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Il terzo giorno del Todays è introspezione e intimità

English Teacher, Tangerine Dream e Arlo Parks trasformano il palco del Todays nella loro casa, portando il pubblico in un’altra dimensione. In apertura le italiane Birthh e Giøve


Dopo lo strabiliante concerto degli LCD Soundsystem, il Todays si prepara a ospitare un’altra band caposaldo della musica elettronica: i Tangerine Dream. A precederli sul palco i giovanissimi English Teacher, in una serata che vede come headliner l’altrettanto giovane astro nascente del pop Arlo Parks. Sulla carta si presenta come una line up eterogenea senza un punti di connessione, tanto quanto il pubblico – ahimè pochissimo rispetto alla serata precedente – super variegato, soprattutto anagraficamente. Mentre mi accingo a entrare, la mia preoccupazione principale è trovare una chiave di lettura per la serata e confesso di essermi chiesto con un po’ di titubanza se l’esito sarebbe stato positivo.

Dopo 10 minuti dall’apertura dei cancelli inizia a suonare Giøve, davanti a una ventina di persone attaccate alle transenne. La cantautrice torinese – gestita dalla Fondazione Reverse, la stessa che organizza il Todays – porta sul palco canzoni influenzate dall’indie-pop italiano moderno. Insieme a lei suona una band formata dal batterista Marco Tamietto e dal chitarrista Luca Vergano, con l’aiuto provvidenziale di alcune sequenze. La sua presenza scenica lascia trasparire l’inesperienza su grandi palchi. Comprensibile d’altronde, visto che ad oggi non vi è ancora alcun suo brano edito.

Giorgia Li Vecchi – questo il suo vero nome – ci canta quindi qualche anteprima della sua opera prima, per poi lasciare spazio a Birthh, nome d’arte di Alice Bisi, cantautrice e musicista italiana nata a Firenze che si presenta da sola, con chitarra, computer e drum pads. L’artista toscana riesce a offrire complessivamente uno spettacolo più convincente, complice di certo la maggiore esperienza, ma anche una serie di canzoni dove emerge una scrittura più matura e consapevole. Birthh interagisce in maniera molto intima e giocosa con il pubblico che sembra apprezzare, finché piano piano viene coinvolto, fino ad arrivare a cantare all’unisono la melodia di Somebody. Nonostante l’ottima gestione del concerto da parte sua, verso la fine si percepisce la fatica di un live forse un po’ troppo lungo, ma che è riuscito comunque a scaldare i presenti.

Dopo qualche minuto d’attesa è il turno degli English Teacher, band emergente proveniente da Leeds, Regno Unito. La formazione attuale include Lily Fontaine (voce, chitarra, synth), Douglas Frost (batteria, tastiere), Nicholas Eden (basso) e Lewis Whiting (chitarra, synth) – arricchita in live dalla presenza di Blossom Calderone (violoncello, tastiere). Gli English Teacher si inseriscono perfettamente nel panorama della nuova ondata di band inglesi che stanno ridefinendo il sound indie e alternative. La loro musica riflette quelle sonorità tipiche che sono emerse recentemente in UK: chitarre crude, ritmi serrati e testi riflessivi. Come molte delle loro controparti, combinano l’energia del post-punk con melodie orecchiabili e un’attitudine lirica che mescola ironia e introspezione.

I testi vengono recitati da Lily che passa da uno spoken alla Florence Shaw dei Dry Cleaning a interpretazioni canore degne di nota, con climax emozionali e struggenti.
L’affiatamento della band è super coinvolgente: nonostante la loro giovane età ci troviamo davanti a dei musicisti con una perfetta alchimia e completa libertà sui propri strumenti. Durante i pezzi più energici mi hanno ricordato l’intensità degli Squid, presenti al Todays del 2022. Infatti la band alterna momenti di pura carica con canzoni come R&B a situazioni intime e sospese, in cui Douglas abbandona i fusti per passare al piano, come in Mastermind Specialism. Grazie a ritmi sincopati, arpeggi intricati e tapping di basso elettrico si guadagnano applausi e urla da un pubblico ahimé non troppo gremito, ma presente e coinvolto.

Finalmente è il turno dei Tangerine Dream, band tedesca fondata nel 1967 da Edgar Froese a Berlino Ovest. Considerato uno dei gruppi pionieri del krautrock e della musica elettronica, la band ha avuto un’influenza enorme sullo sviluppo della musica ambient, new age e techno. Le luci si abbassano e il ledwall inizia a proiettare le immagini di un mare in tempesta, perfettamente coordinate con un sound ambientale che risuona nell’aria. Il pubblico si avvicina al palco, dove si intravedono synth pieni di led lampeggianti, poggiati su supporti coperti da lunghi teli bianchi. L’atmosfera è suggestiva e misteriosa e la folla osserva la scena per dieci minuti buoni, immersa nello scrosciare delle onde.

Il trio fa il suo ingresso sul palco: è l’ultima formazione di una band che ha cambiato più di venti membri nel corso degli anni — e non è un’esagerazione –. Hoshiko Yamane al violino, looper ed effetti; Paul Frick alle tastiere e synth; Thorsten Quaeschning ai synth, chitarre, drum machine e tastiere. Quest’ultimo, che è entrato a far parte del gruppo nel 2005, è stato scelto personalmente come band leader dal fondatore Edgar Froese prima della sua scomparsa nel 2015. Thorsten introduce brevemente il concerto con un microfono che, ironicamente, mette da parte subito dopo aver ricordato al pubblico che la band suona musica strumentale.

Una melodia di violino, suonata da Hoshiko, riempie il parco, mentre sul ledwall appaiono particelle che si espandono, mutano e si evolvono, come i suoni elettronici che avvolgono la composizione, culminando in una nota bassissima che fa tremare le transenne. Il pubblico sembra ipnotizzato, ed è in quel momento che comprendo la grandezza e l’impatto di un live di questo tipo.

Il gioco di luci e video è sbalorditivo. Thorsten ci guida attraverso le epoche, utilizzando una palette sonora che va ben oltre i confini dell’elettronica moderna. Intricati pattern melodici si intrecciano con arpeggiatori e drum machine sincopate. Durante il concerto, mi sono reso conto della qualità dell’acustica nella nuova location del Todays. Al Parco della Confluenza, infatti, ogni strumento si sente perfettamente, permettendo di seguire lo spettacolo da qualsiasi angolo: molti spettatori sono sdraiati o seduti sul prato, con gli occhi chiusi, altri in piedi, come in preda a un’allucinazione. L’impressione è quella di far parte di un grande viaggio collettivo, con i Tangerine Dream alla guida di una navicella spaziale: fragorosi bassi synth al posto del motore e dal finestrino una Basilica di Superga illuminata.

Non è difficile immaginarsi il motivo per il quale la musica di Arlo Parks – nome darte di Anaïs Oluwatoyin Estelle Marinho – venga definita bedroom pop. Partecipare al suo concerto è come entrare in uno spazio intimo e personale, dove ogni canzone sembra una riflessione privata di un daydream nella sua camera da letto. Tutto è a misura d’uomo, dagli strumenti – essenziali – suonati dal napoletano Daniele Diodato alla chitarra, Sam Harding al basso e synth e James Fernandez alla batteria; fino ai visual: video lo-fi che richiamano grane di apparecchiature analogiche, effetti DIY e scie di colore sgranate, astratte, come riflessi di luce neon nella camera da letto di una grande città.

Arlo Parks si muove sul palco con leggerezza, cantando i suoi brani con una delicatezza che cattura l’essenza della sua musica. Insieme alla combinazione di luci e suoni, ci si trova immersi in un’atmosfera che rispecchia perfettamente l’universo musicale della cantautrice britannica: un mondo in cui la vulnerabilità e la riflessione personale trovano una forma artistica fresca e moderna. Questa intenzione è racchiusa perfettamente nel suo ultimo album My Soft Machine, da cui estrapola la maggior parte dei pezzi in scaletta, alternati ovviamente dalle hit che l’hanno resa celebre, come Eugene e Cola.

Il concerto, forte della sua dimensione intima e personale, manca di potenza e spettacolarità se contestualizzato alla sua posizione in testa alla line-up. Ma sinceramente va bene così. Anzi, forse è la prova del fatto che non si deve sempre performare a tutti i costi.

Nel complesso, la serata ha accusato un’affluenza piuttosto contenuta, considerando la capienza massima della location. Proprio grazie a questo, però, i presenti hanno potuto godere di uno spettacolo intimo e introspettivo, che si è rivelato il fil rouge della terza serata del Todays: ricca di momenti di raccoglimento e di riflessione, dai quali non si può certo riemergere indifferenti.

 

foto di Giorgia Mirabile

Primo Polzifari

Vivo dentro la musica da sempre e cerco di descrivere al meglio ciò che mi emoziona.

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