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Singles: quando il grunge finì nelle mani del consumismo

Dopo più di 25 anni, Singles è ricordato per la sua colonna sonora, più che per la trama: un’operazione commerciale studiata a tavolino, che avrebbe dovuto lanciare band come Screaming Trees e Alice In Chains al resto del mondo


E’ il 1992. I Nirvana vengono intervistati da MTV in occasione dell’uscita di Nevermind. Quando gli viene chiesto se hanno sentito parlare del film Singles, pellicola diretta da Cameron Crowe sull’amore a Seattle, i tre sembrano seccati: il film avrebbe dovuto lanciare al mondo quella che viene comunemente definita la Seattle Sound, la scena musicale principalmente rock che si stava sviluppando sotto il nomignolo di grunge. I Nirvana si tengono costantemente al di fuori di questa etichetta, tanto da non accettare di contribuire al famoso album Soundtracks del film. Complice forse la scelta ai limiti dell’illegalità da parte della produzione del film di colmare il buco lasciato dai Nirvana con una cover band, che suonò il ritornello di Come As You Are all’interno della pellicola.

Dunque, che lo si voglia o meno, non c’è moda che sfugga al controllo del mercato. Dopo più di 25 anni, Singles è ricordato per la sua colonna sonora, più che per la trama: una classica romcom dai toni semplici che racconta le disavventure amorose di quattro giovani ventenni nella Seattle dei primi anni Novanta. Di qua e di là qualche comparsa delle giovani rockstar, tra cui quella di Chris Cornell, per nulla bravo a mascherare la sua inadeguatezza al contesto (e che avrebbe dovuto interpretare il protagonista Cliff Poncier, ruolo che poi fu affidato a Matt Dillon). Insomma, nient’altro che un’operazione commerciale, che avrebbe dovuto lanciare band come Screaming Trees e Alice In Chains al resto del mondo.

Il sogno americano scavalca i confini USA, travestendosi questa volta con camicia di flanella e Dr. Martens bucherellate. Singles però è tutto meno che grunge Ammetto però una cosa: l’immagine di Bridget Fonda e Matt Dillon seduti sulla panchina ad amoreggiare è stato lo sfondo del mio pc per parecchio tempo –. Era la brightside delle canzoni che ascoltavo in cuffia che mi dava l’illusione di “tornare” in quel preciso periodo storico. Per gli outsider rockettari dell’epoca era come veder vincere i Måneskin a Sanremo. Cameron Crowe incapsula una sottocultura per renderla nota alle masse, alleggerendola con il genere romantico: oggi quel film è pari a una coltellata, non solo al cinema tutto, ma a quello che il grunge era e avrebbe potuto rappresentare.

Gli anni Ottanta sono gli anni dei Motley Crue e dei Guns n’ Roses. Seattle è una città oscura, quasi dimenticata, bloccata dalle montagne a nord e dall’Oceano Pacifico a ovest. Bruce Pavitt è un noto intenditore di musica, specialmente della parte commerciale ed editoriale: quando tutti erano concentrati sul punk, Bruce stava già ascoltando i Devo. Pavitt scopre ben presto di avere un’innata vocazione per lo scouting: cosa si nascondeva nel sottobosco delle città americane, in quel momento invase dal pop di Madonna?

Bruce si trasferisce a Seattle, convivendo con Kim Thayil e Hiro Yamamoto (il primo chitarrista dei Soundgarden, il secondo ex componente degli stessi) e riesce a racimolare un lavoretto presso la Kaos FM, una radio di Seattle che gli permetterà poi di dar voce a una sua rubrica: Subterranean Pop. Presto la trasmissione di Pavitt diventa un magazine e dopo aver fatto la conoscenza di Jonathan Poneman diventerà una casa discografica, abbreviata in Sub Pop.

La genialità di Pavitt e Poneman non si fermava tuttavia all’aspetto musicale; la Sub Pop promuoveva un’estetica e dei concetti provenienti da diversi mondi: c’è il metal, l’hardcore, il rock, la moda skate e slacker. Pavitt ragiona sulla parte visiva del suono di Seattle, e non solo: l’intera Generazione X, i giovani degli anni Novanta, si identificheranno in quelle sottoculture e nelle motivazioni di alcuni gruppi musicali. I testi parlano di precariato, di egoismo crescente, di consumismo sfrenato e di vecchi paternalismi ormai scaduti. Ecco che i media si accorgono di questo profondo cambiamento, trasformando il malcontento dei giovani in moda: dal look alla fascinazione per le droghe, dall’arte ai fumetti. Versace e Dior ripropongono il loro lusso in camicie strappate e calze bucate. Singles calza a pennello per colmare la parte cinematografica di quella rappresentazione distorta del fenomeno.

Il debutto della casa discografica di Pavitt-Poneman è l’uscita della compilation Sub Pop 100, dove ci sono i Soundgarden e i Green River. Sub Pop arrivò prima della C/Z Records, sempre di Seattle, che rilasciò nei mesi successivi la compilation Deep Six: dentro c’erano Soundgarden, Green River, Melvins, Skin Yard, Malfunkshun e U-Men. Era la culla del grunge e ancora non lo sapevamo. Molte di queste band non esistono più, alcune muteranno in altre forme. Un esempio è Jeff Ament che passa dai Malfunkshun ai Green River e poi agli odierni Pearl Jam. Frutto di una fitta rete di conoscenze e di una città che costringeva al confronto con i pari, ma senza competizione. In quel momento Chris Cornell convive con Andrew Wood, cantante dei Malfunkshun e poi dei Mother Love Bone; Layne Staley e Jerry Cantrell vivevano insieme al Music Bank, alloggio per musicisti squattrinati, ancora prima di formare gli Alice in Chains. Ognuno faceva il suo per portare a casa il successo, ma sempre dividendo la metà con i propri amici stretti. E’ grazie a questi legami che nascono progetti come Temple of The Dog, supergruppo composto da Soundgarden e Pearl Jam. Stessa cosa per i Mad Season, capitanati da Layne Staley e Mark Lanegan.
I Nirvana furono volutamente i più esclusi da questa atmosfera, nonostante il supporto della Sub Pop e le conoscenze locali: quando la band cominciò ad acquisire successo, il grunge era già finito. Inoltre, non era mistero che Cobain spesso snobbasse o prendesse per i fondelli le band di Seattle (su questo vi consiglio la visione del documentario Montage of Heck).

Se c’è una cosa per cui si salva Singles è la rappresentazione di questo nucleo familiare di amici e conoscenze, ritagliate sul personaggio di Cliff, frontman degli Citizen Dick, una band per niente capace composta da Eddie Vedder e altri membri dei Pearl Jam. La pellicola non funziona al botteghino, ma l’album Soundtracks è tuttora un capolavoro del marketing. Se togliamo le scene musicali, il film continua a stare in piedi senza problemi. La Seattle Sound perciò funziona da contorno, come un nastro rosso che avvolge il regalo di natale: arricchisce, ma non è indispensabile. Se qualcuno dovesse chiedermi quale sia la definizione di grunge, io proporrei di guardare l’intervista ai Nirvana di cui parlavo prima: ribaltamento dei ruoli, semplicità, oscurità e una profonda sincerità con sé stessi, soprattutto con i propri demoni.

Marika Tassone

25 anni (non proprio) di libri, film e musica metal. Scrivo tante cose e lavoro per il cinema.

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