Negli anni ’90, Seattle e Palm Springs sembravano lontane, ma grunge e stoner condividevano lo stesso spirito di ribellione. Mentre il grunge esplodeva con la sua angoscia e disillusione, lo stoner affondava le radici nel deserto, con le sue sonorità pesanti e psichedeliche. Due mondi musicali che, seppur diversi, univano disincanto e voglia di ribellarsi alla patina scintillante degli anni ’80
Seattle e Palm Springs, Washington e la California, 1600 miglia di distanza. Da una parte pioggia, eroina, alienazione e disillusione; dall’altra il sole cocente, il deserto, la marijuana e la voglia di libertà. È lungo questa linea immaginaria della west coast americana che, tra la fine degli anni ’80 e i primi ’90, nascono due nuove scene musicali, e con esse i due generi che hanno segnato una svolta nella musica rock americana e non solo: il grunge a Seattle e lo stoner (o heavy psych) a Palm Springs.
Il grunge vede la propria nascita sul finire degli anni ’80 come espressione del disincanto, della disillusione e delle ansie di una generazione che deve rispondere da un lato alle aspettative di una società sempre più orientata alla cultura della prestazione e dell’apparire, dall’altro a una crisi economica e sociale che le sbatte in faccia l’immagine di un futuro incerto e senza alcuna prospettiva. La scena di Seattle fa proprie le influenze musicali e stilistiche dell’heavy metal, dell’hard rock e del punk hardcore; specialmente da quest’ultimo trarrà i suoi suoni grezzi, il suo approccio DIY, una certa trasandatezza estetica e una certa ostilità verso una mentalità commerciale, in netto contrasto con lo spirito degli anni ’80. Era la rivolta dei jeans strappati, delle camice di flanella, degli skate e delle grida di disagio nei locali underground contro le rockstar dai pantaloni zebrati e le paillettes avvinghiate alle conigliette di Playboy sui divanetti del Sunset Strip. Nirvana, Soundgarden, Alice in Chains, Pearl Jam, Melvins, Stone Temple Pilots; ma anche Mudhoney, L7 e Screaming Trees. I nomi dei mostri sacri del grunge ci suonano sicuramente più familiari rispetto a quelli rappresentativi di quello che, forse, potremmo definire il cugino “stonato” del grunge: lo stoner rock.
Mentre a Seattle continua a piovere, in California il clima è estremamente caldo, torrido e asciutto. Qui, in mezzo ai cactus e ai coyote, all’ombra delle palme si sviluppa quest’altra scena simbolo dei primi anni ’90. Lo stoner condivide con il grunge più o meno le stesse influenze musicali e parte dello stesso sound grezzo, distorto e senza fronzoli, arricchito però da un ulteriore elemento, una considerevole dose di psichedelia anni ‘70. Band simbolo di questa scena sono Kyuss, Fu Manchu, Vista Chino, Yawning Man, Queens of The Stone Age, Sleep, Unida, Mondo Generator e Fatso Jetson; gli sciamani e fautori di questa ondata sono nomi del peso di John Garcia, Josh Homme, Brant Bjork, Nick Oliveri, Mario Lalli. Nella loro musica le atmosfere desertiche di Palm Springs, l’utilizzo massiccio di marijuana e sostanze psicotrope si mescolano alla cultura DIY, al punk e alla cultura skate e surf. Il sound dei Black Flag, dei Dead Kennedys e degli Stooges si fonde ai suoni lisergici, allucinati e a tratti oscuri di band come Blue Cheer, Black Sabbath, Pink Floyd, Hawkwind e Led Zeppelin.
La scena californiana si sviluppa intorno ai cosiddetti Generator Party. Il nome deriva dei generatori portatili che venivano utilizzati proprio in occasione di questi concerti, veri e propri raduni che prendono vita quasi spontaneamente in luoghi isolati, solitamente nel deserto, lontano dalle convenzioni sociali. Riff ipnotici, ruvidi e sporchi si fanno strada nelle lunghe jam session dei Generator Party, rituali collettivi di questo ambiente underground fuori dalle righe, realizzati in mezzo a fuochi, rocce, sabbia, polvere e marijuana. Una sorta di ribellione o fuga sensoriale sia contro le convenzioni della “buona società”, sia contro il patinato immaginario rock del periodo.
Nonostante le differenze relative al substrato culturale, geografico e sociale in cui si formano le due scene, entrambe hanno innegabili convergenze stilistiche. Ricordiamo, per fare un esempio, Ultramega OK, primo album dei Soundgarden: un capolavoro prodotto e pubblicato nel 1988 dalla SST Records, l’etichetta californiana fondata da Greg Ginn dei Black Flag. Fu questo uno dei primi e più importanti dischi grunge a contenere quelle stesse sonorità che troveremo una manciata di anni dopo nelle maggior parte delle band stoner.
Al di là del sound, ciò che accomuna questi due generi è qualcosa che va quasi oltre la musica: l’affermazione di autenticità sottoculturale, di DIY e di cruda, dissonante e grezza genuinità; di rabbia e di fuga dalla società, contro un prodotto e un ambiente divenuto ormai sfacciatamente glamour e pomposo, diretto quasi esclusivamente all’apparenza e all’estetica.