Non è stato un concerto dei Subsonica come gli altri. Non è stata una serata del Flowers Festival come le altre. Perché questo festival è organizzato da Hiroshima Mon Amour, ovvero il locale che quasi trent’anni fa ha lanciato la band torinese, imprimendo una traccia indelebile nella musica per gli anni a venire. Un concerto in cui nella mente e nei cuori di tanti rivivono anni avventurosi ed entusiasmanti, inebriati dall’umida follia delle notti lungo i Murazzi. Samuel, Max, Boosta, Ninja e Vicio hanno sempre avuto il potere di mettere d’accordo un’intera città. E Torino era ovunque, sotto e sopra il palco, dove si sono resi protagonisti anche Alberto Bianco ed Ensi
Il caldo è arrivato, l’estate è iniziata da un pezzo e non ci sono più scuse per non concedersi un bel concerto. E che concerto, ci sono i padroni di casa, l’orgoglio sabaudo, in una parola: Subsonica!
Alle 21 spaccate – con la luce naturale che ancora illumina il cielo estivo – il terzo giorno del Flowers Festival comincia con Alberto Bianco, cantautore torinese, perfettamente in linea con la scena sabauda che contraddistingue la serata. Con la sua chitarra acustica, accompagnato dal trombettista Stefano Colosimo, Bianco ci propone un set ristretto quanto intenso: Certo che sto bene, tratta dall’omonimo ultimo album, è la canzone con cui accoglie; il live continua poi con altre tracce storiche, come Filo d’erba e Le stelle di giorno, che ci trasportano in un’atmosfera intima e sognante. Malgrado gli strumenti sul palco siano pochi, tra la bravura dei due musicisti, i fischi di Stefano e il battito di mani del pubblico, il palco della Lavanderia a Vapore si trasforma in un’orchestra.
A questo punto cala la sera, il cielo si fa buio e le luci illuminano il palco: tra chi corre per il rifornimento di birra e chi si insinua per avvicinarsi sempre più al ridosso del palco, la gente attende trepidante l’arrivo della sua band del cuore.
Prima l’hype, poi il live. Dopo la giusta attesa, finalmente è il momento dei Subsonica, che partono col botto suonando Cani Umani, Mattino di Luce e Pugno di Sabbia, esattamente le prime tre tracce di Realtà Aumentata, il loro ultimo lavoro in studio. Il pubblico salta e canta a squarciagola le nuove canzoni che, dopo appena sei mesi, già conoscono alla perfezione. Uno sguardo più attento all’interno della marea ondeggiante mi regala un’emozione inattesa: a compierla non sono solo gli adulti che hanno accompagnato la band sin dagli esordi polverosi nelle cantine dell’underground torinese, bensì anche giovani, giovanissimi e bambini, alcuni dei quali assicurati sulle spalle dei genitori. Un amore intergenerazionale, una passione da tramandare.
Un sentimento che il quintetto torinese ha voluto ripagare – ancora una volta – attraverso la sua irrefrenabile energia: gli assoli di chitarra di Max Casacci, il ritmo scandito dal basso di Luca Vicini (Vicio), la batteria velocissima di Enrico Matta (Ninja), i sintetizzatori oscillanti – fuori testa – di Davide Dileo (Boosta) e l’impeccabile voce di Samuel continuano a regalarci una performance di altissimo livello. I ragazzi dei Muri sono in perfetta sintonia: ballano, ridono, sfruttano il microfono in dotazione per combattere tra loro a colpi di battuta taglienti ma innocui, come solo chi si vuole bene da decenni è in grado di fare. E pensare che negli ultimi tempi c’è chi ha parlato di aria di crisi nella band…
Se il concerto ha preso il via con le ultime uscite, per proseguire «è doveroso fare un viaggio all’indietro nel tempo Subsonica», Samuel dixit. Così, brano dopo brano, riviviamo le tappe salienti della carriera della band: da Veleno (Eclissi, 2007) alle tracce più iconiche di Microchip Emozionale (2000), come Aurora Sogna, Liberi Tutti e Discolabirinto, con il suo iconico riff di tastiera: «uno dei più iconici di sempre», come ha tenuto a sottolineare, bonariamente, colui che l’ha ideato e che lo sta seguendo per l’ennesima volta saltando letteralmente da un sintetizzatore all’altro, producendo una scossa elettrica che pervade tutto il pubblico dalla testa ai piedi.
La festa continua con Nuvole Rapide da Amorematico (2002), fino a toccare ritmi sempre più incalzanti, come quelli del funk midtempo di Giungla Nord, direttamente dal loro primissimo lavoro (1997).
A metà strada, la macchina del tempo ritorna improvvisamente al presente, anzi alla Realtà Aumentata, con Universo e Grandine, tra sonorità elettroniche, funky e reggae, giusto in tempo per far salire a bordo, inaspettatamente, una seconda voce sul palco: è Ensi, rapper autoctono, originario di Alpignano (TO), da anni al fianco dei Subsonica tra featuring e live. Una serata simbolo dell’unione tra i musicisti torinesi: la voce di Ensi, insieme a quella di Samuel, tinge il cortile delle Lavanderie a Vapore con un rap graffiante e rockettaro. I due cantano Il Cielo Su Torino e, addirittura, Aspettando il Sole di Giovanni Jeff Pellino, in arte Neffa, per un omaggio sincero a uno dei pionieri dell’hip-hop italiano, nonché batterista dei Negazione, mitologica band hardcore punk che ha seminato il panico a Torino a cavallo tra gli anni ’80 e ’90.
Già, i Negazione, i Subsonica, i Murazzi, El Paso, il Barrumba, l’Hiroshima: la mente non può che collegare e riannodare i fili della storia di questa città, che solo a chi non l’ha mai vissuta può sembrare austera, fredda, falsa e cortese, ignorandone colpevolmente l’anima profonda, il fermento culturale, la capacità di accogliere artisti da ogni parte del mondo e valorizzarne il talento, restituendolo al mondo pronto, maturo e consapevole. Una riflessione che parte proprio da qui, dal palco del Flowers Festival, organizzato da uno dei motori propulsivi dello sviluppo culturale e musicale torinese e dell’intero Stivale: l’Hiroshima Mon Amour, ringraziato sentitamente e pubblicamente da Samuel e compagni proprio perché fu proprio grazie all’Hiro se questi ragazzi si sono conosciuti, hanno bevuto e ballato insieme e sono riusciti a creare questo meraviglioso sodalizio artistico.
Torniamo sul palco. Ensi ringrazia il pubblico per il calore ricevuto e si riparte con Istrice, ennesimo ritorno al passato. Max Casacci prende la parola per ritagliarsi un momento importante: si introduce la matrice politica, che da sempre ha caratterizzato la musica della band, con Nessuna Colpa, brano che fa luce sul dramma vissuto dai migranti. Allo stesso modo, non sono mancati sugli schermi del palco scritte importanti come “stop bombing Gaza“ e “stop bombing Ukrain“. Proprio per questo è importante che gli artisti utilizzino parte della loro (meritata) ribalta per diffondere messaggi di un certo rilievo e stimolare le coscienze.
A questo punto mancava poco allo scoccare della mezzanotte, quando Samuel suona la carica: «Facciamo vedere chi è il pubblico dei Subsonica!». La scaletta giunge quindi al termine con Lazzaro ma, ovviamente, la gente non ne ha ancora abbastanza. Come da copione, i protagonisti escono di scena per poi essere richiamati a gran voce sul palco per eseguire le ultime canzoni, questa volta per davvero. Non poteva mancare Tutti i miei sbagli, dove il pubblico si scatena e si gioca tutte le energie residue, mentre la chiusura è affidata alla poetica Strade, in cui la vocalità di Samuel raggiunge il suo apice.
Il concerto è finito, ma gli applausi non si placano: anche questa volta, dopo quasi trent’anni di carriera, i Subsonica continuano a confermarsi una delle band più emblematiche del panorama italiano. E il Flowers Festival una tappa obbligata per l’estate torinese.