Il “listening party”, ovvero l’ascolto collettivo dei nuovi brani in anteprima, è un rito che sempre più artisti stanno sperimentando. La band indie rock Bioma ha realizzato un’evoluzione di questa esperienza, con un percorso sensoriale che espande e arricchisce il significato delle canzoni dell’EP “Controtempo”, di prossima uscita. Siamo entrati nell’Antro, nuovo spazio culturale in San Salvario, allestito in maniera sorprendente
Il listening party è un’arte. Fino a pochi anni fa era una curiosità, una stramberia creativa, un atto vagamente situazionista. Oggi tutt’altro: la “festa di ascolto”, o “ascolto collettivo” — nessuna traduzione italiana è cool come l’inglese — si sta consolidando come un vero e proprio evento che rinforza il fatidico momento dell’uscita dell’album. Può essere un’idea promozionale o un regalo ai fan, un’iniziativa puramente artistica o un mix di tutte queste cose; in ogni caso si tratta di una freccia in più che l’artista ha a disposizione per mirare al cuore del pubblico.
Il primo listening party vero e proprio a cui ho partecipato è stato quello di Karma Clima dei Marlene Kuntz, due anni fa, all’Off Topic di Torino: il tastierista Davide Arneodo raccontava che si tratta di un uso abbastanza comune in Europa e così avevano deciso di farlo anche loro. È un evento in cui, incredibilmente, non succede nulla; forse è bello proprio per questo. Le persone si ritrovano per ascoltare le nuove canzoni dell’artista, rigorosamente in anteprima. Nessuno suona. Può esserci un momento di dialogo e di racconto dell’album che sta per uscire. La condizione stessa dell’anteprima è sufficiente a rendere l’ascolto l’attrazione principale, che crea un’atmosfera di religiosa attenzione.
L’evento preparato dai Bioma è un’evoluzione dell’esperienza. La band indie rock del Canavese, formata da Alberto Billi, Riccardo Carli, Davide Vuono e Mattia Pisano, ha presentato Controtempo – il suo primo EP –, in uscita il 7 giugno. Nel listening party abbiamo ascoltato in anteprima i 5 pezzi. L’evento è curato insieme a Federica Damiani che con i membri della band gestisce Ayn Studios, caravan attrezzato per la realizzazione di video e contenuti promozionali per i musicisti — su Polvere ne avevamo parlato in questa intervista a cura di Stefano Scuderi.
Ed è proprio Stefano che aspetto sulla soglia dell’Antro, in arrivo al termine di una di quelle giornate da esclamazioni bibliche. Abbiamo prenotato la presenza su Eventbrite, ma per fortuna gli orari sono molto fluidi. L’Antro si trova a Torino in Largo Saluzzo, San Salvario; l’associazione che lo gestisce ha lo scopo di proporre attività culturali — musica, letteratura, cinema, arte — e questo listening party è uno dei suoi primi appuntamenti. Si svolge nell’arco di due pomeriggi, ogni mezz’ora parte un gruppo di 15 persone. Passano diversi musicisti della scena torinese: incontro i Frenesi che stanno uscendo dal turno prima; di altri vedrò poco dopo le storie sui social. Il tempo di fare il tesseramento (5€) con il QR Code e siamo dentro. “Entro nell’Antro”, il calembour è servito su un piatto d’argento.
C’è una breve introduzione di Federica che descrive brevemente l’esperienza che stiamo per vivere. Credo che presto i listening party si chiameranno listening experience. La band è presente all’interno e fuori nella piazza, dove qualche ritardatario ogni tanto appare. Mettiamo sulle orecchie le cuffie wireless. Una volta imparato dove si trovano la rotellina del volume e il pulsante di accensione (indovinate chi è l’unico imbranato che si è dovuto far aiutare per trovarlo?), finalmente possiamo partire.
Quello in cui ci stiamo addentrando è un percorso sensoriale che espande e arricchisce il significato delle canzoni. Visioni, oggetti, luci, allestimenti, persino odori: tutti i sensi sono sollecitati. Lungo l’itinerario, possiamo trovare una stanza che ricrea un cielo elettrico di nuvole in tempesta, oppure un salotto arredato con la televisione accesa su un drammatico telegiornale; installazioni fatte con libri, mappamondi, apparecchi telefonici, specchi in frantumi, origami. Nel momento in cui il primo ritornello si apre con la parola “aria”, una folata di vento trapassa la stanza e gonfia le tende: menti diaboliche, era fatto apposta o era un caso? Facciamo dei video col cellulare, senza considerare che quando li rivedremo, per forza di cose, saranno muti.
Al centro c’è la musica: il contrasto tra la caduta e deumanizzazione del mondo e il tentativo di ascesa e consapevolezza della natura individuale scuotono l’anima delle cinque canzoni. Intrecci di ritmi e chitarre, aperture melodiche. A legare i pezzi è il passaggio tra una stanza e l’altra, frammenti “narrati” che creano una coerenza ininterrotta e mantengono la tensione distopica che si respira nel concept. Quando le ascolterò per la seconda volta, mi immaginerò di nuovo in quelle stanze lì?
L’uscita. Stacchiamo le cuffie, mi sembravano incollate, il mondo reale torna tale. Finisce l’esperienza. “Immersiva”, la parola giusta la dice Stefano. I Bioma faranno il release party il 9 giugno al Capodoglio e suoneranno al festival Apolide nel weekend tra il 21 e il 23, dove saranno presenti anche con il caravan di Ayn Studios. In città succedono cose nuove, ci sono creatività brillanti. Ci andiamo a sedere in piazza, ordiniamo due birre. Essere spettatori e narratori di ciò che accade è spesso una fortuna.