Disco Uno, primo album del collettivo torinese Pietra Tonale, non è un esordio come gli altri. Arriva in modo non convenzionale: dopo anni di esperienze condivise, concerti, residenze, studi collettivi, prende forma dopo un lungo lavoro di ricerca e convivenza. Il disco non è l’inizio di un progetto, ma piuttosto il consolidamento di una traiettoria nata quasi dieci anni fa, nel 2016, quando un gruppo informale di musicisti e musiciste inizia a suonare insieme con l’idea di esplorare suoni nuovi, relazioni orizzontali, forme libere
Negli anni successivi, alcuni membri del collettivo decidono di trovare un luogo dove vivere e suonare insieme. Succede in Barriera di Milano, quartiere torinese periferico e composito, segnato da una fitta rete di realtà culturali e artistiche che ne alimentano la vitalità. Lì prendono insieme una palazzina con tre appartamenti e un locale commerciale. Qualche anno più tardi, Pietra Tonale si costituisce come associazione per partecipare a bandi pubblici. Il locale viene restaurato e diventa prima sala prove, poi spazio per eventi, concerti, mostre. Nasce così Casa Tonale: una casa, uno studio, una sala concerti che in pochi anni diventa punto di riferimento per la scena torinese e internazionale, ospitando eventi e musicisti da tutta Europa. Uno spazio che ha scelto di restare, di radicarsi in un territorio complesso, anziché migrare altrove. Casa Tonale ha chiuso nell’estate 2024, a seguito di uno sfratto. Ma Disco Uno è rimasto.
Registrato in completa autonomia con mezzi spesso essenziali, il disco è anche un’impresa tecnica: gestire un’orchestra con oltre venti elementi – molti dei quali impegnati anche in altri progetti musicali – significa lavorare in equilibrio costante tra gesto libero e struttura, tra spontaneità e forma. Una vera orchestra a strumentazione lo-fi. La fluidità del collettivo è il suo cuore: non esistono frontman, non ci sono gerarchie. Pietra Tonale è un progetto orizzontale, una costellazione viva.
Il disco ha avuto diverse vite, tutte significative. Una versione più grezza viene suonata per la prima volta già nel 2021, alla loro prima partecipazione al festival Jazz Is Dead – storico appuntamento torinese –, anche questo situato in Barriera di Milano, luogo che continua a ritornare, a unire, a ospitare. Nel 2024, in occasione dell’uscita del primo singolo Selce, Disco Uno viene presentato con l’orchestra al completo al Teatro Café Müller di Torino. Per questo motivo, il collettivo sceglie di non risuonare il disco durante il release party ufficiale – tenutosi lo scorso weekend allo spazio Borealis di Torino – ma di offrire un’esperienza diversa: un talk, una sala d’ascolto dedicata, la proiezione in anteprima di un videoclip e performance di amici musicisti.
Musicalmente, Disco Uno segna un passaggio importante anche rispetto alla produzione precedente del collettivo, fatta di composizioni lunghe, da 40-45 minuti, più simili a suite sperimentali che a brani. Qui, invece, la forma canzone prende spazio, pur restando liquida e aperta. Il risultato è un paesaggio sonoro in continua mutazione, che attraversa art-pop, alternative-rock, squarci noise ed elettronica. Le voci – spesso in lingue ibride, immaginarie o arcaiche – evocano mondi più che raccontarli, lasciando all’ascolto la possibilità di perdersi e ritrovarsi.
La focus track Sar Oh Dedida è forse la sintesi più chiara della poetica dell’album. Un brano in due atti: la prima parte, firmata da Giulia Impache e Simone Farò, è una sospensione rarefatta, quasi simbolista, fatta di respiri leggeri e tessiture delicate. La seconda, costruita da Jacopo Acquafresca e Andrea Marazzi, cambia ritmo e si avvita in un loop più serrato, lasciando però intatto il mistero. Il titolo nasce da una frase detta per caso: «Devo andare a vivere al mare per stare bene». Una scintilla che si fa melodia, sogno, salvezza.
Pietra Tonale tornerà dal vivo sabato 31 maggio proprio sul palco di Jazz Is Dead, lo stesso festival che li ha accolti all’inizio del viaggio di Disco Uno. Un cerchio che si chiude e si riapre. Perché questa musica non finisce mai del tutto: continua a muoversi, a cambiare forma, a cercare. Anche quando la casa non c’è più.