Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 Seattle era una città invisibile, isolata e in cui la gente non si sentiva rappresentata dalla musica che ascoltava. In questo clima di rabbia e frustrazione, si sente l’esigenza di creare qualcosa di nuovo: nasce così il grunge
Un genere musicale non è mai solo un genere, ma è figlio del suo tempo, il che vuol dire che nasce in un determinato contesto culturale, in un momento storico preciso, per rispondere a una determinata esigenza sociale. Come il punk dell’Inghilterra e il rock’n’roll nel sud degli Stati Uniti, anche il grunge ha un’origine che è collocabile in un punto geografico preciso: nello stato di Wahshington, ma più precisamente a Seattle.
A cavallo tra la fine degli ’80 e l’inizio dei ’90, tra i giovani di Seattle inizia a diffondersi un senso di sconforto causato dal fatto che essi non si sentivano rappresentati dal rock macho e cotonato che andava dai Bon Jovi fino agli Aerosmith, né dall’heavy metal. Parallelamente, sussisteva un aspetto legato all’essere visti, infatti Seattle non era di certo al centro delle mappe discografiche americane, ma era, musicalmente, una città sconosciuta ai più, quasi invisibile e altrettanto invisibili erano i suoi artisti: Jimy Hendrix, ad esempio, dovette trasferirsi a Londra per sfondare nel mondo della musica. L’unico modo per farsi vedere era andarsene. Era una città che, imperterrita, provava a compiere il salto per atterrare nell’Olimpo delle grandi metropoli americane, ma che purtroppo non ci riusciva mai. Tuttavia, questo fu un terreno fertile per la nascita di un nuovo genere musicale e una nuova scena, favoriti paradossalmente dal fatto che, in quella città, nessuna grande band internazionale andava mai a suonare, quindi l’unica musica che si poteva ascoltare dal vivo era quella emergente locale.
Se pensiamo al grunge e a Seattle, le band di riferimento che hanno segnato la nascita del genere sono i Nirvana, i Soundgarden, gli Alice in Chains e i Pearl Jam; ma il momento in cui si inizia a respirare aria di novità in questa città caratterizzata da una storia di mancanze e di isolamento, è quando la C/Z Records di Chris Hanzsek decide di pubblicare una raccolta – DEEP SIX, nel 1986 – al cui interno troviamo anche i Soundgarden. Da quel momento la musica cambia e nasce, letteralmente, “il suono di Seattle”: niente sintetizzatori, effetti o tastiere che hanno capitanato la maggior parte della musica degli anni ’80. Si passa a un suono viscerale e sporco, lontano dagli schemi e dalle strutture tradizionali, anche in termini di armonia e ritmo. Chitarra, basso e batteria, non serve altro. Gli artisti invertono la rotta di tutto ciò che è stato fino a quel momento, per seguire una strada totalmente anticonformista. Ogni band mantiene questa organizzazione sullo sfondo, ma lo fa a modo suo, tra chi si appoggia di più al punk, come i Nirvana, e chi oscilla tra l’hard rock e il metal, come i Soundgarden. Ciò che emerge è un genere profondamente democratico, in cui chiunque decida di abbracciarlo lo fa seguendo i propri riferimenti e la propria storia, in maniera totalmente personale. Ed è proprio questo il motivo per cui, nel grunge, non esiste una band simile a un’altra.
E’ una musica che non ha bisogno di effetti ricercati o particolari virtuosismi, quello che ha da dire lo tira fuori dalla pancia, di getto, senza mascherarlo o abbellirlo. Ogni artista ha i suoi particolari demoni da combattere ed esorcizzare, ma anche le sue posizioni in fatto di politica ed etica. Kurt Cobain, ad esempio, era fortemente contrario alla mascolinità tossica e al sessismo che portavano sul palco band come gli Aerosmith. Egli voleva a tutti i costi mandare il messaggio opposto, proponendo un’immagine dell’uomo che non per forza deve aderire all’ideale di mascolinità tipico dell’America di quell’epoca, ma che può anche far emergere il suo lato sofferente e fragile, ed è proprio quello che fa Cobain. Questa è una delle rivoluzioni del Grunge: il passaggio dalla rockstar patinata che parla solo di sesso, droga e fama, a quella sofferente, fragile e senza filtri. In questo modo l’artista si fa portavoce del popolo, affrontando tematiche in cui qualsiasi persona comune può ritrovarsi. Non solo nei contenuti dei testi, ma anche nell’abbigliamento gli artisti si presentano come persone ordinarie: jeans strappati, converse e camice a quadrettoni da boscaiolo o maglie oversize a righe. Il grunge passa così anche attraverso l’abbigliamento, per trasmettere un messaggio di povertà e umiltà che fa da specchio alla situazione sociale di Seattle in quel periodo.
La nascita di questo genere è interessante perché mostra come, a livello psicologico e sociale, l’ambiente viene manipolato e modificato per poter essere riadattato ai bisogni del singolo – o, in questo caso, della società – dando così forma a un cambiamento che ha quasi del magico. Il grunge si fa carico, così, di trasmettere il dolore della città in cui è nato attraverso il grido di artisti che raccontano la propria storia, le paure, la rabbia e le insicurezze. Seattle ha sofferto l’isolamento e l’invisibilità e così si è adattata, in maniera creativa, per uscire da un’immobilità che la stava uccidendo. Questa città era invisibile, ma non morta. La pulsione di vita che l’ha spinta a uscire dall’anonimato ha portato alla nascita di una nuova realtà musicale che, ancora oggi, è uno dei pilastri della storia della musica.