Loading

Forse non ho chiuso casa: il mondo sospeso dei Vespri

L’esordio sulla lunga distanza dei Vespri, giovane band torinese, è il risultato di un lavoro di ricerca collettivo che mette insieme numerose influenze. Un disco dal songwriting ispirato, a metà tra l’ingenuo e il maturo, la cui poesia viaggia in percorsi sonori ricchi di contaminazioni avant rock, tutte al servizio di brani in cui regna un delicato equilibrio tra solidità compositiva ed evanescenza espressiva


Nati nel 2022 a Torino, i Vespri hanno atteso qualche anno prima di esordire con un album. Uniti dalla passione per l’alternative, la sperimentazione, le jam e la poesia, nell’anima dei sei componenti convivono una serie di influenze molto importanti per il nutrimento artistico del progetto. A un primo ascolto Forse non ho chiuso casa si presenta come un album non immediato. Il perché risiede nell’audace volontà della band di vestire ogni brano di contaminazioni di varia natura. Il risultato è un lavoro che sfugge alle definizioni facili, pur inserendosi nel vastissimo panorama sonoro dell’art/avant-rock.

Indipendente, autoprodotto, in pieno Do It Yourself, Forse non ho chiuso casa è grezzo come gli esordi più necessari e raffinato come le opere il cui sviluppo richiede pensamenti e ripensamenti continui: un percorso compositivo alla ricerca del suono giusto al momento giusto. Resta tuttavia l’istinto l’arma fondamentale del disco, che trasuda energia e delicatezza.

I Vespri, attivi nel sottobosco underground torinese, presentano elementi di continuità con gli artisti/amici che con loro condividono i numerosi palchi del capoluogo piemontese, in una fascia temporale che parte dal 2021 circa e che – discograficamente parlando – sta prendendo piede in questi ultimi due anni. D’altronde – ne abbiamo più volte discusso –, stiamo parlando di una vasta scena in cui continue convergenze musicali, e non solo, alimentano l’evolversi di un sound che mese dopo mese sta diventando sempre più riconoscibile. Un esempio esplicito, nell’album dei Vespri, è la traccia-manifesto Torino, la Nebbia, i cui arpeggi intrecciati e la conseguente progressione sonora possono ricordare Stai con noi delle Spore, mentre nel riff tellurico e nella rabbia del coro finale – in cui rimbomba il titolo del brano – sembra riecheggiare Odio Gli Indifferenti degli Euphonia. Inoltre, per la registrazione del disco sono stati coinvolti membri di band della scena quali Sabbatica, Absenthee, Eden For All e irossa, a ulteriore dimostrazione dell’unione che lega le persone appartenenti a questo ricco panorama artistico: una rete infinita, una sorta di albero di intrecci simile a quello della Seattle grunge anni ’90.

Forse non ho chiuso casa presenta un songwriting ispirato. Si distingue per la predilezione verso un tono poetico, dalle liriche di Luca Borgaro – ispirate a Friedrich Hölderlin – in spoken word (Tip Tap, inizio), passando per un approccio più sperimentale di Manuel Ongaro (Ti Aspetto), mentre le chitarre riverberate di Federico Sassone e Raffaele Perrotta trascinano in percorsi sonori che si evolvono e crescono secondo dopo secondo, come nella bellissima Il Cielo Rallenta, singolo che ha anticipato l’album e che ben riassume tutte le peculiarità del disco. Il basso di Federico Somà spesso si trasforma in vero e proprio protagonista melodico in brani come Tu o la Tua Ombra I, Forse Non e la strumentale KrV, fine, nei quali regna un tapping capace di entrare in un dialogo avvolgente con gli altri musicisti.

La sezione elettronica, caratterizzata da sintetizzatori in perfetta simbiosi col resto della strumentazione, contribuiscono alla creazione di un’atmosfera sospesa ed eterea, come in Rasoterra. Ma in generale tutto l’album è un mondo al di sopra della realtà, alimentato dalle percussioni di Angelica Massaia, a volte delicate e leggere, a volte dure e portentose. Ascoltare Forse non ho chiuso casa è come evadere ed entrare in un mondo sognante e romantico, in un’esperienza coinvolgente e appassionante.

È un album che non ha fretta di piacere. È un’opera che si prende i suoi tempi e che cerca di crescere lentamente nelle viscere dell’ascoltatore, forte della sua carica poetica. Un esordio che, dietro le nebbie della cover industriale ma altamente evocativa, lascia intravedere la speranza per un mondo in cui forse la libertà dell’animo è possibile.

Marco Nassisi

Per me scrivere di musica vuol dire trovare una scusa per ascoltarne tanta, scoprirne di nuova e fare un po' d'ordine nella testa.

Loading
svg
Navigazione Rapida
  • 01

    Forse non ho chiuso casa: il mondo sospeso dei Vespri