Indossando i panni di un nuovo personaggio, di una nuova versione di sé, Tyler, the Creator in Chromakopia riflette sulle lezione impartite da sua madre, sul peso del successo e sugli obblighi morali verso il pubblico. Il tutto, sintetizzato con un’interpretazione imperiosa, bellica e “in marcia” dei suoni che lo hanno contraddistinto negli anni
Tyler, the Creator nella sua arte non mette solo la musica. Certo, la predilezione per questo mezzo c’è e (quasi) tutto quello che fa collateralmente è funzionale al produrre album musicali. Però c’è anche tanto altro, che va oltre le capacità di un abilissimo compositore, produttore, cantautore, musicista e rapper. C’è una visione, un’orchestrazione di dettagli che servono a rendere effettivo, credibile e funzionante il pacchetto attraverso elementi extra. Tutto deve rientrare in un contesto specifico, che non solo accompagna o estende il piatto principale ma ne diventa un elemento così essenziale da diventare imprescindibile.
Se questo era già parzialmente percepibile durante la prima metà della carriera musicale di Tyler Gregory Okonma – vero nome del Creatore –, nel periodo florido dell’attualmente sospesa crew Odd Future, dal quinto album in avanti tutto ciò è diventato ancora più evidente grazie a un espediente tanto semplice quanto efficace: interpretare un personaggio differente per ogni lavoro, recitare una parte che è in realtà una parte di sé e rappresenta l’aspetto specifico della propria personalità che si ha scelto di affrontare all’interno del disco.
Dal romantico Scum Fuck Flower Boy all’esploratore bohemienne Sir Tyler Baudelaire, passando per l’aiutante archetipico del malvagio di turno in IGOR: ognuno di questi personaggi rappresenta un aspetto del proprio creatore, che enfatizza la tematica del disco aggiungendone una componente visiva, narrativa e di stage design unica. A fronte di questo, quando poche settimane prima del lancio l’artista californiano ha annunciato l’arrivo dell’ottavo album – intitolato Chromakopia –, è sembrato a chiunque assolutamente normale che anche questa volta, a proseguire un lavoro già avviato, Tyler avesse assunto una nuova temporanea identità: il militare St. Chroma. Il personaggio è lo stesso che abbiamo avuto modo di conoscere con la versione deluxe del precedente Call Me if You Get Lost, intento a uccidere Baudelaire e prendere inevitabilmente il posto nel video di Sorry Not Sorry.
Un sergente mascherato e in uniforme, toni cromatici del seppia mescolati con un verdone militare, una capigliatura che rimanda alle origini nigeriane dell’artista e un riferimento al personaggio letterario Chroma the Great di Norton Juster. Questi sono gli elementi estetici e velleitari alla base di St. Chroma. Ma come si pone in relazione con la musica e con i temi di Chromakopia? Come già detto, Tyler, the Creator cala nei personaggi che interpreta tutta la visione che sta dentro all’album di cui sono protagonisti. Il disco è una riflessione su una crisi di mezza età precoce, accelerata dal successo mondiale, dove il nostro si mette di fronte a un se stesso mascherato e in uniforme per domandarsi: chi sono adesso? Quali sono i miei obblighi e le mie responsabilità? Che lezioni ho imparato da mia madre e in che modo le ho usate per essere l’uomo che sono ora?
Le risposte a queste domande, in Chromakopia, sono molteplici, sfaccettate ma in un certo senso tutte convergenti. D’altronde, specialmente in questa seconda metà di carriera, Tyler, the Creator ci ha abituati a produrre concept album i cui brani sono episodi narrativi di un quadro più grande. Qui il racconto si divide tra consapevolezza razionale dell’iconicità raggiunta, riflessioni sul contesto familiare e di origine e crisi esistenziale riguardo ai doveri che è chiamato a compiere. Per ogni «il più grande in città dopo Kenny, ormai è fattuale» in Rah Tah Tah, riferendosi a se stesso e a Kendrick Lamar come i rapper più importanti della Los Angeles contemporanea, ci sono altrettanti momenti di messa in dubbio della propria condizione e di riconoscenza assoluta delle lezioni impartitegli dalla madre durante l’infanzia l’adolescenza.
Questa riflessione, oltre che nei testi, traspare anche nelle produzioni, negli arrangiamenti e nella composizione: qui, Okonma riprende sì un suono a lui famigliare – specialmente vicino al suo Cherry Bomb – ma elaborato, maturo, ricco di campionamenti dalla musica africana e decisamente più compiuto del lavoro da cui si estende. Un neo soul stratificato e incalzante, che spesso e volentieri assume proprio i toni della marcia militare ma che a volte si ammorbidisce per restituire quel comfort caldo e groovy tipico dei lavori più recenti di Tyler, the Creator, coadiuvato anche dalle tantissime ed eccellenti collaborazioni più o meno nascoste nei brani dell’album. Tra tutti questi, forse quello più rappresentativo del suono e dei concetti finora espressi è Noid, scelto anche come singolo di lancio: una suite che si evolve tra progressioni, soul, rap e musica africana in cui l’artista snocciola la fonte della sua paranoia e ne discute con il suo alter ego del momento.
In definitiva: Chromakopia è il nuovo tassello sensato e coerente di un’artista in crisi con se stesso, richiamato dalle proprie responsabilità e dai propri oneri. Un disco che si inserisce in modo fluido nella carriera di Tyler, the Creator, arricchendola ulteriormente.