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Di amore e di lotta: intervista ai direttori artistici di Alta Felicità

Territorio, lotta e comunità sono i tre capisaldi su cui poggia il festival Alta Felicità. Giunto ormai alla sua nona edizione, l’evento estivo di Venaus da anni richiama in Valle migliaia di persone, spinte dall’amore per la musica e dal sostegno a una causa, quella No TAV, che infiamma il territorio da decenni. Se dovessimo racchiudere in una sola parola la filosofia che anima il Festival – e che, motore principale del suo successo, lo differenzia da tutti gli altri eventi mainstream –, quella parola sarebbe “amore”.

Amore per un territorio, carico di storia, di lotta e di liberazione, che diventa uno spazio di vita della comunità.
Amore per la comunità, che è l’asse portante del movimento e dell’intero festival. In opposizione all’idea di business, degli individui imprenditori di sé stessi, decontestualizzati e lanciati nel mercato globale, Alta Felicità ci parla di una dimensione collettiva dove è ancora possibile prendersi cura gli uni degli altri, valorizzando le differenze e l’apporto che il singolo può dare in un contesto più ampio.
Amore, infine, anche per la musica: per quella musica slegata dalle logiche di mercato e saldamente ancorata alla qualità e al rapporto pubblico-artista.

 

in collaborazione con Stefano Scuderi

Chiara Correndo

Film asiatici. CCCP. Negroni corretto con amaro lucano. Oasis o Blur? Blur. Made in Turin.

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