Crocevia di popoli e culture, New York è da sempre il palcoscenico di sogni e rivoluzioni artistiche. Negli ultimi decenni, Brooklyn ha, per molti versi, superato Manhattan come epicentro della scena creativa, ma nel Greenwich Village risuona ancora l’eco di quel fascino bohémien immortalato così bene da Patti Smith nel suo Just Kids
Se Einstein avesse voluto paragonare la sua teoria della relatività a una città, New York sarebbe stata una scelta naturale. Metropoli in costante evoluzione, qui il tempo sembra curvarsi come la gravità: le sue strade racchiudono il caos del presente, echeggiano storie del passato e offrono una prospettiva sul futuro.
Bowery ne è un esempio perfetto. Al numero 315 troviamo l’ex CBGB & OMFUG, acronimo di Country Blue Grass Blues and Other Music For Uplifting Gourmandizers. Un tempo tempio della controcultura musicale, oggi è diventato un negozio di abbigliamento, ma le pareti, ancora scrostate e ricoperte di manifesti strappati, ricordano le sue origini da club leggendario della scena punk rock, dove hanno suonato mostri sacri come i Ramones, i Talking Heads e anche i Negazione.
Dopo aver respirato l’energia frenetica di Bowery, mi dirigo verso Elizabeth Street Garden, un’oasi verde nel cemento. Qui, silenziose statue di pietra neoclassica sembrano osservare il passare del tempo, mentre il giardino, fondato nel 1991 dall’artista Allan Reiver, continua a essere un simbolo di resistenza culturale. Nonostante i ripetuti tentativi di sviluppo urbano, il parco è difeso con forza dalla comunità locale, supportato da alcune figure di spicco come Jesse Smith, Robert De Niro e Martin Scorsese, in una battaglia legale che ne richiede la protezione come opera d’arte ai sensi del Visual Artists Rights Act.
A breve distanza, Washington Square Park mi accoglie con tutta la sua energia. Dove oggi si mescolano studenti universitari, busker, accattoni e giocatori di scacchi, nel 1917 un gruppo di sei artisti e attori proclamò simbolicamente la nascita della Libera e Indipendente Repubblica di Washington Square. I cosiddetti Cospiratori dell’Arco – tra cui Marcel Duchamp, Gertrude Drick e John Sloan – stesero coperte, appesero lanterne cinesi e legarono palloncini rossi al parapetto dell’arco, trascorrendo la notte tra conversazioni e colpi di pistola a capsula, come riportato dalle cronache dell’epoca.
Ai piedi del simbolico arco, incontro la mia guida del Greenwich Village. Ricky Russo, nato a Trieste, ha sempre vissuto immerso nella scena musicale indipendente italiana e slovena. Dal 2004 al 2019, insieme alla sorella Elisa, ha condotto il programma In Orbita su Radio e TV Capodistria, diventando una voce di riferimento per gli appassionati del genere. Nel 2013 si è trasferito a New York, dove lavora come ricercatore e guida turistica. Attraverso il suo progetto NY Groove Tours, offre escursioni a piedi sulle tracce delle grandi artiste e artisti che hanno popolato i principali quartieri della città. Da Washington Square, Ricky ci guida per il Village, mostrandoci esterni che hanno fatto da sfondo a film e serie tv, ma anche locali, teatri, bar e abitazioni che raccontano la storia di chi ha abitato questi spazi. Significativo concludere il giro davanti allo Stonewall Inn, il bar che segnò l’inizio dei moti per i diritti LGBTQIA+.
Prima di salutare Greenwich, tocca un’ultima tappa al Caffe Reggio, situato al 119 di MacDougal Street. Qui mi aspetta il proprietario Fabrizio Cavallacci, pronto a raccontarmi la storia di questo storico locale. Nel 1927, Domenico Parisi, originario di Reggio Calabria, si stabilì a New York per lavorare come barbiere. L’intuizione di servire il caffè espresso, allora sconosciuto ai clienti americani, ebbe un tale successo che convertì il suo salone in un piccolo Caffè, introducendo una macchina per espresso del 1902, una delle prime al mondo.
Grazie all’intervento dello scultore Rosario Morabito, il locale assunse un’identità artistica unica: oggi ospita opere originali attribuite alla scuola di Caravaggio e una panca in legno che si dice appartenuta alla famiglia Medici. Morabito scolpì anche un busto di Parisi, che ancora oggi osserva gli avventori del caffè da un trespolo a muro.
Nel corso degli anni, il Caffe Reggio è stato frequentato da una moltitudine di artisti, intellettuali e musicisti, tra cui Bob Dylan, Jimi Hendrix, David Bowie e Sophia Loren. Ma una delle immagini più celebri legate al locale è quella di Al Pacino, fotografato davanti al Caffè durante una pausa dalle riprese di Serpico. Chissà se l’attore sapeva che nel palazzo di fronte avevano vissuto Louisa May Alcott ed Elvis Presley.
Non solo volti famosi del panorama statunitense: un aneddoto vissuto dallo stesso Cavallacci lega il Caffè Reggio alla musica italiana. Una sera del 1986, si recò con un cameriere al Village Gate – ex night all’angolo tra Thompson and Bleecker Streets – per assistere al concerto in cui Lucio Dalla presentò al pubblico americano la sua Caruso.
Quella sera, anche da New York, ci si poteva affacciare su quella vecchia terrazza, «dove il mare luccica e tira forte il vento».