L’EP d’esordio del giovane producer romano è una moltitudine di influenze che non perde di vista l’obiettivo primario: farci ballare come in un club fumoso e farci sognare come nell’istante in cui l’alba ci illumina, mentre percorriamo le strade vuote di una qualche città del Nord-Europa
Tra le tante cose che cerco in un artista emergente ce n’è una che, se presente, mi conquista subito: l’internazionalità. Il che non vuol dire venir meno alle proprie radici. Semplicemente, nutro un profondo affetto per chi fa musica e con essa ha intenzione di andare oltre, consapevole che il mondo non si limita ai propri confini. È vero che se il mercato è spietato già solo in Italia, figuriamoci a livello mondiale; ma scegliere di imbattersi in una strada del genere – con tutti i suoi rischi – è segno di coraggio e maturità.
D’altronde, Roden, al secolo Alessandro Di Maso, nonostante sia giovane – classe 1997 – e Alba sia il suo esordio, non è uno sprovveduto. Si percepisce la sua esperienza e si comprende come i 6 brani che compongono questo suo piccolo gioiellino siano il frutto di sperimentazioni su sperimentazioni volte a fornirgli gli strumenti per costruire il proprio sound e la propria identità. È uno che ha capito quando era il momento giusto per uscire allo scoperto.
Ma andiamo con ordine. Di cosa stiamo parlando?
Come anticipato, Alba è il debutto ufficiale di Roden, musicista elettronico nato a Roma. Si tratta di un album ricco di sfumature e influenze che abbracciano i grandi del genere. Dalle ritmiche drum & bass della frenetica traccia d’apertura Ossidiana al downtempo contemplativo della conclusiva Alba, l’artista abbraccia e fa suo il sound di maestri quali Caribou e Jamie xx, ispirato dalle atmosfere tipiche del clubbling, in particolare quello nord europeo. La malinconica ma movimentata Raua prende il nome da un quartiere di Tallin, in Estonia, dove Roden ha risieduto per un certo periodo, passando dal caotico calore romano al freddo clima dell’Estremo Nord.
Seppure avvolta da uno strato di nostalgia, in Alba c’è anche spazio per una parte di anima più pop, come nell’avvolgente Vaniglia, in collaborazione con la cantante Akhila, il cui testo in italiano è proprio quella capacità da parte di Roden di andare oltre i confini senza dimenticare chi si è e da dove si viene. Altra voce femminile presente nell’EP è quella di Valori, le cui vorticose melodie corrono sulla splendida Baby Blue, forse il brano più propriamente UK garage di tutti.
In generale, si tratta di un album che non viene meno allo scopo primario della musica per club, ovvero far ballare, liberandoci in atmosfere fumose, magnificamente offuscate, vitali, spensierate. Come Nala, che per certi aspetti può ricordare – insieme ad altre sfaccettature di altri brani – un Burial meno oscuro.
Tuttavia, ogni traccia presenta un’intima malinconia di fondo, più facile da scoprire a un secondo ascolto, quando la frenesia del primo impatto è passata. In particolare, la già citata title track Alba, che chiude l’EP, è un brano crepuscolare, più atmosferico, che segna una sorta di rinascita da parte dell’artista, come se Roden ci stesse dicendo che coi prossimi lavori il livello sarà ancora più alto. Per ora, noi ci godiamo ciò che le nostre orecchie possono ascoltare e ciò che i nostri corpi e le nostre anime possono sentire.