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Cool World: lo sgretolamento del mondo secondo i Chat Pile

Da Oklahoma City, dopo aver narrato del marciume di un’America sempre più annichilita, i Chat Pile estendono il discorso su scala globale, urlando con la rabbia che li contraddistingue di un mondo destinato a scomparire per colpa nostra


Non tutti gli artisti sono in grado di evocare immagini forti e chiare con la propria musica. La poetica di una band risiede nella capacità di unire con efficacia elementi intrinsechi ed estrinsechi: un nome evocativo, brani dai titoli altrettanto suggestivi – ma magari a volte svianti –, un’estetica – che va da come si presentano i membri alla scelta degli artwork delle cover album – in grado di donare un senso visivo di ciò che le parole già esprimono da sole e, ovviamente, un sound, ovvero il cuore del progetto, che chiarifica una volta per tutte ciò che tutto il resto ha solo accennato in superficie.

Tra le band contemporanee, i Chat Pile sono una delle realtà più interessanti proprio per questo insieme di elementi. Fin dal loro EP d’esordio This Dungeon Earth (2019), con la loro musica scomposta, hanno saputo esprimere in maniera diretta un concetto: il nichilismo che attanaglia chi vive al peggio la disfunzionalità di un mondo che sembra marcire e sgretolarsi giorno dopo giorno. Il loro nome deriva dalle montagne di rifiuti tossici che hanno devastato e che continuano a devastare le piccole cittadine americane, lontane da quell’idea di Stati Uniti alla quale la cultura pop ci ha abituato, che alla fine caratterizzano buona parte del paese. Il riferimento principale è Picher, una piccola città mineraria – vicino alla loro Oklahoma City – che per via dell’inquinamento causato da pile di scorie minerarie contaminate da metalli tossici è stata evacuata e ora è una città fantasma. I Chat Pile urlano la sofferenza di un mondo in decomposizione, distrutto dall’uomo e lasciato a sé stesso. E lo fanno con la potenza espressiva del noise rock, che è una martellata sull’anima annientata dal malessere.

Quello dei Chat Pile è un suono pesante, che sotterra l’ascoltatore tra le macerie di un’America – ripeto, quella vera – che è allo scatafascio. Il loro primo disco, God’s Country (2022), si ispirava ai Sonic Youth – come tutte le band noise – e a Big Black di Steve Albini – pace all’anima sua, per questo album sarebbe stato perfetto! –, ma con notevoli influenze nu metal. Il bassista Austin Tackett, in arte Stin, ha confermato il suo amore per i Korn, che si sente nel modo in cui percuote aggressivo il suo strumento dal suono sporco e crudo.

Con la loro nuova uscita Cool World il discorso procede alla grande. Si appesantisce ancora di più e si solidifica. L’universo Chat Pile si espande, mentre l’umanità procede nella sua lenta e angosciante distruzione. Sembra un sequel del primo disco, ma si impone di compiere un passo in avanti, nell’abisso; dagli Stati Uniti, il discorso sull’annichilente consapevolezza della devastazione si estende al mondo intero. E lo fa con la potenza di brani colmi di rabbia, distorti, pesantissimi: un continuo sprofondare e sotterrarsi scavandosi la fossa da soli. Il cantante Raygun Busch non canta: urla, proclama. La sua è una voce incazzata e vulnerabile. In Funny Man, I Am Dog Now e The New World è come un pianto disperato, di chi sta chiedendo aiuto sicuro che nessuno lo aiuterà mai; in Shame sfocia in un growl cavernicolo che sembra dare voce al diavolo, mentre accoglie l’uomo e il suo peccato all’inferno. Quell’1% di – passatemi il termine – “melodia” che troviamo è, se vogliamo, molto più angosciante, perché non è altro che una lamentela agonizzante.

Anche in questo album non mancano continui rimandi ai Korn, come in Camcorder che nei suoi oltre 6 minuti si rivela una discesa nelle profondità dell’animo umano, condannato alla rassegnazione per l’inevitabile destino dell’umanità, la cui decadenza è causa solo e soltanto dalle sue folli scelte.

Non è facile ascoltare un disco come Cool World dall’inizio alla fine senza deprimersi. Ma spesso sono proprio le opere più difficili da buttare giù che avvicinano colui che ne fruisce alla fantomatica catarsi, alla purificazione dell’anima. E anche una musica abrasiva come quella dei Chat Pile, nel suo narrare il marcio e la tossicità morale dell’essere umano, può avere la forza di liberarci da quella condizione di nichilismo esistenziale che è difficile non provare di fronte a tutto il male che si manifesta ogni giorno, in un mondo probabilmente condannato all’estinzione.

Marco Nassisi

Per me scrivere di musica vuol dire trovare una scusa per ascoltarne tanta, scoprirne di nuova e fare un po' d'ordine nella testa.

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