Look anni Settanta, fiabe glam, riff intrecciati, “space vibrations”: il cantautore toscano ha concluso il tour invernale dell’album “La gente che sogna” con un concerto al Combo Club della Suoneria a Settimo Torinese
Il terzo grande Lucio della canzone italiana. Superfluo ricordare quali furono gli altri due. La novità di questi anni è Lucio Corsi, nome che presto accosteremo a quelli dei cantautori che amiamo di più. O a quelli dei rocker, perché no? Dipende da che punto di vista vuoi vedere questo ragazzo che si è lasciato sedurre dagli straordinari anni Settanta, dalla fantasia incontenibile di Dalla e Graziani tanto quanto dall’estro glam di Bolan e Bowie. E oggi, rubando il segreto dell’eterna giovinezza della musica di questi autori, atterra dallo spazio per sedurre noi, in un mondo e in un’epoca che hanno un enorme bisogno di sogni.
Trentenne, maremmano, appassionato di motori, capelli lunghi e lisci, trasparente come la ragazza di una sua canzone, autore di tre album che sembrano tre raccolte di fiabe: Bestiario musicale, Cosa faremo da grandi, La gente che sogna; che bellezza leggere questi tre titoli tutti di fila. È dalla primavera del 2023 che è impegnato con la band nei concerti di presentazione del terzo album, un tour generoso che non si risparmia tra grandi città e piccoli centri. Quella di oggi, al Combo Club della Suoneria di Settimo Torinese, è l’ultima data prima di una pausa di almeno due mesi.
Una volta riuscito a trovare parcheggio in una dimensione parallela dell’iperspazio settimese – impossibile trovarlo nella dimensione della realtà –, entro nel Combo Club e mi immergo tra il pubblico di Lucio Corsi. Ci sono un bel po’ di bimbi, portati dai genitori, perché le sue canzoni non hanno età. Vedo tanti che erano al concerto di Lepre due giorni fa. Fra il pubblico spicca in altezza la figura di Federico Sacchi Musicteller, nell’inconfondibile completo in giacca e camicia; la sua presenza è sempre una sorta di certificato di validità del concerto che stai guardando, ogni volta che lo vedo penso “hey, se c’è Sacchi vuol dire che stasera mi trovo al concerto giusto”, non capita anche a voi?
Si illumina il palco e inizia il concerto, la fantasia inizia il viaggio in Freccia Bianca, con una frase di chitarra che ti si attacca al cervello e non puoi fare a meno di canticchiare per tutto il resto della sera, mimando l’air guitar con le dita. Le parole cantate dal suo leggero accento grossetano ti portano in volo tra illusione e fantasia, viaggi e personaggi, magia e mistero. Gli accordi di pianoforte battono sicuri accompagnati da basso e batteria, e all’improvviso irrompono le toniche distorte di chitarra, che introducono riff affilati, intrecci di Gibson, sonorità familiari al ventricolo vintage del cuore di me e di tutti. Con lui suonano Marco Ronconi alla batteria, Iacopo Nieri al piano, Giulio Grillo alle tastiere, Filippo Scandroglio alla chitarra, Tommaso Cardelli al basso.
Come per lo Ziggy Stardust di David Bowie, o il Rocketman di Elton John, il sogno continua a volare nello spazio sull’Astronave giradisco, con il cantante scintillante in abiti glam tra piume colorate, spalle esagerate, trucchi e smalti. “Lo smalto alle labbra e sulle dita il rossetto”, tutto è capovolto nel Glam Party di Lucio Corsi.
Lo show del toscano ripercorre tutti e tre gli album, insieme a qualche cover come 20th Century Boy – da almeno quattro anni i T-Rex sono presenza fissa in repertorio – e Dottor Jekyll e Mister Hyde – perché qualcosa di Ivan Graziani salta sempre fuori, persino una Monna Lisa accennata poco più tardi sul riff famoso dei Blues Brothers –. C’è spazio anche per del materiale inedito, tra cui la Francis Delacroix dedicata a un fotografo che compie imprese incredibili, pezzo ormai di culto tra chi lo segue spesso dal vivo (io sono tra questi), e che sarà il primo tra i nuovi brani a essere registrato.
Dopo La Lepre suonata alla chitarra acustica, e un intermezzo da solo al piano, torna dietro le quinte per una pausa e un cambio d’abito. Il ritorno sul palco insieme alla band è un affettuoso abbraccio alle persone che sono venute a partecipare a questa festa di fine tour: scende tra il pubblico a cantare e immergersi tra la gente che sogna attraverso le sue canzoni. La chiusura è con il bis del pezzo iniziale, Freccia Bianca, e sempre quel riff che continua a batterti in testa e a muoverti le dita.
I tecnici smontano, i baristi smontano, il cantante si concede alle chiacchiere e ai saluti dei fan. Io, dopo un ultimo saluto agli amici, ancora un salto nella dimensione parallela dell’iperspazio settimese, quella in cui avevo parcheggiato la macchina. Rotta di ritorno a casa, dall’altra parte di Torino. Autovelox come asteroidi da schivare. Alito amaro per qualche vodka lemon… “ta-ra-ta-ta-ra, space vibrations!“.