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Insert coin! 5 pezzi italiani che ci raccontano i videogiochi

svg5 September 2024MagazineBrando Ratti

L’avvento dei videogiochi ha sicuramente condizionato – se non mutato completamente – lo stile di vita di milioni di giovani dalla metà degli anni ’80 fino ad oggi. Anche una società complessa come quella italiana ha dovuto confrontarsi con questo incredibile fenomeno e, come al solito, anche la musica ne è stata profondamente influenzata


Il 30 Agosto 1987. Nel paese della “Milano da bere”, del craxismo da Prima Repubblica e del dominio paninaro, usciva, per la prima volta nelle sale giochi, un titolo giapponese destinato a segnare profondamente l’immaginario delle generazioni X e Y: Street Fighter. Come già preannunciato dal nome stesso, lo scopo di Street Fighter era quello di vestire i panni di Ryu, un energumeno con indosso un karategi bianco strappato e un hachimaki rosso sulla fronte, e pestare quanti più avversari possibile fino a sconfiggere Sagat, un colosso di 140 chili che rappresentava il livello finale del gioco. Chiaramente, il gioco riscosse un incredibile successo tra i giovani italiani, che iniziarono ben presto a spendere svariate migliaia di lire per poter – virtualmente – rompere il collo a personaggi strambi e dai nomi esotici come Birdie o Retsu. L’uscita del gioco contribuisce però anche a saldare quel rapporto intenso, teso, altalenante – e a volte pessimo – tra il videogioco e la società italiana. Questo rapporto è stato vissuto, attraversato e rielaborato anche dalla musica italiana che, declinandolo su una miriade di generi diversi, ha semplicemente celebrato il videogame come fenomeno di massa, lo ha utilizzato come metafora o ne ha raccontato l’impatto sociale.

Ecco quindi una piccola selezione di 5 pezzi italiani che parlano di videogiochi e del loro immaginario.

Andy Warhol Banana Technicolor, I’m In Love With My Computer, 1980.

Un pezzo uscito molto prima di Street Fighter e del consumo massificato dei videogiochi. Il gruppo di Pordenone rappresenta lo Stemma Codicum Omega: i ragazzi veneti urlano sequenze binarie di numeri e ripetono fino allo sfinimento di essere innamorati del proprio computer, una profezia in salsa new wave su quello che sarebbe successo circa 15 anni dopo. Gli Andy Warhol Banana Technicolor sono così geniali e post-punk che riescono ad anticipare tutto: anche l’argomento di una Top 5 del 2024. E sì, il pezzo originale è loro, non dei Tre Allegri Ragazzi Morti.

Eugenio Finardi, Amami Lara, 1998.

Al buon Finardi è sempre piaciuto parlare un po’ di tutto, fin dai tempi del Festival del Proletariato Giovanile Re Nudo del 1972, insieme ad Alberto Camerini. Non c’è da stupirsi quindi se, nel 1999, l’Eugenio nazionale si presentò sul palco di Sanremo con una canzone dedicata a Lara Croft. In una società sempre meno empatica e sempre più alla deriva, il cantante boston-meneghino trova la sua consolazione guidando l’archeologa inglese nelle sue svariate missioni e sognando di poterla vedere, un giorno, in carne e ossa. Perché diciamoci la verità: chi non si è mai innamorato di Lara Croft per almeno un minuto della propria vita?

Eiffel 65, My Console, 1999.

Gli Eiffel sono riusciti a rappresentare splendidamente tutto ciò che piaceva alla loro generazione: piercing al sopracciglio, eurodance, mèches bionde maschili, discoteche di provincia e videogiochi. My Console è infatti un pezzo in cui vengono elencati i nomi di un sacco di videogiochi fighissimi come Metal Gear o Tekken, viene dichiarato di voler stare attaccati alla console di gioco tutto il giorno e la parola Playstation viene ripetuta, sotto forma di acronimo, per almeno quaranta volte. Il tutto, come da tradizione, raccontato attraverso i classici sintetizzatori degli anni 2000 e la caratteristica voce da gatto metallico di Jeffrey Jey.

Piotta, PS2, 2002.

Il successo del brano La Grande Onda eclissò la maggior parte dei pezzi presenti nell’omonimo album. Se non fosse stato per il cd uscito come inserto sul magazine Tribe, probabilmente questo stranissimo pezzo sarebbe già finito nel dimenticatoio della storia. Con una base che ricorda molto uno spy movie di basso livello, Piotta ci offre un rap onirico che ancora 22 anni dopo non siamo in grado di comprendere a pieno. Una cosa però è sicura: al nostro Supercafone doveva piacere un sacco ammazzarsi di canne e passare ore incollato alla PS2.

LxExAxRxNx, 8-bit Fight, 2006.

I LxExAxRxN erano un fighissimo gruppo hardcore palermitano attivo nella prima decade degli anni duemila. Il loro album First Lesson, con la copertina disegnata da Zerocalcare molto prima dell’avvento di Zerocalcare, trattava le tipiche tematiche dello skate punk tupa-tupa: rampe, tavole, film anni ’80 e, inevitabilmente, arcade games. I primi 7 secondi (o 7 seconds per fare un giusto gioco di parole) dei 1:02 minuti che compongono il pezzo sono occupati da una musichetta in 8-bit che preannuncia una vera e propria tempesta hardcore, in cui non si capisce cosa venga detto se non «enjoy, play the game» e smash qualcosa. Purtroppo i LxExAxRxNx non sono su Spotify o altre piattaforme mainstream, ma non disperate: se non avete la fortuna di possedere – come il sottoscritto – quel bellissimo vinile rosso, potete tranquillamente ascoltarveli su Bandcamp.

Brando Ratti

Classe 1990, nasco e cresco a Massa, patria della Farmoplant ma anche dei genitori di Piero Pelù. Dottorando, ho un certo feticismo per le sottoculture, la musica underground, i filosofi presi male, i videogiochi presi bene, i film brutti e i libri belli. Nonostante il cognome, ho paura dei topi.

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