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Il remix album di Brat chiude un cerchio

svg17 October 2024AlbumRecensioniLuca Parri

Dalla dimensione intima e personale a quella collettiva, condivisa e collaborativa. Il remix album di Brat di Charli XCX è il punto finale di un processo artistico e di un’era intera, non solo di un’artista ma dell’industria tutta


Quello della discografia è un mondo in cui – da sempre, ma forse oggi più che mai – esistono delle regole, delle consuetudini e delle norme che chi produce musica tende a seguire per mantenere alta l’attenzione del suo pubblico. Le uscite vanno cadenzate in un certo modo, ogni tanto è necessario pensare a delle edizioni estese e spesso bisogna lavorare di anticipo sull’aspettativa. Dalla seconda metà di quest’anno, però, un’artista in particolare ha voluto prendere questo modello e portarlo al suo estremo, tramutandolo quasi in un atto performativo che accompagna il prodotto e lo estende. Sto parlando ovviamente di Charlotte Aitchinson, meglio conosciuta come Charli XCX, e del fenomeno musicale, discografico e culturale dell’anno: Brat.

Andando a forzare e quasi a sfruttare la consuetudine del mercato attuale, fatto di ere che durano mezzo istante e che – a volte – quasi contraddicono il pregresso, Aitchinson in tre mesi ha costruito un progetto che prima di tutto ha un valore rispetto alla direzione artistica che gli sta dietro. Brat e i due repack successivi – un’edizione deluxe e un remix album, oggetto di questo articolo — sono prima di tutto frutto di un percorso di denominazione, identità e coordinazione che ha operato per far arrivare un messaggio: il concetto e l’idea di mood che stanno dietro a Brat passano anche attraverso le modalità di distribuzione, di uscita e di articoli collaterali. Charli XCX e la squadra creativa dietro alla direzione artistica di Brat – capitanata dalla ormai famosissima designer Imogene Strauss – hanno posizionato tutto quello che riguarda questo periodo della cantante all’interno di un immaginario specifico, che si connette con il suono del disco e ne aggiunge una stratificazione visiva e di comunicazione pertinente. Un esempio lampante di questo processo, per esempio. è il fatto che poco prima del lancio ogni altro album precedente dell’artista ha subito una sorta di rebranding: abbandonare la copertina d’origine in favore di una che richiamasse l’estetica di Brat, mantenendo però i colori primari della precedente.

Un secondo esempio, e qui finalmente arriviamo al punto di questo articolo, è il recentissimo remix album pubblicato lo scorso 4 ottobre. Intitolato molto eloquentemente Brat and It’s Completely Different but Also Still Brat, il disco è una sorta di culmine di un percorso dentro un percorso, una matrioska di significati che si incastrano. Da un lato il termine dell’epoca di Brat, che partendo da un racconto personale del periodo attuale di Charli XCX si evolve e arriva a comprendere dentro di sé una dimensione che tiene conto non solo dell’artista in sé, ma anche della collaborazione. Dall’altro, i remix autonomamente, nei mesi, hanno assunto quasi una narrazione propria, come se si trattasse di uno spin off. Via via che uscivano iniziavano a portare dentro il discorso dell’album una nuova prospettiva che è diventata sempre più parallela e quasi autonoma, fino a culminare in una raccolta di sedici brani (trentaquattro, se contiamo che il disco è stato pubblicato includendo l’edizione deluxe).

I ragionamenti che Aitchinson e le persone con cui ha collaborato in questo album sono una diretta conseguenza di Brat, ma anche il tentativo della sua autrice di dare carta bianca agli artisti coinvolti, offrendo loro la possibilità di dare propria personale interpretazione. Il primo esempio che salta all’occhio in questo senso è il remix di Girl, so Confusing, in cui le carte in tavola vengono scoperte: è Lorde la persona a cui Charli XCX si riferiva nella versione originale ed è proprio lei a duettare e rispondere a quel testo raccontando la propria versione ed espandendone la narrazione. Uno scossone all’industria tremendo, una mossa accondiscendente con le modalità del mercato discografico ma che allo stesso tempo le sbeffeggia, se ne prende gioco: questo è un po’ il senso di Brat and It’s Completely Different but Also Still Brat. Un ribaltamento totale delle aspettative, una sovversione delle norme che però, all’estremo, ne tiene conto. Una raccolta di collaborazioni illustri – non le cito perché saprete già benissimo di che portata stiamo parlando – che non è autoreferenziale, né una dimostrazione muscolare di potere discografico.

Al contrario, il progetto suona e appare sorprendentemente intimo, privato e frutto di spontaneità. So I, brano scritto da Charli insieme al produttore A.G. Cook e che nel remix risulta come feauturing, è un omaggio all’amica compianta SOPHIE e diventa un diario degli appunti ancora più sofferto dell’originale. La versione di Caroline Polachek di Everything is Romantic si trasforma nello spazio dei pensieri della cantante americana sulla vita quotidiana a Londra, in contrapposizione con l’originale che raccontava un contesto vacanziero in Italia. Il remix di I Think About it all the Time è un vero e proprio seguito della canzone da cui deriva, che racconta come Aitchinson e il suo partner George Daniel affrontano il desiderio di maternità della cantante; il tutto con lo zampino musicale di Justin Vernon, che dona al brano un intimismo forse ancora maggiore dell’originale. Questi sono solo alcuni esempi utili a individuare il senso dietro a Brat and It’s Completely Different but Also Still Brat, selezionati in modo casuale poiché di pari rilevanza rispetto al resto.

Per concludere: questo remix album chiude un percorso, mette un punto fermo su un periodo che ha sconvolto e ridefinito non solo l’immagine di un’artista, ma anche e soprattutto il concetto di direzione artistica per un album musicale. L’eredità di Brat, nella modesta opinione di chi scrive, risiede proprio in questo aspetto, piuttosto che solo in una banale questione di suono. Anche perché, in fondo, che tutto ciò che è uscito in relazione a questo progetto sia musicalmente straordinario è abbastanza palese: oltre a questo, però, c’è molto di più.

Luca Parri

33 anni tra design, giochi, fumetti, cinema e musica con sempre le stesse prerogative: amore per l'underground, approccio geek, morale punk e gusti snob.

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