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Garibaldina dentro, il Risorgimento di Mille osa per restare

svg24 September 2025AlbumRecensioniMarco Berton

La nuova red queen dell’indie pop rock nostrano conferma le promesse e agita la scena musicale, confezionando un primo long playing di spregiudicata raffinatezza. Un concept album sulla rinascita che proietta nel futuro le grandi voci femminili italiane degli anni ’60, ’70 e ’80


«L’Italia non ha mai avuto canzoni sui suoi personaggi epici» disse il cavaliere elettrico Massimo Bubola (sempre sia lodato) introducendo Camicie rosse – brano da lui scritto e dedicato al mito di Giuseppe Garibaldi – durante un concerto di almeno vent’anni fa. Gira che ti rigira, a spuntare fuori – aggiungerei finalmente, in questi tempi in cui l’indie pop rock nostrano tende ad adagiarsi in una zuccherosa comfort zone autocelebrativa – è un’artista garibaldina non solo nell’immaginario estetico, quanto soprattutto nella sostanza musicale.

Stiamo parlando, lo si sarà capito, di Elisa Pucci alias Mille, che oltre a citare l’impresa nel suo nome d’arte ha scelto di dedicare all’eroe dei due mondi anche il titolo del suo primo long playing (usiamo questa espressione vintage non a caso) Risorgimento e – già che c’era – pure il merchandising con impresso proprio il faccione del nostro su sfondo rossissimo come i suoi capelli. Garibaldina dentro, dicevamo, perché Mille conferma di saper osare anche nel suo esordio sulla lunga distanza, dopo diversi singoli e un promettentissimo EP (Quanti Me Ne Dai) uscito nel 2023.

Dopo una gavetta durata praticamente vent’anni, passati tra alterne fortune nell’underground ma culminati con l’exploit della semifinale di X Factor raggiunta nel 2015 con la band Moseek, Mille ha finalmente trovato la quadra abbracciando i testi in italiano e guardando in due direzioni: prima di tutto verso il glorioso passato della musica leggera nostrana, di cui ha sposato le melodie cinematografiche e dolceamare giocando sui registri vocali e su archi nostalgici, ma anche verso il synth pop di stampo britannico unendo in modo delicato sintetizzatori e beat elettronici.

Risorgimento, uscito per l’etichetta Ada Music, scritto e prodotto dalla stessa cantautrice insieme al fido batterista Unbertoprimo (al secolo Davide Malvi), è l’evoluzione definitiva di questo slancio, in cui gli euforici strappi new wave e i testi sfacciatamente sfrontati di Quanti Me Ne Dai si sono ricompattati in favore di un suono e di un songwriting più quadrati e definiti, più maturi ma non per questo meno accattivanti, anzi. Il risultato è un concept album di spregiudicata raffinatezza, suonato al massimo e quindi ideale per trattare un tema tanto delicato quanto affascinante come quello di una rinascita che coinvolge diversi aspetti del sé più profondo e del suo stare al mondo.

Il disco è composto da dieci brani, suddivisi in un tempo compatto di trenta minuti, in cui la protagonista si lancia e si scontra a mo’ di kamikaze con la vita e i personaggi fantastici che la popolano, navigando tra le gioie e i dolori dell’amore, del corpo e del sesso. Si parte con la title track strumentale che, in un crescendo d’archi, fa salire la tensione emotiva pronta ad esplodere con l’urgente UMPM (un maledettissimo posto migliore) («La nostra è già una guerra mondiale / Ma stasera che si fa?»), seguito dalla ballata rock Il Tempo, Le Febbri, La Sete («Bella con la lacca forte sopra il cuore / Rondine che scappa e porta addosso il mare»).

L’apice si raggiunge nella parte centrale di Risorgimento, soprattutto con l’amore disperato cantato in Due Di Notte – la preferita a queste latitudini –, che starebbe benissimo nella colonna sonora di un film italiano anni ’70 («Quando vengo poi viene pure la polizia / Hai una pistola nella mano destra»); echi del periodo elettronico di Antonella Ruggiero e di Rettore, invece, contraddistinguono la successiva C’est fantastique («La vie, ma per chi?»), ripetuto ironicamente come un mantra. Dopo l’intermezzo struggente de Gli Amanti («Nei quartieri dove dolce è la violenza / L’ossigeno è amarezza»), si sale nuovamente di tono con Una Lama – seconda preferita –, in cui l’influenza electro-punk di Franco Battiato getta sale sulle ferite aperte («Tagliami per dimenticare / E pensarmi altrove»).

Andando verso la conclusione dell’album, come una discesa agli inferi Mille si fa ancora più esplicita e introspettiva, utilizzando metafore pornografiche e belliche per scagliarsi contro la spettacolarizzazione emotiva e le relazioni di potere della società contemporanea: è questo il caso di Video Hard («Generazione di fenomeni paranormali / Ma tu lo sai che i video hard ti fanno male?») e di Artiglieria Pesante («Forse a scuola elementare / Manganelli a Carnevale / Anticostituzionale e niente più») con riferimento ai fatti della scuola Diaz. Il viaggio nei tanti mondi di Risorgimento finisce a Parigi, sotto la Tour Eiffel, dove la quotidianità e le disillusioni dell’amore si sciolgono in un duetto straordinario con Rachele Bastreghi («La nostra vita che cos’è? / Un romanzo dentro un foglio Excel / Due impiegati tra i proiettili di fine mese»).

Risorgimento è la dimostrazione che, se c’è, il famigerato x factor non ha bisogno di reality show per liberarsi e concretizzarsi in questo caotico quanto spietato music business. E che, soprattutto, non è mai troppo tardi per esplodere e catturare anche un pubblico più vasto, nemmeno alla soglia dei quarant’anni, nemmeno dieci anni dopo la semifinale raggiunta con i Moseek. Un’età e un lasso di tempo decisamente insoliti per farlo, manon abbastanza da impedire a Mille di proiettare nel futuro le grandi voci femminili italiane degli anni ’60, ’70 e ’80. Il merito va a lei per aver trovato la formula giusta: il suo Risorgimento osa per restare.

Marco Berton

Giornalista non convenzionale: scrivo di diversity per lavoro e di musica per passione. Ossessionato da camicie e maglioni hipster, credo che la normalità non esista e che un altro mondo sia possibile.

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