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Apolide Drops: respirare arte ad alta quota

Arte e sostenibilità sono alla base di Apolide Drops, format culturale di musica e circo, prodotto e organizzato da ToLocals in location inconsuete per esibizioni live, ma altamente suggestive. Un’iniziativa, questa, che in tre giornate avrebbe dovuto anticipare l’attesa XXII edizione di Apolide Festival ma che, purtroppo, è stata appena cancellata. Qui il racconto della seconda giornata, sulla cima del Pian delle Nere a Castelnuovo Nigra (TO), in cui prima il circense Giorgio Bertolotti e dopo i Santi Francesi si sono esibiti in un ambiente bucolico, dove sembra possibile respirare la pace


C’è un film di Werner Herzog in cui Klaus Kinski porta una nave in cima a una montagna così da far risuonare la lirica di Enrico Caruso per tutta l’Amazzonia. Questo perché un teatro non bastava più, e perché è importante che le cose belle risuonino nell’anima di più persone possibile. Ecco, non siamo a quel livello, ma anche le tre giornate, tutte sold out, di Apolide Drops – prodotte da ToLocals – sono state create con l’idea di portare la musica e l’arte lontane dai luoghi convenzionali, in un viaggio a contatto con la propria essenza. Noi abbiamo seguito la seconda giornata, quella di domenica 18 maggio, che ci ha portato a 1300 metri di altezza. Non eravamo in Amazzonia, ma in un luogo ugualmente magnifico e sicuramente meno pericoloso, sul Pian delle Nere, a Castelnuovo Nigra (TO). Ma andiamo con ordine.

Apolide Drops è un format culturale nato come spin-off/antipasto di Apolide Festival. L’idea è quella di valorizzare il Canavese con un’esibizione circense e un live musicale immersi in luoghi naturali e nelle loro infinite suggestioni, donando a chi vi partecipa un’esperienza di grande impatto, nel totale rispetto dell’ambiente.

Comincia tutto con un’escursione. Alle 10:30, un grande gruppo di persone di ogni età parte dalla locanda Palasot e viene condotto da delle guide specializzate attraverso un percorso di 5 km circa, in cui ogni tanto ci si ferma sia per ammirare l’immensa distesa di valli del Canavese da appositi punti panoramici, sia per ascoltare racconti di leggende popolari che donano alla natura circostante un sapore davvero evocativo. Ora, noi non siamo su Linea Verde e io non mi sento di saper raccontare adeguatamente questo tipo di esperienza; posso solo dire che sentire un po’ d’aria fresca sfiorarmi la pelle e il sole battermi sulla testa sono stati un magnifico antidoto alla confusione generale della vita. Una confusione che non potevo combattere se non nella maniera più sana possibile: trovandomi dove non prende internet e le uniche cose che potevo fare erano camminare, parlare con chi mi sta affianco, guardarmi attorno, respirare davvero. Sentire la fatica ed esserne soddisfatto.

In un paio d’ore si arriva in cima al Pian delle Nere. Sono quasi le 13:00. Percorriamo il tratto finale della strada. Ci circondano distese erbose. A destra si vede lo spazio in cui è stato allestito un palco/non palco molto semplice: tre sedie, una tastiera, un basso, una chitarra classica, due spie e due casse: lì avrebbero suonato gli artisti della giornata, i Santi Francesi – vincitori di X Factor 2022 e partecipanti di Sanremo 2024 –. Il duo composto da Alessandro De Santis e Mario Lorenzo Francese è di casa, essendo del Canavese. Già l’anno scorso avrebbero dovuto suonare ad Apolide Festival, salvo poi annullare tutto per una tempesta. Oggi il tempo è a nostro favore, nonostante qualche nuvola minacciosa che copre le punte delle montagne adiacenti a noi. A sinistra, invece, un’enorme distesa di narcisi selvaggi colora di bianco l’erba sulla quale pascola qualche mucca: un ottimo spot per girare una breve intervista con la band.

Si mangia. C’è chi si rifocilla allo stand allestito da Apolide e c’è chi ha il pranzo al sacco. La birra finisce in fretta. E allora ci si butta su un calice di vino. C’è qualche tavolo di legno, ma i più sono seduti e sdraiati sui propri teli adagiati sul prato. Alle 15:00, sono tutti pronti ad assistere all’esibizione di Giorgio Bertolotti, artista circense che ha portato il suo piccolo spettacolo Nessuno, in cui interpreta un homeless di ispirazione beckettiana: un clown barcollante e impacciato, la cui vecchia giacca è così grande e rigida da fargli da casa. Con essa ci interagisce, ci litiga, così come inizia a combattere con delle grosse scarpe trovate in un bidone dell’immondizia. In una mezz’oretta, il suo esperimento, che è ancora un work in progress, finisce, dopo aver strappato qualche risata e qualche applauso da un pubblico curioso e variegato.

Per le 16:00 circa tocca ai Santi Francesi. Insieme al duo – Alessandro al basso e alla voce, Mario alla tastiera e ai cori – c’è il chitarrista Domiziano Luisetti. I tre si esibiscono in un set acustico e intimo, che ben si sposa col romanticismo e l’eleganza poetica della band. La scaletta comprende i brani dell’ultimo EP, Potrebbe non avere senso, insieme ai due grandi successi di X Factor e Sanremo, rispettivamente Non è così male e L’amore in bocca. La voce ruvida e aggraziata di Alessandro risuona tra le montagne, mentre con la mano destra ingessata suona il basso producendo insieme ritmo e melodia, in simbiosi con la chitarra di Domiziano e le dolci note di Mario. I tre scherzano. Allungano di troppo il giro finale di Parole e crociate, e se la spassano come se fossero a provare in saletta. La gente percepisce la complicità e la band interagisce col suo pubblico tra un brano e l’altro. È un live intenso, ma al contempo rilassato. Si respira una bellissima atmosfera, immersi nel verde, al cospetto della vastità delle valli del Canavese, che si estendono a perdita d’occhio e per una mezz’oretta riconciliano col mondo.

Sì, perché purtroppo l’esibizione è durata solo una trentina di minuti circa. Avrebbe potuto durare di più? Sicuramente. È andato comunque bene? Assolutamente sì. E, tra una cosa e l’altra, per le 17:00 è tutto finito, come da programma. Di questa giornata di Apolide Drops resta addosso la sensazione di aver vissuto un’esperienza semplice ma potente. Una giornata che è stato un modo diverso di vivere lo spazio e l’arte; un modo per unire il suono naturale della vita col suono artificiale ma sensibile ed evocativo della musica. Un vero e proprio rito collettivo che, per qualche ora, ha risuonato nell’anima di buona parte dei presenti.

 

foto di Alessandro Aimonetto

Marco Nassisi

Per me scrivere di musica vuol dire trovare una scusa per ascoltarne tanta, scoprirne di nuova e fare un po' d'ordine nella testa.

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