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Black Karma, il blues ribelle di Buzzy Lao

svg26 February 2025RiverberiStorieVeronica Vair

C’è una forza che spinge la musica di Buzzy Lao, un’energia che arriva da lontano, dalle radici profonde e dai viaggi senza confini. Black Karma, pubblicato per Bunya Records, è un mosaico sonoro che intreccia il blues africano con il gospel mediterraneo, il funk con le ritmiche afrobeat, la tradizione cantautorale italiana con l’intensità della world music


Bluesman torinese dal sangue calabrese, Buzzy Lao ha trovato la sua casa artistica a Palermo, dopo un lungo percorso che lo ha portato da Londra ai palchi di tutta Europa. Questo continuo movimento si riflette nella sua musica, un crocevia di influenze e contaminazioni. Black Karma, prodotto tra Parigi e Palermo da Florian Monchatre – già al fianco di alcuni dei migliori artisti della scena world internazionale (Fatoumata Diawara, Blick Bassy, Tinariwen) –, è un viaggio profondo tra le contraddizioni del presente e la ricerca di una consapevolezza interiore.

Fin dagli esordi, Buzzy Lao si è distinto per un suono che abbraccia il blues e le sonorità roots, portando avanti una ricerca musicale sempre più contaminata. Dopo il debutto con Hula (2016) e il secondo album Universo / Riflesso (2020), Black Karma segna un’evoluzione, sia nella scrittura che nelle scelte sonore. La produzione di Monchatre esalta l’essenza “suonata” del disco, con strumenti analogici e una forte componente percussiva che richiama la musica del Sud del mondo. Ma è la voce di Buzzy Lao, intensa e vibrante, a rendere ogni brano un’esperienza emotiva, capace di trascinare l’ascoltatore in un viaggio interiore.

Il concept dell’album ruota attorno al “karma oscuro” che permea la società moderna: un circolo vizioso di ipocrisie, ingiustizie e disumanità. Lo si percepisce già dalla title track, Karma, un blues arabeggiante dal testo incisivo che si fa manifesto di disillusione e ribellione: «Io credo a tutti i sogni miei ma non in te». Il brano riflette sulle guerre, sulle manipolazioni del potere e sulla necessità di riscoprire una coscienza collettiva.

Io che non conosco più l’amore prosegue su questa scia, fondendo soul e funk anni ‘70 con percussioni tribali e melodie che evocano la canzone italiana degli anni ‘60. Il testo esplora il vuoto emotivo di una generazione che fatica a riconoscersi nei valori della società contemporanea. Fra un milione di stelle, invece, è un inno alla rinascita personale, alla fiducia in se stessi e alla consapevolezza emotiva. Con il suo ritmo avvolgente e le atmosfere eteree, apre una finestra di speranza, distaccandosi dalle tematiche più oscure del disco.

Ma il momento più toccante arriva con Zohra, ispirato alla storia della prima orchestra femminile afghana, costretta all’esilio dopo l’ascesa del regime talebano. Qui Buzzy Lao si mette nei panni di una di queste giovani donne in fuga, raccontando il suo viaggio verso la libertà attraverso suoni che richiamano il Medio Oriente e l’Africa. La sua voce, a tratti ruvida e sofferta, amplifica il pathos del brano, trasformandolo in un racconto di resistenza. Un altro punto di grande impatto è Humanity, che con le sue sonorità soul-funk e il testo provocatorio smaschera le ipocrisie del mondo moderno, tra false apparenze e interessi economici che calpestano i diritti umani.

A chiudere l’album è Maktub, un brano ipnotico in cui la lap steel elettrica dialoga con una batteria pulsante, trasportando l’ascoltatore in un viaggio tra blues, sonorità arabeggianti e noise-rock. Un finale sospeso, che sembra suggerire un ritorno all’inizio, per cogliere nuove sfumature a ogni ascolto.

Con Black Karma, Buzzy Lao conferma di essere un cantautore fuori dagli schemi, capace di unire mondi sonori lontani con una sensibilità unica. La sua musica non è solo da ascoltare, ma da vivere: un intreccio di storie, culture ed emozioni che parlano di libertà, resistenza e speranza. Un album che lascia il segno, da assaporare con lentezza, in tutta la sua profondità.

Veronica Vair

Con le cuffie ingarbugliate nelle tasche.

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