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Slim Shady è morto. Forse.

Con barre al vetriolo e spiragli intimisti, Eminem ricostruisce la storia di un omicidio, quello del suo alter-ego e anti-eroe Slim Shady, simbolo della parte più oscura del rapper non solo come artista ma anche come uomo


Una cantina spoglia e debolmente illuminata da una lampadina a bulbo che penzola dal soffitto. La videocamera si muove rapidamente inquadrando di spalle un uomo imbavagliato e legato a una sedia. Nella stanza si diffonde la luce chirurgica di un televisore e la voce gracchiante di un annunciatore che informa che il rapper di Detroit Eminem ha appena pubblicato un album in cui eliminerà se stesso (la stessa frase che troviamo in apertura dello skit Breaking News contenuto nell’album). La reference del trailer è una barra di The Real Slim Shady in cui la vittima chiusa in cantina non è l’alter-ego crudele del rapperSlim Shady – come in questo caso, ma Dr. Dre.

Non c’è che dire, Eminem sa come creare hype attorno a una situazione: la pubblicazione dell’ultimo album The Death of Slim Shady (Coup de Grâce) per Shady Records, Aftermath Entertainment e Interscope Records arriva venticinque anni dopo l’uscita di The Slim Shady LP ed è stata preceduta non solo dai singoli Houdini e Tobey, ma anche da una serie di materiali promo tra cui enigmatici trailer – vogliamo parlare del neonato diabolico al Pompsomp Hills Hospital? – un falso annuncio mortuario e un video pubblicato ad aprile. Nel video, un cronista di Detroit Murder Files presenta in stile true crime uno dei casi irrisolti di omicidio più intricati della storia americana, la morte dell’anti-eroe Slim Shady, invitando il pubblico a seguirlo nella ricostruzione degli eventi che hanno condotto alla sua morte. Su le mani chi ha pensato all’inviata Donatella Calembo che annuncia la morte di Fabri Fibra in un incidente stradale nell’intro del video di Mal di Stomaco (2006) – nel metaverso, Bonus Track cantata da Eminem potrebbe quasi suonare “io copio Fibra perché non c’ho più fantasia” –.

Partiamo con le raccomandazioni: è un concept album per cui, come ha ricordato lo stesso Eminem ai fan con un post su X, va ascoltato in ordine per avere senso, dal primo all’ultimo pezzo. Il cuore dell’album ruota attorno al grande duello Slim Shady vs. Marshall Mathers, duello che vede momenti di apertura come in Guilty Conscience 2 (in cui Slim Shady fa notare a Eminem che «Yeah, but you’re me/ And we’re a team/ So that means, we’re in cahoots»), prosecuzione ideale dello scambio con Dre iniziato nel 1999 in Guilty Conscience; ma anche momenti di guerra aperta, quando ad esempio Eminem trancia in due se stesso con una motosega nel video di Tobey.

Penso che ci si possa approcciare all’ascolto di questo album in due modi, con la testa o con il cuore, e gli esiti saranno completamente diversi. La testa ci parla di un Eminem incagliato in vecchi binari e in battute trite spesso anacronistiche da quasi-boomer LGBTQ+-phobic (eh sì, in Brand New Dance siamo ancora su Christopher Reeve) che risultano armi spuntate nel quadro di sonorità e beat con una patina vecchia scuola. La ritmica complessivamente non è incalzante e l’album è costruito su un mid-tempo che potrebbe impastoiare l’ascolto.

Poi però c’è il cuore e il cuore ci permette di leggere in questo album la tecnica perfetta di Eminem, le rime veloci, la selezione chirurgica degli omofoni (Renaissance), il dissing caustico (come in Fuel, prova di grande virtuosismo da MC che è al contempo omaggio verso 2Pac e Notorious B.I.G. e tirata contro P. Diddy) e un flow sferzante, marchio di fabbrica del rapper. È lo stesso artista a ironizzare su sé stesso in Guilty Conscience 2 («You’re still mentally/ Thirteen and still thirsty for some controversy») e in Lucifer («But Marshall (…) it’s like you came from 2000, stepped out a portal, cursin’»), pezzo di punta dell’album – ad avviso di chi scrive – in cui si campiona una fantastica base di bouzouki, non a caso prodotto da Dre come anche Road Rage. In Trouble Slim Shady affonda con le sue rime velenose, ma Eminem risponde mettendo a nudo la paura del suo alter-ego per la Gen Z e per una sensibilità – quella della Gen Z, appunto – con cui probabilmente il rapper stesso fatica a rapportarsi.

L’album, inoltre, è volutamente old school: la scelta del mid-tempo può essere infatti letta come un omaggio esplicito alla tradizione dell’hip hop old school che si assestava (con qualche variazione da East a West Coast) su 100-120 BPM. Sono numerosi, poi, i richiami alla sua stessa produzione (Renaissance rimanda alla trama ritmica di Rabbit Run e Houdini è costruito esplicitamente su Without Me), per cui l’artista si pone consapevolmente in continuità con il suo passato musicale.

La chiave di volta dell’album si trova, a mio parere, nel finale (da qui l’importanza di ascoltarlo in ordine): in Somebody Save Me, costruita su un sample di Jelly Roll, Marshall Mathers parla ai figli riprendendo la conversazione iniziata con Temporary – brano delicato impreziosito dalla voce di Skylar Grey e dedicato alla figlia Hailey – e al contempo è come se parlasse idealmente con se stesso allo specchio. Questi brani devono essere letti, infatti, nel quadro di un album in cui Eminem cerca di mettere a nudo il lato peggiore di sé come uomo e come artista. Come artista, ripercorre i cavalli di battaglia storicamente corrosivi di Slim Shady, ne ridicolizza gli anacronismi rimarcando, implicitamente, l’inadeguatezza dell’anti-eroe ai tempi. Come uomo, il rapper osserva la parte più crudele e oscura di sé – per semplificare, continuiamo a chiamarla Slim Shady – la stessa parte che ha fatto soffrire la sua famiglia. Mostrando un’acuta capacità di autoanalisi ed esponendo le sue vulnerabilità, l’artista chiede scusa alla famiglia e chiede di essere salvato da se stesso, dalle sue barre violente, dalle sue assenze, ma riconosce anche che sono stati proprio i suoi lati oscuri a volte a tenerlo in vita («They say my lifestyle/ Is bad for my health/ It’s the only thing that seems to help»). Non ci sarà mai pace con Slim Shady, che è morto trucidato ma forse non del tutto, perché Slim Shady è parte di Eminem e da lì l’artista riparte per costruire nel tempo una versione migliore di sé.

Testa o cuore? Da che parte sto, l’avrete capito.

Chiara Correndo

Film asiatici. CCCP. Negroni corretto con amaro lucano. Oasis o Blur? Blur. Made in Turin.

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