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Viagra Boys e TARM al Flowers Festival: cazzeggio e paranoia

In un improbabile asse che collega Pordenone a Stoccolma – con Collegno a fare da ponte – Tre Allegri Ragazzi Morti e Viagra Boys hanno trasportato il Flowers Festival in una sessione di training autogeno collettivo, tra decostruzione di massa (maschia) e pungente ironia amarognola


Connettere generazioni differenti attraverso la musica dal vivo è sempre una sfida complessa: lo è già quando si parla del pubblico e lo diventa ancora di più quando le distanze anagrafiche si allargano anche tra chi sta sul palco. A volte gli accostamenti sembrano forzati e la direzione artistica un po’ improvvisata. Ma se fosse solo un’impressione iniziale? Se, invece, approfondendo il discorso e cercando di capire cosa ha portato a certe scelte, si scoprisse che dietro all’accostamento di certi nomi c’è una motivazione solida e coerente?
Ieri sera, al Flowers Festival di Collegno, è successa proprio questa cosa. Una rivelazione che si è svelata poco a poco, nota dopo nota, mentre i tre nomi in cartellone si alternavano sul palco. Quello che all’inizio poteva sembrare un incastro dettato da semplici coincidenze di routing si è rivelato invece un discorso ben pensato, e poco importa se il risultato sia stato frutto di una scelta consapevole o di una fortunata casualità.

Mettere insieme Tre Allegri Ragazzi Morti e Viagra Boys – affidando l’apertura al duo brianzolo Circus Punk – può apparire una scelta bizzarra: il tentativo di far dialogare mondi piuttosto distanti che, pur condividendo la stella del punk rock, non sembrano avere molte visioni in comune. Ma si sa, l’attitudine punk è fatta anche di improbabilità e imprevisti, del trovare senso nell’inaspettato, di serendipie che ribaltano le prospettive. Nel caso specifico, si è trattato di ragionare sulla decostruzione del genere, sessuale e musicale, in un’ottica straordinariamente contemporanea. Punti di partenza all’apparenza lontani, ma che nel concreto finiscono per incontrarsi. Partendo dal principio, con i già citati Circus Punk, il loro ibrido scheletrico e minimale tra blues e punk – chitarra, voce e batteria, niente di più – ha gettato le basi per il resto della serata: la morale è collettiva e passa anche, e soprattutto, dalla messa in discussione dei ruoli maschili e femminili nel suono, sovvertiti e ridiscussi senza troppi fronzoli ma andando dritti al punto.

Il filo conduttore della serata è diventato ancora più chiaro quando è stato il turno della band di Davide Toffolo, che si è raccontata attraverso la propria musica a un pubblico affezionatissimo, punteggiato nel pit di maschere funeree e magliette con ossa in bella vista, nel più puro stile del gruppo. Quello dei Tre Allegri Ragazzi Morti è stato un concerto carico di tutti quegli elementi che hanno reso il trio di Pordenone una colonna portante della musica indipendente italiana in oltre trentacinque anni di carriera: testi che, con colori naïf, disegnano scenari in cui il maschile del punk rock viene ribaltato da fragilità ed emozioni. Canzoni che, anche quando risultano un po’ didascaliche, riescono a far arrivare il loro messaggio in modo diretto ed efficace. Se volessimo fare un appunto, forse si potrebbe dire che c’è stata una certa leziosità nel tirare per le lunghe il set con alcuni stratagemmi che il gruppo utilizza da sempre e che iniziano a mostrare qualche segno del tempo. Ma anche per questo gli si continua a volere bene.

A chiudere quella che è sembrata, forse per davvero, l’unica serata che meritava il sottotitolo di festival in quella che è, a conti fatti, una – seppur ottima e ben costruita – rassegna di concerti, è arrivato il secondo dei nomi proposti come co-headliner. I Viagra Boys sono saliti sul palco delle Lavanderie a Vapore dopo una serrata selezione di UK garage e dubstep che, lungi dall’essere fuori luogo, ha contribuito a creare un’atmosfera elettrica, sempre sul punto di esplodere. Ed è proprio quello che è successo: l’ensemble svedese ha fatto detonare il pubblico con la sua pungente ironia, che prende di mira le convinzioni patriarcali e reazionarie radicate in ogni maschio occidentale e bianco. Discutere delle proprie paranoie contemporanee con una sana dose di cazzeggio, ma senza dimenticare responsabilità e obiettivi: è così che le caustiche frasi scritte e pronunciate da un Sebastian Murphy particolarmente in forma – nonostante qualche defezione e dimenticanza, abilmente compensate da una presenza scenica ipnotica e magnetica – si sono abbattute sul pubblico.
A sorreggere questa presa di posizione, una matrice sonora solidissima, puntellata di sprazzi jazz e precisione meticolosa: la band non ha sbagliato una nota, arrivando sempre sul tempo, capace di comunicare al pubblico di essere sì dei meravigliosi imbecilli, ma anche di padroneggiare alla perfezione la musica che suonano, in modo impeccabile e coerente.

Per concludere: quella del 5 luglio è stata una data da segnare nell’archivio del Flowers Festival per la capacità della direzione artistica di guidare pubblico e musicisti dentro un percorso di senso, costruito passo dopo passo in uno sforzo collettivo. Mettere in discussione generi musicali e sessuali attraverso visioni comuni, anche quando nascono da contesti e vissuti apparentemente lontanissimi.

foto di Martina Caratozzolo

Luca Parri

33 anni tra design, giochi, fumetti, cinema e musica con sempre le stesse prerogative: amore per l'underground, approccio geek, morale punk e gusti snob.

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