Loading

Pop X e Dov’è Liana: ballare, tutta la notte

L’ultimo sabato del Flowers Festival ha trasformato il Parco della Certosa di Collegno in una discoteca a cielo aperto: dal jazz contemporaneo e sognante dei Delicatoni alla dance romantica dei Dov’è Liana, fino al delirio elettronico e liberatorio dei Pop X. Una notte per amarsi, ballare e pogare, fino a consumare la suola delle scarpe. Una notte che sembrava non voler finire mai


Le nuvole grigie su Torino non promettono nulla di buono, ci tocca indossare il k-way e prepararci all’imminente temporale. La pioggia, puntuale, comincia a cadere, ma l’entusiasmo resta alto. E in fondo è solo questione di attesa: dopo poco più di un’ora di pioggia leggera, il cielo si apre e l’aria torna quella frizzante di una sera d’estate.

Ad aprire la serata ci pensano i Delicatoni, progetto vicentino tra i più interessanti della nuova scena indipendente italiana. Sul palco presentano diversi brani tratti dal loro ultimo album, Delicatronic, un lavoro che fonde morbide ballate jazz, incursioni synth-pop e un’elettronica calda e pulsante. La band si muove con naturalezza, si diverte, si emoziona, trasmettendo un’energia leggera e contagiosa. Si respira un’atmosfera giocosa, quasi intima, che conquista subito il pubblico. Il fil rouge che lega ogni pezzo è l’amore: per gli amici, per la musica, per i luoghi – reali o immaginari – che ci fanno sentire a casa. Un inizio serata perfetto per impostare il tono emotivo della nottata: voglia di condividere, di volersi bene, di lasciar andare le preoccupazioni e vivere, almeno per un po’, pienamente nel presente.

La sera inizia a calare, il palco cambia pelle per accogliere la prossima band: Dov’è Liana. L’attesa è palpabile, basta guardarsi intorno: un buon quarto del pubblico indossa bandana e occhiali da sole, ormai divisa ufficiale del trio parigino e del suo fedele fandom. Le luci si accendono, una voce recita un estratto dal romanzo L’arte della gioia di Goliarda Sapienza. Chi era in coda per una birra fa dietrofront di corsa e si fionda sotto palco.

Il concerto diventa subito un rito collettivo, viscerale e luminoso. Sul palco non ci sono solo tre musicisti, ma tre amici che invitano tutti a una grande festa dell’amore, della libertà e del piacere di stare insieme. «Siete bellissimi», «Vogliamo che la nostra generazione sia quella che balla di più, che fa più l’amore», dicono, e il pubblico risponde: canta, si abbraccia, si muove. Suonano brani manifesto come Peace, Love & Baci, Perché piangi Palermo, Tutte le donne, mentre il dancefloor si apre a uno spazio accogliente, disinibito e sereno, dove chiunque può sentirsi parte di qualcosa.

La loro è una gioia contagiosa e sincera, radicata in un’estetica naïf ma curata, in un suono ruvido e analogico che mescola Palermo e french-touch, italiano e francese, synth e voci sbavate. Un’energia nata per gioco, diventata indispensabile. I Dov’è Liana non offrono solo musica: creano una comunità, un momento unico in cui corpi e cuori si sintonizzano.

Dopo una doverosa tappa acqua, è giunto il momento di allacciarsi il marsupio, fare doppio nodo alle scarpe e mettere via il telefono: i Pop X stanno per arrivare, l’aria di pogo è alta, bisogna essere preparati. L’iconico Davide Panizza sale sul palco con una mantella antipioggia (anche se lo stage è al coperto), un cappello alla Che Guevara e occhiali laser. Niccolò di Gregorio, ai bonghi e alla batteria elettronica, indossa un cappello sotto un velo che ricorda una ghutra araba. Luca Babic, alla chitarra midi, è a petto nudo con un cappello di paglia. Walter Biondani, alla chitarra acustica, è scalzo e con gli occhiali da sole. Infine, un quinto membro dall’identità sconosciuta balla con una maschera da lupo. Niente ha senso, ed è bellissimo.

Il live del collettivo trentino parte con alcune tracce dell’ultimo disco, Balla coi lupi nella stalla. Il pubblico saltella da destra a sinistra: la festa è ricominciata. A rendere il tutto ancora più trash – nel senso migliore del termine – ci pensano le grafiche proiettate alle spalle della band. Appaiono i testi delle canzoni, come in un karaoke psichedelico, e immagini generate con l’AI che farebbero rabbrividire qualunque graphic designer. Ma è proprio questo il bello: se l’italian brainrot fosse un concerto, sarebbe esattamente così.

Lo spettacolo continua ripercorrendo alcuni dei brani più iconici della band fondata vent’anni fa, che quest’anno celebra i dieci anni dall’album d’esordio Best Of: da Drogata Schifosa a Cattolica, da D’Annunzio a Motoretta. A un certo punto, come in ogni concerto dei Pop X, gente a caso inizia a salire sul palco. Si crea così una festa nella festa, una sorta di spettacolo teatrale no-sense. Chi è sopra al palco balla, si rotola per terra, fa il trenino; chi è sotto continua a pogare come se non ci fosse un domani.

Dopo un momento introspettivo (o meglio, svarionante) con Paiazo, il live si chiude – come da tradizione – con Io centro con i missili. L’ultima scarica di energia spinge la folla a saltare fino a pestarsi i piedi a vicenda, urlando a squarciagola ogni parola. Ed è proprio lì, tra sudore, schiamazzi e beat, che capisci che un concerto dei Pop X non si guarda: si vive.

Le luci si accendono, il concerto è finito. E anche quest’anno il Flowers Festival rimane una certezza.
foto di Luca Morlino

Veronica Vair

Con le cuffie ingarbugliate nelle tasche.

Loading
svg
Navigazione Rapida
  • 01

    Pop X e Dov’è Liana: ballare, tutta la notte