Inaspettata o tanto attesa, la reunion dei Club Dogo, con il nuovo album omonimo, è esattamente quello che ci aspettavamo
C’è un’immagine che riecheggia nella nostra testa quando si pensa alla reunion: quattro o più signori che si limitano a ripetere i loro accordi comfort e imitare le hit che li hanno portati al successo. Spesso ne esce fuori un prodotto ripetitivo e privo di creatività, dovuto a un rifiuto della sperimentazione musicale e a un’attenzione maggiore al guadagno. Il ritorno del Club Dogo assomiglia in un certo modo a questa dinamica, con la differenza che il nuovo album omonimo si definisce un prodotto comunque appetibile e dalle poche pretese.
Guè, Jake La Furia e Don Joe sono i Goodfellas, giovani e in formissima, che tornano con prepotenza per infastidire la morale e l’etica superflua del Bel Paese. Ogni traccia attinge a immagini scorsesiane, di hustlers inarrestabili e dalla fama intoccabile. Un immaginario fatto di rapper infallibili che svettano la FIMI, ma che pare ormai scontato e didascalico, soprattutto se siete abituati a seguire la scena rap da un po’ di tempo. Sembra si ripeta così un copione lasciato riposare più di vent’anni fa. Forse in questo la copertina dell’album ci aiuta a spiegare meglio: un panetto di cocaina in sottovuoto un po’ aperto ha conservato per tutto questo tempo il prodotto, che oggi ha il sapore di come l’avevamo lasciato. Il ritorno del Club Dogo ha l’odore della nostalgia per gli ascoltatori, ma anche una nota di rivendicazione del primato: «i primi veri con dei veri problemi con i cops», quasi a provocare la scena rap attuale, spesso finta e spettacolarizzata.
L’album si presenta come un progetto ben calibrato: Don Joe non osa sperimentazioni azzardate ma sa fare il suo gioco, creando comunque delle sonorità pulite e originali, difficili da trovare oggi giorno. Nulla però è innovativo, tutto è già sentito. C’era una volta in Italia si presenta come manifesto di un ritorno a «grande richiesta perché il rap oggi fa schifo». Molto significativo il visual che ritrae dei motociclisti con in mano le bandiere loggate. Così anche Mafia del Boom Bap, Malafede e King of the Jungle si identificano per le rime spocchiose ma controllate. I feat sono chiamati ma riusciti: Elodie con Soli a Milano e Sfera Ebbasta con Milly ripropongono i loro punti di forza senza strafare, mischiandosi bene con le barre. Nato per questo è forse il feat migliore, che vede un Marracash sempre talentuoso in dinamicità e naturalezza del flow.
Club Dogo è una coccola sonora per chi non si trova nella scena attuale e si rifugia in quella di un tempo, ma è anche un buon punto di partenza per chi i Club Dogo non li conosce e vuole approfondire. È una celebrazione al ritorno, sta a voi decidere se andare alla festa. Siamo tutti invitati.