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Un punk a mano armata: l’incredibile storia di Gilles Bertin

svg27 February 2025CocciStorieBrando Ratti

Tolosa, 27 Aprile 1988. Una dozzina di persone entra all’interno della Brink’s company, una banca privata americana, per compiere una rapina da 11,571,316 franchi senza sparare un singolo colpo. Nonostante le forze dispiegate, la polizia francese impiegherà più di due anni ad arrestare tutti i responsabili di questo incredibile colpaccio. Tutti, tranne uno


La storia di Gilles Bertin è una storia veramente punk, fatta di violenza, bassifondi, droga e HIV. Ma è anche la storia di un riscatto sociale ed è la dimostrazione che, qualche volta, anche gli “ultimi” possono vincere. Nato a Parigi il 25 marzo del 1961, lo stesso giorno in cui lo Sputnik 5 viene lanciato in orbita dai sovietici, il giovane Gilles si trasferisce con i genitori a Bourdeaux.

La sua vita scorre come la classica vita di un giovane ragazzo figlio di impiegati statali: una modesta formazione scolastica e tutti i comfort che la società francese elargisce ai suoi figli. A patto che siano bianchi e occidentali. Gli anni dell’adolescenza sono però anche gli stessi che vedono esplodere il movimento punk in tutta la sua dirompenza: improvvisamente, sono proprio quelle giovani generazioni condannate a un matrimonio precoce, a un lavoro indeterminato – se va bene –  o alle interminabili code davanti ai Centri per l’impiego – se va male –,  che si rifiutano di seguire la strada solcata dai propri genitori riversando nelle strade una ribellione molto spesso velleitaria ma sicuramente genuina. Sono gli anni degli squat, delle notti brave, della musica suonata male e veloce e, purtroppo, anche delle siringhe.

È proprio per abbracciare questa vita ai 100 km all’ora in cui tutto quello che conta è vivere l’attimo che, appena compiuta la maggiore età, Gilles lascia casa dei genitori per trasferirsi in uno squat ed entrare nella scena punk locale. A proprio agio all’interno di questa nuova e pazza vita, il giovane parigino fonda uno dei gruppi più incredibili della scena punk francese: i Camera Silens.

Nonostante la provenienza geografica possa trarre in inganno, il nome non si pronuncia con accento francese (silàn, per intenderci), ma alla latina silens. Queste camere, infatti, erano le celle in cui venivano interrogati dalla polizia i militanti della RAF tedesca o dell’ETA basca: camere “insonorizzate” e silenziose, finalizzate a non far uscire i rumori prodotti dai terribili interrogatori effettuati dagli agenti dell’antiterrorismo.

La scelta del nome testimonia una fascinazione per i gruppi armati della sinistra radicale in cui molti giovani punk vedevano l’unica soluzione per contrastare una società sempre più capitalista e sempre più repressiva. Il punk sporco, violento e, per certi versi, selvaggio dei Camera Silens dominerà la scena underground francese dei primi anni ’80: il gruppo vincerà il premio Rockotone nel 1982 insieme a un gruppo che diventerà molto famoso (non solo positivamente) negli anni successivi: i Noirs Dèsirs.

Le avventure di Gilles avrebbero potuto anche terminare qui: qualche tournée, un posto di rilievo all’interno della scena e magari pure un lavoro piacevole. Ma no, essere stato il cantante e il bassista di un importantissimo gruppo punk non è la cosa più incredibile fatta da Gilles Bertin. Diventato tossicodipendente e sieropositivo, la voce di Pur la Glorie lascia il gruppo nel 1986 per dedicarsi a piccoli furtarelli e crimini comuni: la dannata esistenza di tanti che, come lui, caddero nel vortice dell’eroina in quegli anni.

È nel 1988 che però avviene l’impresa: insieme a una dozzina di punk, tossici, ex militanti di sinistra e persino ex membri dell’ETA, Gilles partecipa a una storica rapina alla Brink’s Company, una banca privata statunitense da cui vengono trafugati quasi 12 milioni di franchi, senza sparare un singolo colpo e senza nemmeno maltrattare troppo i due impiegati presi in ostaggio e lasciati, successivamente, legati all’interno di un fienile.

Nel giro di due anni, la repressione si abbatte su questa banda di Robin Hood dei bassifondi, arrestandone i membri uno dopo l’altro. Eccetto uno: il nostro Gilles che, braccato dalla polizia, si rifugia in Portogallo dove apre un negozio di dischi insieme alla sua compagna. Nel 1992, il tribunale francese, vista l’irreperibilità, lo dichiara morto. Le alte toghe, però, non sanno che a qualche centinaio di chilometri dai loro grigi tribunali, un signore di nome Didier Ballet (una delle tante false identità di Gilles) si sta godendo il sole della costa atlantica.

Oltra al sole, però, il nostro eroe conosce anche la terribile sindrome dell’AIDS, malattia che, tra una terapia e l’altra, lo porterà a uscire dalla clandestinità e a consegnarsi all’autorità francese nel 2016. Due anni dopo, la Corte d’Assise dell’Alta Garonna lo condannerà a 5 anni di carcere con pena sospesa per la rapina avvenuta, ormai, trent’anni prima. Gilles muore un anno dopo, da uomo libero e dopo aver scritto un bellissimo libro dal titolo Trent’anni in fuga: la mia vita da punk, in cui racconta la sua pazza vita.

La storia di Gilles Bertin potrebbe insegnare tantissime cose. E non unicamente cose positive. La cosa sicura, però, è che in una società sempre più chiusa, limitante e governata dal denaro, fa sempre piacere ascoltare le storie di questi pirati contemporanei, sicuramente imperfetti e contraddittori ma molto più genuini, veri e vicini di tanti altri. E, sicuramente, tutti e tutte abbiamo tirato un sospiro di sollievo quando, per la prima volta, abbiamo appreso di questo cantante punk riuscito a scampare alla polizia dopo aver compiuto la rapina perfetta.

 

Brando Ratti

Classe 1990, nasco e cresco a Massa, patria della Farmoplant ma anche dei genitori di Piero Pelù. Dottorando, ho un certo feticismo per le sottoculture, la musica underground, i filosofi presi male, i videogiochi presi bene, i film brutti e i libri belli. Nonostante il cognome, ho paura dei topi.

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