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Riscoprire i classici degli Afterhours è un’emozione

In occasione del tour celebrativo dell’album Ballate per Piccole Iene, gli Afterhours tornano nella formazione storica che, ad eccezione di qualche cambio, ha accompagnato Manuel Agnelli per circa due decenni. Questo ritorno non può che aggiungere stupore a un live dove tutto sembra proprio come il 2005, compresa l’energia, l’affiatamento e ovviamente il repertorio. Il pubblico del Flowers Festival di Collegno risponde con affetto, ritrovandosi per ascoltare un artista che non hanno mai abbandonato e celebrare musicisti che hanno inciso pezzi generazionali. E se domani gli Afterhours fossero di nuovo loro? Ad aprire la serata, l’intensità di Emma Nolde


Tutti sappiamo che gli Afterhours sono oggi una creazione di Manuel Agnelli che sceglie da sé i musicisti con cui suonare, non senza una certa imprevedibilità. Ma c’era un tempo in cui si poteva avere una sensazione di band in senso più letterale, di collettivo artistico con cui si condivideva un progetto di collaborazione creativa a tempo indeterminato e futuro indefinito. Questo periodo è durato dagli anni ’90 fino agli anni zero. 

Il 2005 – anno in cui usciva l’album Ballate per piccole iene  è stato un periodo di confine nella scena alternativa italiana. Il Tora! Tora!, festival ideato dallo stesso Manuel Agnelli con l’ambizione di creare l’evento indipendente di riferimento, arrivava al suo capolinea. L’etichetta indipendente che animava lo scenario era la Mescal, la cui espansione iniziava ad avere un cedimento con la separazione dei Subsonica. Qui a Torino ci scoprivamo grandi: entravamo nella golden age del Traffic Festival. Si conosceva nuova musica scaricando e masterizzando CD, ma anche attraverso MTV che era ancora l’unico ponte tra rock e televisione, due mondi allora inconciliabili e impermeabili – sembra così strano pensarci oggi, epoca in cui proprio Agnelli si è rivelato l’ariete che ha sfondato certi confini –. 

L’album in questione, che vent’anni dopo la band riporta sul palco con un tour celebrativo, è stato l’ultimo del periodo classico della band milanese. Prodotto da Greg Dulli, il disco aveva l’ambizione di permettere agli Afterhours un salto internazionale. Sarebbe uscita, successivamente, una versione dell’album cantata in inglese. A partecipare alla composizione e alle registrazioni, Giorgio Prette (batteria), Andrea Viti (basso), Dario Ciffo (violino elettrico e altri strumenti). Tra i fan un po’ tutti rimpiangevano l’addio provvisorio del chitarrista Xabier Iriondo, simbolo del periodo che potremmo chiamare puro. Ma c’era anche chi scopriva la band per la prima volta e si faceva infettare senza precauzioni da inni generazionali.

Saltiamo nel futuro a oggi, 2025: guardando il numeroso pubblico che è venuto al Flowers Festival, e anche nelle date precedenti come quella di Bologna, il fan più oltranzista potrebbe rimbrottare «dove eravate tutti, all’epoca?» ma la realtà è che già vent’anni fa il pubblico della band era nutrito e consolidato e, per esempio, all’Hiroshima Mon Amour facevano doppia data con sala piena. Oggi si rinnova il rito così come veniva officiato vent’anni prima, con i musicisti dell’epoca. Manca solo Giorgio Ciccarelli che era fisso nella live crew come polistrumentista; al suo posto c’è Giacomo Rossetti. Tanti dettagli ricorrono squisitamente nella scenografia, come il logo AHS stilizzato. La palette tra il marrone e beige che contraddistingueva gli artwork originali si evolve in pieno colore nero. La novità sul palco fa un certo effetto: 5 ledwall con proiezioni video e immagini a tema. Tra queste, le fotografie scattate all’epoca da Guido Harari, in cui ogni membro della band è ritratto insieme alla sua compagna. Chissà se qualcuna è ancora tale? Ma la curiosità viene polverizzata dalla musica.  

La prima parte del concerto ripercorre fedelmente le canzoni di Ballate per piccole iene dalla prima all’ultima. Un album di un rock squadrato e diretto, meno incline alle sperimentazioni rispetto ai precedenti, che contiene Ballata per la mia piccola iena – una delle più popolari tra le canzoni scritte da Manuel Agnelli, persino quelli che l’hanno visto in tv e basta la conoscono–. Un disco accolto abbastanza bene all’epoca anche se non amato alla follia dalla critica; oggi si può constatare che molte canzoni sono invecchiate bene, come Il sangue di Giuda, La sottile linea bianca e La vedova bianca

La seconda parte del concerto è con il repertorio che faceva parte del periodo appunto classico, ovvero gli album Germi, Hai paura del buio, Non è per sempre, Quello che non c’è. E poi un paio di eccezioni: Padania e la cover di Fabrizio De André La canzone di Marinella. La personalità di Agnelli trasmette un ego importante e a tratti disturbante, termine che usava spesso a X-Factor e che è diventato refrain comune del programma. È molto efficace quando, in una pausa verso la fine, invita a farsi sentire per il cessate il fuoco a Gaza, cercando di non cedere alle trappole retoriche in cui facilmente si cade. 

Ma la trappola in cui siamo caduti tutti, nessuno escluso, è il fascino delle canzoni, la nostalgia di anni autentici e veloci, la lamata di testi come «sarai sempre sola ora che mi hai», «l’amore rende soli ma è ben più doloroso se per nemici e amici non sei più pericoloso», «sai quando tornerai io sarò già via, senza un’idea…». I tour celebrativi sono una mossa così scaltra, paracula, sfrontata, ma come resistere? Vedere tutto ciò con la band originale dell’epoca aggiunge una nota di emozione e non puoi non pensare che gli Afterhours classici fossero proprio i musicisti che hanno realizzato questo album – considerando comunque l’assenza di Iriondo perché non aveva partecipato – e non puoi non fantasticare che questa formazione possa ritornare fissa anche nel futuro. 

I ringraziamenti finali sono per i Mass Demonstration e gli Xylema, che hanno aperto la serata, selezionati nel progetto Carne Fresca che lo stesso Agnelli ha lanciato a partire dal suo locale Germi a Milano. Nessuna menzione per Emma Nolde (chissà perché) che si è esibita prima degli headliner con un set brillante che afferma una giovane artista in rapida crescita. Dopo due ore abbondanti il concerto si conclude, anche se qualcuno ne vuole ancora. Quando assisti a tutto il concerto in mezzo alla gente e canti e urli e ti lasci trasportare dalla bolgia, non ti accorgi veramente di quante persone ci siano, ma quando al momento di uscire vedi il deflusso lento e intasato, allora ti rendi conto che le piccole iene erano un branco enorme.

Paolo Albera

Scrivo di musica per chi non legge di musica.

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