturo, un horror vacui in cui la moltitudine di contenuti vuole occupare spazio. Un minuto e mezzo di creatività per mettere a fuoco il mosaico di tendenze musicali che contraddistinguono la band.
È così che un viaggio interiore e ibrido fa delle Irossa un progetto autentico e con un grande potenziale: da qui, si può solo migliorare.