Allucinato e imprevedibile il nuovo album di Billie Eilish, che affiancata dal suo scudiero e fratello Finneas O’Connell esplora generi e temi della nostra quotidianità
Billie Eilish Pirate Baird O’Connell, ventiduenne losangelina, conquistatrice di Oscar e Grammy, spezzatrice di ogni record musicale è ora diventata una vostra amica stretta. Se seguite l’artista sui social avrete sicuramente notato il cerchio verde nelle sue storie Instagram di qualche tempo fa, a simboleggiare l’esclusività del contenuto. In realtà, non succede nulla. Una fitta campagna di marketing spudorata ma geniale, in linea con l’intuito e l’intelligenza di Billie che, insieme al fratello Finneas, ha composto il terzo album in studio – o meglio, in casa, poiché registrato tra le mura domestiche –Hit Me Hard and Soft, forse il miglior lavoro prodotto fino a oggi in termini di maturità artistica.
Sono sempre i bassi a farla da padrone e il saltellare da un genere all’altro, frutto di una consapevolezza musicale del duo fraterno. La voce di Billie è sempre piccola e gracchiante, quasi come se stesse chiamando da un telefono di casa. La novità è la presenza della cultura clubbing, che non solo persiste nello stile della nostra, ma sembra accompagnare il fondo di tutte le tracks dell’album.
Pensiamo a Chihiro, L’Amour De Ma Vie, Bittersuite che iniziano o finiscono spesso con la bossa nova o il jazz – un genere su cui Billie dovrebbe farci un pensierino vocalmente parlando – per poi sfociare nella soft house o synth house, ricordando un po’ l’ultimo The Weekend e confondendo completamente le nostre aspettative. Skinny, Lunch, The Diner sono poesie intrise di dubbi e paure: Skinny fa un riferimento puro al dimagrimento come perdita del vero io; Lunch all’esplorazione dei propri gusti sessuali, utilizzando la metafora del cibo; The Diner è la storiella di un’ossessione amorosa, quasi come quella di un fan verso la sua star preferita. Le potremmo definire i mancati singoli dell’album, poiché più tendenti al pop, ma comunque non facili al primo ascolto per via dei continui cambiamenti di tempo.
Birds Of a Feather, Wildflower e The Greatest sono ballad dal sapore delicato stile Taylor Swift ma con le chiavi sonore di Happier Than Ever, in cui il sussurrato si alterna al canto più aperto di Billie. Blue chiude l’album ed è letteralmente un riassunto di tutto quanto ascoltato finora, con un leggero rimando alla Lana Del Rey più pura, con cui l’autrice è apparsa sul palco all’ultimo Coachella Festival.
«Ma quando potrò ascoltarla l’altra?» conclude Billie alla fine dell’album, palese scontro agli ascoltatori affamati di hit. L’album infatti non è stato preceduto dall’uscita di singoli: Hit Me Hard and Soft è quella cosa che nella serialità televisiva viene chiamata bibbia, ovvero un world building più elaborato, arricchito di personaggi e significati. Togli una di queste cose dalla bibbia e quella cosa perderà senso. Billie Eilish critica prima sé stessa, vittima e carnefice di un sistema musicale corroso; poi critica noi, poiché senza la nostra volontà famelica di musica quell’industria non lavorerebbe. Oltre che uno schiaffo (hard) ai fans, è anche a mio avviso un gran gesto di premura (soft): l’ascolto tutto di un fiato crea atmosfere simili alla meditazione e alla guarigione. Tutto quello che fa Billie sembra fatto per noi, per il nostro benessere. Come un’amica – appunto, la strategia social – che vuole raccontarti la sua vera storia, e anche la tua. Un’illusione comunicativa che ci racconta non più di una Billie misteriosa e sfuggente, ma di una ragazza che viene dal nostro stesso mondo, sfaccettata e limpida allo stesso tempo, come noi. Hit Me Hard And Soft è la confessione di qualcuno che sta sprofondando, ma ha imparato a rialzarsi e accettarsi. Un racconto cinematografico del periodo blu della nostra vita, dove andare in fondo al mare porta paradossalmente alla rinascita.