Creare spazio, normalizzare le nostre stonature. Gaia Morelli è pronta a rifiorire: un esordio intimo e rumoroso di cui sentiremo parlare
Diventare grandi, accettare le proprie debolezze, la felicità nascosta nella quotidianità. Questa è la moodboard che ci accoglie in La Natura delle Cose, il primo disco di Gaia Morelli, uscito venerdì 12 aprile per Dischi Sotterranei e Panico Dischi. Dalla provincia di Torino per poi arrivare in città, Gaia si era già fatta conoscere negli anni con Baobab!, band storica e poi progetto personale. Oggi, dopo tanto tempo, chiude quella porta per rinascere e mostrarsi, semplicemente, col suo nome.
L’album prende vita nell’estate 2023 nelle mura di una casa, per l’esattezza a Pinerolo, a pochi chilometri dal grigiore torinese. Un lavoro dai contenuti personali che trova il suo spazio in una collettività: questa è la magia che accade quando musicisti di grande livello, e ancor prima amici, si ritrovano a lavorare insieme. Se i testi e le musiche sono state scritte da Gaia, la produzione, i bassi e la registrazione sono dovute a Cali Low, le batterie a Claudio Lo Russo, mentre i sintetizzatori e il pianoforte sono opera di Tommaso Camarotto – che è anche il proprietario della casa in cui il tutto ha preso forma, nota non da poco – . È possibile che le orecchie più attente notino all’ascolto delle sonorità riconducibili ai Calibro 35, questo perché l’ultima traccia è stata impreziosita dal riconoscibile clarinetto di Enrico Gabrielli. Un’abile sinergia ci regala così dieci tracce a cavallo tra sintetizzatori nostalgici, chitarre distorte e atmosfere rarefatte per condurci in un luogo intimo in cui non possiamo fare altro che immergerci.
«È un sollievo stare senza performare», sentiamo in Fine, il brano iniziale, nonostante il titolo fuorviante. Già dalla prima canzone Gaia esprime la fatica della società della performance in cui viviamo, la FOMO dietro l’angolo sempre in agguato, voler fare, ma non fare mai abbastanza. Se in Acqua si conservano le imperfezioni di quando si è ragazzini e la voglia di andare oltre alla strada di casa, Siamo Stonati ci dice di accettare le nostre imprecisioni, di circondarci di belle persone e trovare la felicità nelle piccole cose: una perfetta colonna sonora per Perfect Days di Wim Wenders, per intenderci. Il tutto in un inciampare di chitarre acustiche, pianoforti e sintetizzatori surreali per un’atmosfera che aumenta sempre più d’intensità.
Il viaggio prosegue con Tutto Il Bene, brano con una carica emotiva impressionante: due minuti e mezzo in cui si passa dall’estrema tranquillità per giungere a picchi quasi shoegaze. Dopo un sognante intermezzo, chiaramente intitolato Pausa, entra Geografia: rifugiarsi nei pensieri per giungere in posti meravigliosi. Successivamente Rumore, singolo di lancio del disco dove le sonorità si intrecciano l’una con l’altra, abilmente a tempo con l’emotività dietro alle parole cantate da Gaia. Continuiamo con Lo Spazio e il suo synth minimale, percussioni cadenzate e la voce come una carezza. A seguire Ti Racconto, batterie più incalzanti per riaccendere la voglia di fuggire dalla monotonia del paese natale verso legami e posti nuovi.
E poi, in chiusura, Sento Gli Angeli: mettersi a nudo, normalizzare le fragilità; le chitarre sono così vivide che sembra di sentire le dita scorrere sulle corde, così come i tasti del pianoforte ci accarezzano attraverso le cuffie; a un certo punto, il tutto si intensifica, sempre di più, i suoni si intrecciano alla perfezione e poi, finalmente, una grandissima apertura con la voce di Gaia: l’immagine è quella del volo di un gabbiano in mare aperto; la sensazione è quella di un abbraccio; la consapevolezza è quella di accettarsi, di rinnegare l’idea tossica di poter essere sempre performanti.
Gaia Morelli, oltre a mostrare un importante controllo della vocalità e un timbro denso e viscerale, è capace di regalarci immagini vivide e suggestive attraverso i suoi testi. La Natura delle Cose è un esordio ben riuscito, introspettivo, autentico ed empatico; un invito a volersi un po’ più bene e ad accogliere le nostre stonature.