Universalmente riconosciuto come il padrino della bass music più sperimentale e politicizzata attraverso il suo nome d’arte Kode9 e l’etichetta Hyperdub, Steve Goodman è una figura centrale nell’intreccio tra militanza, archivio e produzione. Custode e promotore di intuizioni teoriche e pratiche d’azione, che attraversano il guerrilla hacking impegnato e la musica da rave.
Il rapporto tra teoria e pratica è da sempre conflittuale, come lo sono tutti i rapporti di interdipendenza. Spesso chi studia non agisce, e chi agisce non studia; le rivoluzioni teorizzate restano distanti anni luce dalla realtà proletaria a cui dovrebbero riferirsi e da cui dovrebbero trarre strategie di conflitto. Esistono però spazi in cui conflitto e distanza vengono prima riconosciuti e poi superati, cercando di riavvicinare i poli del materialismo storico marxista e dell’anarchismo nichilista di Bakunin. La cultura rave, nella sua forma britannica originaria e nelle TAZ di Hakim Bey, ha svolto questa funzione, specialmente tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90.
Alla Warwick University di Coventry, nei pressi di Birmingham, un gruppo di studentə di filosofia, lettere e informatica diede vita a una collettiva che studiava le intersezioni tra esoterismo e tecnologia, tra lotta di classe e apocalisse digitale. Il cyberpunk non era più un sottogenere letterario, ma una piattaforma di pratiche; i rave non erano solo spazi culturali o politici, ma la risultante concreta di entrambe le dimensioni. La Cybernetic Culture Research Unit (CCRU) operava ai margini dell’accademia e finì per distaccarsene del tutto. Si muoveva tra misticismo e tecnologia, accelerazionismo e letteratura del fantastico.
A loro si deve il concetto di “iperstizione”: una profezia che si realizza attraverso la cultura e poi incide sulla realtà materiale. Ma il lascito più potente della CCRU è indiretto e successivo. Tra i fondatori ci sono menti fondamentali per il pensiero anticapitalista contemporaneo, come Mark Fisher, Sadie Plant e la persona al centro di questo articolo: Steve Goodman, produttore, dj, musicista, filosofo e ricercatore, noto anche come Kode9. In lui teoria e pratica non sono separate: cultura, conflitto e sperimentazione diventano strumenti concreti di azione politica.

Definire soltanto “produzione” l’attività trentennale di Goodman risulta riduttivo rispetto alla portata politica e culturale del suo lavoro. Ogni operazione, performance, progetto o pubblicazione che porta una delle sue tre firme più conosciute – col suo nome di battesimo, come Kode9 o attraverso la sua etichetta discografica Hyperdub – appare come un tassello in un lavoro di ricerca sempre mutevole, costante e progressivo in cui l’obiettivo è consolidare una critica feroce al capitale attraverso le basse frequenze, usare i suoni a 60 hz come molotov contro il sistema, promuovere un’alternativa alla dittatura sonora del contemporaneo e interrogare gli spettri di quella hauntology derivata da Derrida e cara alla sua CCRU.
Proprio questa disgiunzione temporale e ontologica, in cui la presenza apparente dell’essere è sostituita da una non-origine rinviata, mostra come Goodman trasformi la teoria in pratica concreta. La Hyperdub ragiona sui suoni di jungle, uk garage e dubstep come spettri privi della loro carica sovversiva originale, scheletri rimangiati e ricomposti dal capitale. Le produzioni di Burial ne sono un esempio lampante: una Gran Bretagna lontanissima e vicinissima allo stesso tempo, perduta ma sempre percepibile, tra breakbeat e registrazioni di auto su strade deserte, pioggia battente e capannoni abbandonati, una geografia sonora del collasso e della resistenza. La carriera di Kode9 – come discografico e artista singolo – è punteggiata da momenti in cui musica e militanza si fondono. Ha costruito ponti tra suonare e manifestare, tra performance e ricerca politica, tra suono e azione. Non a caso il suo nome è spesso associato a festival e spazi che esplorano territori affini, come il C2C Festival, di cui è ambasciatore.
Recentemente, in occasione della presentazione torinese del progetto Escapology Live, Goodman ci ha raccontato su queste pagine come il digitale possa diventare terreno di conflitto e strumento politico. L’album omonimo, eseguito dal vivo tra performance e visual, dissolve i confini tra macchina e persona, evidenziando la musica come strumento militante. In Astro-Darien, universo distopico post-apocalittico creato da Kode9, il pubblico viene catapultato in una simulazione geopolitica: il Regno Unito è crollato, la fuga dalla Terra diventa necessaria, e la storia reale del Darien Scheme del XVII secolo si intreccia con Brexit, pandemia e disgregazione sociale. Durante lo spettacolo, lo spettatore passa da navicelle che sorvolano le Highlands scozzesi a droni che osservano cosmodromi in costruzione, immergendosi nella mente dell’IA del gioco o nell’esperienza fisica dei corpi in sala. Escapology Live non è un videogioco, né un film, né un set da club: è un saggio in movimento, un dispositivo politico che unisce musica, media e riflessione critica sul capitale e sulla tecnologia, trasformando il digitale in strumento di militanza e resistenza.
Anche il lavoro saggistico di Goodman è parte integrante della sua pratica politica. Guerra Sonora (Nero Edizioni) è un manifesto radicale, non solo per il contenuto ma anche per la forma. Chi legge viene subito immerso in un’esperienza disturbante e rumorosa, riflesso dell’uso bellico del suono e della saturazione che il capitale ha imposto sulle nostre abitudini percettive. Ogni pagina è un invito a percepire la violenza sonora come strumento di controllo e, al tempo stesso, come possibilità di resistenza. Goodman esplora la “politica della frequenza”, dimostrando come il suono possa manipolare emozioni, comportamenti e percezioni collettive, dalle armi acustiche impiegate nei conflitti ai meccanismi della pubblicità e della politica contemporanea. La consapevolezza di questi meccanismi diventa strumento di liberazione: comprendere il potere del suono significa ribaltarlo e usarlo come arma di critica e trasformazione sociale. Un invito all’azione militante oltre la teoria.
Steve Goodman è, in definitiva, un nodo strategico tra intellettualismo, militanza e produzione culturale. La sua opera attraversa musica, performance, media digitali e saggistica, costruendo una pratica politica in cui teoria e azione non sono mai separate. Trasforma ogni frequenza, ogni performance, ogni progetto in un atto di resistenza contro il capitale, mostrando che la cultura non è neutra: è terreno di conflitto, laboratorio di emancipazione e piattaforma per immaginare e costruire futuri alternativi. Ogni passo della sua carriera, dalla Hyperdub a Escapology Live, fino a Guerra Sonora, dimostra che la musica e il pensiero possono essere armi, strumenti di critica e di resistenza, mezzi per educare, mobilitare e trasformare la società. La sua opera è una dichiarazione politica in forma sonora e visiva, un manifesto di azione militante che dimostra come la cultura possa essere non solo letta o ascoltata, ma vissuta come pratica di conflitto e strumento di liberazione.

