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Perverts, i ronzii incessanti della colpa

svg16 January 2025AlbumRecensioniLuca Parri

Il nuovo lavoro della “figlia del predicatore” apre un nuovo capitolo nella sua storia. Ethel Cain affronta e si fa ammaliare dai suoni oscuri del mondo in un album dedicato alle colpe, alla sporcizia e al male che s’insidiano nella vita umana


«[…] Vorrei anche ringraziare la musica dei ronzii naturali che esistono ovunque in questo mondo, nelle scatole dei trasformatori e nei tralicci a lato dell’autostrada, nel suono statico della radio sintonizzata su una frequenza AM vuota, nella ventola del mio computer mentre i file su Ableton sovraccaricavano la CPU, e nel ruggito distante della statale al lato opposto del mio campo preferito. Ti amo, suono, tu ci sei sempre stato per me»

Con questa nota Ethel Cain, sul suo profilo Instagram, ha celebrato l’uscita del nuovo album, Perverts. Possiamo partire da questa dichiarazione per comprendere meglio questo nuovo capitolo del percorso di Hayden Silas Anhedönia, o meglio della sua storia e di quella del personaggio che interpreta con il suo pseudonimo, intersecando realtà e finzione nella figura della “figlia del predicatore. Con il ciclo discografico precedente, infatti, il personaggio aveva appena terminato un percorso di scoperta del sé transgender e ora si avvia verso un nuovo capitolo della narrazione.

Anhedönia afferma di non intendere Perverts come un nuovo Lp a firma di Ethel Cain, senza tuttavia offrire un’altra definizione del lavoro. Sembra quasi rifiutare le classificazioni discografiche classiche per poter fare del disco quello che serve prima di tutto a lei, dedicarlo a se stessa e collocarlo nella sua carriera. Ascoltandolo, l’artista sembra inizialmente imboccare una strada diversa rispetto alle atmosfere da ballad decadente di Preacher’s Daughter, così come quelle del suo successo American Teenager. Ci si ritrova immersi in un pozzo oscuro, dove i movimenti sono lenti e i suoni si espandono in un’eco interminabile, come se il tempo stesso si fosse dilatato. Tuttavia, questa distanza dal passato è solo apparente. Le radici stilistiche dell’autrice, già ricche di tensioni oscure e introspezioni dolorose, sono qui amplificate in una dimensione dark ambient e drone che porta all’estremo la sperimentazione sonora e lirica. Ethel Cain non abbandona il suo passato, lo trasforma, ricamandolo su una trama già imbastita con nuove cadenze e ritmi ipnotici.

A livello tematico, lirico e sonoro possiamo citare come esempio il primo singolo, Punish, in cui l’artista intreccia realtà e immaginazione, ma anche passato e presente, dal punto di vista stilistico dell’autrice. Dopo una lunga traccia strumentale, della durata complessiva di dodici minuti circa, il brano insorge a mescolare la voce soffocata e trattenuta della cantante con il suo “nuovo” spazio sonoro, in un neo-luogo di coesistenza che torna a più riprese nel corso di Perverts. I temi dell’album, poi, accompagnano la sensazione sonora introspettiva, cupa e a tratti esoterica. Si spazia dalla vergogna sessuale al conflitto tra piacere e condanna religiosa, spingendo ancora una volta l’ascoltatore a interrogarsi su quale sia l’elemento biografico e quale invece quello fantastico. Ma soprattutto, ci si chiede se questa stessa domanda sia una suggestione di chi ascolta e se davvero necessiti di una risposta.
I suoni diventano strumenti narrativi, dalla staticità delle frequenze AM che evocano spazi vuoti e inquietanti, fino ai ronzii naturali che sembrano suggerire una presenza costante, un filo conduttore che lega l’umano al divino e al profano. La verità del suono, inteso come spettro dell’esistenza, racconta dell’universale e del personale allo stesso tempo: «it’s happening to everybody», recita una voce distorta e cavernosa al termine del primo brano, la già citata title track.

Questo disco si inserisce in un panorama musicale che raramente concede spazio a opere così autentiche e crude. È un lavoro che si fa manifesto di chi vive ai margini, di chi affronta battaglie personali e collettive, offrendosi come voce di una generazione che non teme di guardare nell’abisso. In Perverts, ogni rumore e ogni pausa sembrano avere un significato preciso: non c’è nulla di superfluo e persino il silenzio è carico di tensione. La dimensione intima e al tempo stesso universale dell’album lo rende più di un semplice lavoro musicale: è un’esperienza, un viaggio nelle profondità dell’animo umano. Cain ci guida con fermezza ma senza fare sconti, chiedendo all’ascoltatore di affrontare i propri demoni attraverso le sue stesse sonorità, a tratti spietate, ma sempre incredibilmente sincere.

Con Perverts, Ethel Cain conferma di essere non solo un’artista eccezionale, ma una narratrice unica nel panorama contemporaneo, capace di trasformare la propria esperienza personale in un racconto universale. La sua capacità di mescolare musica, narrativa e performance costruisce un ponte tra realtà e finzione, offrendo una visione del mondo che è tanto cruda quanto profondamente umana. Se con il precedente arco discografico aveva segnato l’inizio di un percorso, questo ultimo lavoro rappresenta una svolta, un momento di maturazione e ridefinizione che non nega il passato ma lo sublima. È un’opera che non si piega a compromessi, che si nutre della disperazione e la trasforma in arte. E così fa la sua stessa autrice, una persona disposta a privarsi di filtri, di compromessi e di vie di mezzo.

Luca Parri

33 anni tra design, giochi, fumetti, cinema e musica con sempre le stesse prerogative: amore per l'underground, approccio geek, morale punk e gusti snob.

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