In un anno che lo ha visto protagonista in un violento dissing con Drake, Kendrick Lamar non si risparmia con un altro evento che segna l’attuale stagione musicale: pubblicare a sorpresa e senza alcun preavviso il sesto album della sua carriera, aggressivo e dalla forte anima West Coast
L’opinione pubblica — popolare e mediatica — nel 2024 si è vista travolta da diversi termini gergali che hanno tracimato dalla loro nicchia di riferimento a bacini decisamente più grandi. Una di queste è dissing, che in Italia abbiamo associato a pallidi tentativi di emulazione che hanno lasciato pochissimi strascichi e di cui molto presto si è scoperta la natura performativa, estemporanea e soprattutto promozionale che stava dietro a questi attacchi – resto vago di proposito perché sapete a quale triste evento mi riferisco –. Però, a differenza del nostro paese dove questa pratica è sfruttata e dimenticata in poco tempo, negli Stati Uniti, dove la cultura hip-hop è ben più radicata e rilevante, le cose vanno diversamente. Un esempio plateale è quanto successo tra il rapper losangelino Kendrick Lamar e il collega canadese Drake appena lo scorso anno. Una serie di brani nei quali i due si attaccavano reciprocamente sono culminati in Lamar che muoveva accuse pesantissime nei confronti dell’avversario, segnando in modo abbastanza indelebile la carriera di quest’ultimo.
Credo sia fondamentale partire da questo incipit per inquadrare lo stato attuale di Kendrick Lamar in quanto artista, capirne le intenzioni e interpretare i suoi lavori successivi alla vicenda, poiché da questa ne sono inevitabilmente influenzati e dipendenti. Lo scorso venerdì 22 novembre, Kendrick ha pubblicato a sorpresa e senza alcun annuncio non un semplice singolo, un’altra diss track o un progetto parallelo: i fan, alla distanza di un click dalla notifica di alert delle nuove uscite del rapper americano, si sono trovati di fronte era un vero e proprio nuovo album di materiale integralmente inedito, il sesto disco intitolato GNX. Un’operazione che sembra proseguire l’approccio che l’artista ha mantenuto durante l’ultimo periodo della sua carriera: andare oltre l’hype e le attese, scardinare i canoni con aggressività lirica, presentarsi nella sua versione più cruda.
Se i tre brani dedicati a Drake – soprattutto l’ultimo, Not Like Us – lasciavano intuire la volontà di Kendrick Lamar di esplorare un lato di sé più duro a livello di scrittura e più classicamente West Coast nella dimensione strumentale, GNX ce lo conferma e si espande in questa direzione. A una struttura narrativa complessa e articolata piuttosto tipica nei suoi lavori, il rapper in questo nuovo album preferisce far convogliare le sue innate doti verso un canale più diretto e aggressivo. Pur con meno retorica e raffinatezza rispetto ai suoi precedenti lavori, l’abilità di Lamar con la parola resta evidente anche in questo album: sta a chi ascolta capire se preferisce un racconto più indiretto e continuativo o uno più esplicito e che va dritto al punto. Sicuramente GNX si inserisce a pieno titolo nella seconda categoria. Tuttavia, non manca la presenza dei temi cari a Kendrick Lamar, sviscerati però con una prospettiva che è tanto differente rispetto al passato quanto, al tempo stesso, riconoscibile e coerente con la sua carriera. A tornare sono infatti i riferimenti frequenti alla sua fede, da sempre un elemento fondante e ricorrente, così come i rimandi alla famiglia e alla sua condizione genitoriale. Il tutto, però, affrontato per mezzo di un approccio più sensibile e una scrittura di più facile e immediata interpretazione rispetto ai testi del passato.
Spostando l’attenzione sulle produzioni, questo disco segue molto da vicino il solco che Lamar ha tracciato in Not Like Us e recupera molto da vicino quelle sonorità tipiche del rap anni ’90 di Los Angeles, senza tuttavia dimenticarsi del contemporaneo. Le strutture ritmiche di quelle suggestioni si ibridano infatti con gli strumenti della trap e dell’hip hop moderno più contemporaneo, creando un territorio mediano interessante, confortevole e trasversale. L’approccio di Kendrick in questo album è infatti più vicino al rap classico nella sua accezione più ampia, un approccio che si ripercuote anche nei flow che il nostro snocciola nel corso dei 44 minuti che contraddistinguono il lavoro. In GNX, gli incastri sono vari e le tecniche elevate e numerose; il tutto è però calcolato al millimetro col fine ultimo di risultare immediatamente apprezzabile, riconoscibile e riconducibile a un determinato contesto. È necessario menzionare, poi, la squadra che ha accompagnato l’artista in questo progetto: tra i tanti nomi il produttore Jack Antonoff e la cantante SZA, in mezzo a tantissimi altri featuring, sia emergenti sia mainstream.
“Classico” è, in definitiva, forse la parola che più si adatta a descrivere GNX: definire se questo sia un bene oppure un male sta solo alla discrezione di chi ascolta. Kendrick Lamar ha voluto rendere omaggio a Los Angeles, all’eredità culturale di questa città nel panorama della musica urbana e del rap nello specifico. Il tutto, per comunicare un approccio aggressivo, intransigente e crudo che inizialmente potrebbe spiazzare, ma che alla fine dell’ascolto genera un senso di carica, di hype. Un disco che forse non raggiunge le vette dei capolavori precedenti ma che è comunque testimonianza attiva e viva di un nome indelebile nella storia della musica contemporanea.