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Sul Po, un magazzino di energie indipendenti

Se qualcuno aveva ancora qualche dubbio sullo stato attuale dell’underground in Italia, ecco che il Magazzino sul Po, come al solito, risponde. Questa volta lo fa con tre live viscerali: Le Schiene Di Schiele, The Snookers e Bettino Taxi. Tre meravigliosi pugni in faccia, a dimostrare che le piccole realtà capaci di produrre musica valida e performance di alto livello esistono, resistono e pulsano di energia e voglia di fare sul serio, intenti a creare momenti di memorabile condivisione


È un inizio primavera che sa di pieno autunno, in una Torino che ha accolto la stagione dei fiori avvolta da una coltre di nebbia e bagnata da quella pioggerellina fastidiosa che pare interminabile. Ciò non ha impedito a un folto numero di ragazzi e ragazze di uscire di casa e spendere il proprio sabato sera nella dimensione spaziale in cui il freddo e l’umidità possono essere combattuti con la potenza espressiva di una chitarra distorta e di una voce avvolgente.

Al Magazzino sul Po si è accesa la magia in una serata all’insegna della musica indipendente, con le esibizioni di ben tre band: nell’ordine, i lombardi The Snookers e Bettino Taxi – rispettivamente da Morbegno e Brescia – e i local Le Schiene Di Schiele che, in qualità di headliner, hanno colto l’occasione per festeggiare l’uscita del loro nuovo singolo Caino. Per noi di Polvere che con Riverberi – la nostra rubrica dedicata agli emergenti – cerchiamo di diffondere, per quanto possibile, le realtà che riteniamo interessanti, è stata un’occasione da non perdere. Non solo per assistere per la prima volta al live una band della quale avevamo già parlato – The Snookers –, non solo per tornare a sentire Le Schiene Di Schiele che Torino ha imparato a conoscere anche solo come nome grazie agli infiniti stickers che tappezzano l’intera città, ma anche, ovviamente, per scoprire musica nuova, in particolare quella dei Bettino Taxi, che non conoscevamo e che ci attiravano anche solo per il nome a dir poco geniale. Ma andiamo con ordine.

Alle 21.30 puntuali attaccano i The Snookers, freschi dell’uscita del loro secondo album Una famiglia normale. Il duo composto dalla cantante e tastierista Anita Maffezzini e dal chitarrista Federico Fabani accoglie i primi arrivati con l’energia di un sound massiccio, che si regge su numerosi elementi: dai portentosi riff alt-rock anni ’90 di Federico, capaci di entrarti immediatamente in testa per la loro incisività, alle ritmiche della drum machine, che nella loro semplicità presentano un tiro tagliente – in grado a volte di sfociare nell’industrial –, passando per la voce di Anita, che sprigiona tutta la potenza espressiva e il carisma della frontwoman, tirando fuori tutto ciò che ha dentro il corpo e l’anima attraverso l’energia di racconti intimi e intensi, la cui conseguenza naturale è la necessità di riprendere fiato tra un brano e l’altro. L’entusiasmo è percettibile.

Tra i due c’è una chimica che si percepisce subito, in termini di compattezza sonora e coesione performativa. Sui loro volti l’emozione e la gioia di suonare è palpabile. Gradualmente, brano dopo brano, i The Snookers conquistano il pubblico e lo scaldano, senza tuttavia comportarsi da antipasto della serata. A fine esibizione, Federico lascia il palco declamando: «Torino è meglio di Milano». Non c’è molto da aggiungere. Prendiamo e portiamo a casa.

È il momento dei Bettino Taxi. Se dovessi descrivere la loro esibizione con un aggettivo, probabilmente sceglierei “cinematografico”. E non mi riferisco soltanto ai visual di film muti – da Metropolis a La corazzata Potëmkin, da Un chein andalou a Cabiria – che scorrono costantemente nel tripudio di colori psichedelici del locale. Mi riferisco anche all’impostazione del loro intero set. Nell’aria aleggia lo spirito caustico e consapevolmente provocatorio della figura di Bettino Craxi, di Mani pulite e della fine della Prima Repubblica; vengono lanciate monetine finte dal palco, mentre voci evocanti un periodo storico ben preciso – esorcizzato anche dall’ironia del nome della band – introducono i brani, a metà tra le atmosfere fluttuanti e riverberate dello shoegaze e la frenesia velenosa di un certo post punk di stampo britannico.

Il cantante Davide Cappelli, con addosso la maglia del Brescia di Roberto Baggio, ricorda Joe Talbot degli Idles, con i suoi movimenti che giocano di sottrazione senza nascondere la voglia di esplodere nella visceralità di liriche parlate, urlate, a volte quasi strozzate. Nel frattempo, frequenze e ritmiche vengono impreziosite da un sax impazzito, che gioca col wah-wah e si mescola con i riverberi di chitarre dal suono etereo.

E terminiamo continuando a parlare di grandi presenze sceniche, perché se c’è una cosa che distingue Le Schiene Di Schiele dalla maggior parte delle altre band del circuito, questa è proprio la capacità magnetica di attrarre il pubblico nel proprio rituale math rock, che striscia sull’asfalto, cresce piano piano, sale lungo le articolazioni e penetra nelle ossa. L’inquietante teatralità con la quale loro stessi si descrivono è incarnata nel carisma di Francesco La Greca, che è una presenza costante nell’anima dello spettatore che incrocia il suo sguardo penetrante.

La musica de Le Schiene Di Schiele sacrifica la melodia in favore della dissonanza e del ritmo martellante e disturbato. Andrea De Marchi alla batteria pesta come un fabbro, e spesso è proprio il suo groove alla Dave Grohl a fungere da motore pulsante dei brani – tutti inediti, a eccezione del singolo già citato –, in perfetta sintonia col titanismo del basso di Daniele Baldassarre e l’angosciante distorsione della chitarra di Giacomo Scarcella. È necessario dare il giusto credito ai fonici del Magazzino, che per tutte e tre le esibizioni hanno saputo valorizzare al meglio qualunque sound.

L’intesa tra i musicisti è evidente in tutta la sua intensità, come lo è tra la band e la special guest Fitza, cantautrice di Como, nota ai più per aver conquistato Manuel Agnelli e non solo a X Factor 2024, rimanendo sempre sé stessa nonostante l’immensità dell’impianto con il quale si è dovuta confrontare. Con Le Schiene canta la sua La strada giusta e un inedito della band. E sotto il palco è un pogo continuo. Tra un crowdsurfing e un reggiseno lanciato, è impossibile restare fermi di fronte all’apocalisse che i quattro cantano, in un travolgente elogio all’abisso e all’introspezione.

Ma alla fine cosa resta di un live come questo? Un qualcosa che va oltre la serata in sé. Tutto ciò che l’underground può desiderare: coesione, partecipazione, condivisione. In generale, la voglia di stare insieme, uniti dalla passione per una musica realmente indipendente, guidata esclusivamente dalle ispirazioni degli artisti. Il giorno prima, sempre al Magazzino sul Po, le Irossa festeggiavano un anno dall’uscita del loro primo album Satura, che contiene alcuni dei brani più cantati dell’ultimo anno di musica torinese. Ad aprirli i Sabbatica, altra band molto interessante, spesso presente nel vasto circuito universitario, anche loro intenti a celebrare l’uscita di un doppio singolo.

È dunque una scena che scrive, produce e che, per quanto riguarda Torino, finalmente sta iniziando anche a pubblicare – carica di consapevolezze acquisite nel corso del tempo –; ma soprattutto suona, con l’energia e l’attitudine dei professionisti. È una scena non si prende sul serio, ma fa sul serio.

È una scena che pensa in grande, che sa quanto sia difficile barcamenarsi in questo folle mondo musicalmente ipersaturo. E proprio per questo gli artisti, senza particolari strategie magiche, si sostengono a vicenda e si recano negli spazi non solo per suonare, ma anche per ascoltare colleghi e amici. Questo vuol dire creare comunità.

Si può dire che anche la risposta del pubblico sia positiva e che in generale si stia muovendo sui binari giusti. Perché se a Torino Le Schiene Di Schiele giocavano in casa, The Snookers e Bettino Taxi sono stati accolti come meritavano, con quella curiosità che spontaneamente si è trasforma in un sincero godimento per aver scoperto qualcosa che prima non si conosceva. E allora ecco che alla fine aveva senso uscire di casa e recarsi in quel locale sulla riva del fiume, nonostante la nebbia e la pioggia.

 

foto di Giorgia Mirabile

Marco Nassisi

Per me scrivere di musica vuol dire trovare una scusa per ascoltarne tanta, scoprirne di nuova e fare un po' d'ordine nella testa.

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