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La Vibe di Guè va sentita e goduta

È dal Flowers Festival di Collegno che parte La Vibe Summer Tour di Guè: con una carrellata di hit e classici spalmati nel corso della sua lunga e prolifica carriera solista, l’artista dimostra di essere un’icona senza tempo del rap italiano


Se c’è una cosa che Guè e il Flowers Festival hanno in comune è che quest’anno entrambi festeggiano i dieci anni di qualcosa. Per il rapper milanese, il suo iconico terzo album da solista Vero fa doppia cifra – ed è stato celebrato con una nuova edizione –, mentre in quello stesso 2015 si teneva la prima edizione della rassegna che ormai ha reso Collegno una tappa fissa per i tour estivi degli artisti più noti del panorama italiano e non solo. Ecco, tuttavia non penso sia stata questa coincidenza a far sì che il Ragazzo d’Oro iniziasse io suo La Vibe Summer Tour proprio qui al Parco della Certosa, ma tant’è.

È successo di tutto in questi ultimi dieci anni a Cosimo Fini, in arte Guè – non più Pequeno, quest’anno ne fa 45 –: nove album, di cui due in collaborazione, un mixtape, un EP e una quantità sconsiderata di featuring con artisti di ogni tipo. Una cosa è certa: se in una traccia del tuo album c’è la G, stai certo che quella sarà una delle più ascoltate, a prescindere dalla sua qualità. A questo si aggiunge la tanto attesa reunion dei Club Dogo, l’album nuovo, i dieci Forum sold out e la storica data a San Siro. Insomma, tra rivoluzioni, nuove leve e contaminazioni di varia natura, nella trasformazione del rap da nicchia a mainstream c’è sempre lo zampino del Guercio.

Questa trasversalità della musica e dell’icona di Guè rende il suo pubblico intergenerazionale: svettano fan di vecchia data, ovvero ragazzi dai 27 in su – quando ancora il rap era tristemente e ignorantemente maschiocentrico – che sanno chi erano i Sacre Scuole, e ragazze – ma anche ragazzi – che con grande probabilità hanno scoperto il rapper su Tik Tok; ovviamente sto semplificando, perché poi davanti a me la ragazza scatenata che ha cantato ogni parola di ogni canzone dall’inizio alla fine col fidanzato affianco relegato ai video col cellulare c’era, e non era neanche una circostanza così tanto rara.

Nessun artista d’apertura. Alle 22, puntuali come un orologio svizzero – coerente con l’attuale residenza del rapper –, un cortometraggio breve ma pacchiano e spaccone al punto giusto – come quei film action ad alto budget con Jason Statham brutti ma divertenti che tanto piacciono a Cosimo insieme a, non ci crederete mai, Kubrick e Cronenberg – introducono Guè e una band di tre elementi: basso (Cristian Capasso), batteria (Viky Landolfi) e tastiere (Max D’Ambra). I cori da stadio che riprendono il motivo di Acqua e sapone degli Stadio introducono Meravigliosa, una delle hit dell’ultimo album Tropico del Capricorno, un instant classic nella vasta discografia della G. Presente e passato si intrecciano come se nulla fosse, perché subito dopo tocca alla dirompente Il Ragazzo D’Oro che ha 14 anni e sembra uscita ieri da quanto è fresca. La gente impazzisce; come direbbe un amico, questa canzone andrebbe studiata. E ha ragione, perché in un attimo Guè ha chiarito, con l’immediatezza della sua musica, che il rap fatto bene non invecchia.

Mr. Fini pesca tracce dalla sua sterminata discografia con la semplicità di chi ha l’imbarazzo della scelta. Il suo è una sorta di greatest hits tour; non a caso, questa è la Vibe, ovvero, secondo la narrazione portata avanti da Guè, la bellezza del vivere la vita che si è sempre sognato, quell’edonismo che negli anni ’60 era la Dolce Vita, dal conto a sei zeri, tra fama e successo, ma continuando a rispettare l’hip hop e la sua cultura.

Certo, la performance non è impeccabile. Guè spesso non arriva alla fine delle barre, a volte sembra quasi autocensurarsi non rappando le liriche più esplicite, ridendosela bonariamente sentendo il pubblico del Flowers dirle al posto suo. È però impeccabile il groove della band, che ispira un continuo muovere la testa e le mani su e giù a tempo. Poi montano la console ed è il turno di DJ Dero, che nel più classico dei duo rapper+dj, come se nulla fosse, tira fuori una serie di hit tra le quali Scooteroni e Salvador Dalì, entrambe contenute in Santeria (2016) con Marracash. E poi tante altre tracce ultranote come Cookies N’ Cream e Lamborghini. Lo ripeto, tutti questi pezzi sono contenuti in album sempre diversi, spalmati nel corso di una carriera lunga e prolifica, a ulteriore dimostrazione che Guè non è mai stato una moda.

Tra gangsta tracks come Lifestyle e Le Bimbe Piangono e brani più romanticheggianti e radio friendly come 2% e Insta Lova, il rapper scherza sul palco, col suo humor, i suoi tempi e il suo lessico. Un maturando gli chiede di benedirlo, che tra poco avrà l’esame di stato, «non sono proprio la persona adatta» risponde il rapper, ridendosela, ripensando ai tre anni di liceo classico in più che ci ha messo per finirlo, come specifica fiero; una ragazza in spalle lancia mutandine e reggiseno sul palco. Il Guercio accoglie e approva.

Da menzionare la qualità delle visual, ognuna coerente col tema e il mood del brano scelto, come le animazioni in 3D tutte dorate per, indovinate un po’, Bling Bling (Oro), introdotta da un dolce pianoforte che tesse la tela sonora su cui la voce unica di Mango si infrange nel cuore di tutti, o almeno di tutti coloro che sanno che senza Oro (1986) non ci sarebbe mai stata Bling Bling. Ma anche in questo caso, quando parliamo di Guè, parliamo di un individuo dalla cultura musicale non indifferente, appassionato di musica da tutto il mondo e attento alle contaminazioni che il rap può permettere con la delicata arte del sampling. Se a questo ci aggiungiamo la più recente Oh Mamma Mia – col campionamento di Che soddisfazione di Pino Daniele –, il Flowers Festival si gode un bell’ipotetico trittico.

L’encore è quanto di più gratificante si possa chiedere, le love song che piacciono ai suoi gangsta, come afferma nel ritornello de La vibe: parliamo del dittico composto da Love e Brivido – quest’ultima con un lungo ed esaltante assolo di keytar –, che sono la chiusura perfetta per archiviare, in poco più di un’ora, un live ricco di emozioni e spensieratezza, con brani che attraversano le epoche continuamente cangianti del rap italiano e che però continuano a porre Guè come un punto fermo, fuori da ogni scena, compatibile con la old tanto con la new era: semplicemente uno dei rapper più credibili e rispettati del panorama nostrano.

 

foto di Michela Talamucci

Marco Nassisi

Per me scrivere di musica vuol dire trovare una scusa per ascoltarne tanta, scoprirne di nuova e fare un po' d'ordine nella testa.

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