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Planet Opal, electrofestival popolare

Il duo bergamasco, vera e propria rivelazione dell’anno nella scena elettronica italiana, al Magazzino sul Po di Torino ha messo in mostra tutte le sue potenzialità, confermandosi pronto per palcoscenici e pubblici più grandi


A meno di un mese dalla sua conclusione, la scia della del ventitreesimo C2C Festival non accenna a fermarsi. Ancora nel loop della quattro giorni avant-pop, infatti, all’ombra dei grandi nomi nazionali e internazionali continuano a spuntare artisti che ambiscono con merito a solcare quei contesti. È questo il caso dei Planet Opal, protagonisti ieri sera al Magazzino sul Po di Torino: il duo bergamasco, vera e propria rivelazione dell’anno nella scena elettronica italiana, ha messo in mostra tutte le sue potenzialità, confermandosi pronto per esibirsi su palcoscenici più grandi e importanti.

Prima di addentrarci nei meandri della serata dei Murazzi, però, è opportuno fare un po’ di storia. I Planet Opal, composti da Giorgio Assi (produzione, sintetizzatori e voce) e Leonardo De Franceschi (batteria e percussioni), sono nati – come raccontato da loro stessi – nel 2018 durante un viaggio in Corsica, «emergendo dalle profondità del sottosuolo». Nel corso di questi sette anni hanno pubblicato tre EP, svariati singoli e due album (più un remix): Cartalavonu (2021) e Recreate Patterns, Release Energy (2025), usciti entrambi per l’etichetta Dischi Sotterranei, punto di riferimento della scena indipendente nostrana (due nomi a caso: Coca Puma e Post Nebbia).

Alla prolificità in studio, i Planet Opal hanno affiancato anche un’intensa attività live, che li ha portati in brevissimo tempo a essere inseriti sia nelle lineup di rassegne italiane storiche come MI AMI, Sherwood, Goa Boa, Villa Ada, Apolide e Woodoo, sia in concerti all’estero e più precisamente a Lubiana, Novi Sad, Zagabria, Rennes, Bruxelles e addirittura New York. In molti casi affiancando o aprendo artisti di fama nazionale e mondiale come Calibro 35, Cosmo, Yin Yin, Pendulum e l’ex bassista di Joy Division e New Order Peter Hook.

Tornando alla serata di venerdì al Magazzino Sul Po, per riassumerla potremmo benissimo utilizzare il titolo dell’ultimo album Recreate Patterns, Release Energy: già, perché grazie alla loro musica i Planet Opal sono riusciti benissimo nell’intento di ricreare trame sonore sinuose e attraenti, rilasciando nell’aria energia pura. Tutto questo grazie alla base ritmica impostata da De Franceschi, fatta di colpi di batteria costanti e ossessivi accompagnati da headbanging memorabili, su cui sono stati liberi di muoversi i virtuosismi elettronici e la voce spesso modulata dal vocoder di Assi, protagonista anche a livello estetico con una strumentazione decisamente scenica tra led rossi e cavi sparsi.

L’esperienza accumulata in questa prima parte di carriera, tanta roba per una band emergente, sullo storico palco dei Murazzi si è vista tutta: principalmente attraverso una grande qualità di esecuzione e a una notevole pulizia del suono, ma anche da una grande capacità di coinvolgere il pubblico presente, quasi rapito nel muoversi all’unisono e senza soluzione di continuità con i due musicisti sul palco. Un connubio che, quando De Franceschi ha temporaneamente abbandonato la batteria per unirsi ad Assi

nell’elettronica, ha spostato l’atmosfera verso quella di un club, abbattendo letteralmente qualsiasi barriera tra band e spettatori.

La performance dei Planet Opal al Magazzino sul Po, in definitiva, ha confermato l’abilità del duo nel rimescolare le carte dei generi di riferimento, dance punk e post disco su tutti, per proiettarli in una dimensione che allarga gli orizzonti dell’elettronica abbracciando il popolare. Una dimensione che si trova perfettamente a suo agio nella sua versione da concerto, ma che potrebbe benissimo trovare spazio anche a notte inoltrata, quando la febbre da dancefloor sale inesorabilmente. Una dimensione adatta ai festival, ed è forse questo il pianeta ideale su cui gli Opal puntano a sbarcare. Un electrofestival popolare.

 

foto di Luca Morlino

Marco Berton

Giornalista non convenzionale: scrivo di diversity per lavoro e di musica per passione. Ossessionato da camicie e maglioni hipster, credo che la normalità non esista e che un altro mondo sia possibile.

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