La mostra Vaginal Davis: Magnificent Product, in corso al MoMA PS1 di New York, ripercorre le cinque decadi di arte e sovversione di Vaginal «Creme» Davis, icona queer underground e pioniera del movimento queercore
Sono seduta sulla linea 7 che da Times Square porta nel Queens. È un elevated train, di quelli che non corrono sottoterra ma all’esterno, in mezzo agli edifici. Mi sono sempre piaciuti, gli elevated train, mi sembrano serpenti che strisciano in mezzo a canyon di cemento, per riprendere l’immagine che usò Sylvia Plath ne La campana di vetro per descrivere l’arrivo di Esther Greenwood a New York.
Vaginal Davis – di cui conosciamo solo il nome d’arte – è nata con caratteri che sfuggono al tipico binarismo sessuale maschio/femmina. In una società che vede il corpo in termini strettamente binari e in risposta a un sistema sanitario che riflette tale visione sociale, la madre di Davis, femminista e rivoluzionaria, rifiutò categoricamente la proposta dei medici di adeguare i genitali dell* neonat* ai canoni del binarismo. Nonostante i medici le avessero assegnato autoritativamente il sesso maschile, Davis fu cresciuta e socializzata dalla madre come donna assieme alle quattro sorelle in quella che Davis stessa ha definito con affetto «una congrega di streghe wiccan». Se nel nome Vaginal troviamo, quindi, questo tipo di vissuto, è in Davis che l’artista condensa invece l’omaggio alla sua afrodiscendenza e all’attivista delle Pantere Nere Angela Davis, con l’obiettivo di contrastare anche un certo machismo diffuso all’interno dei movimenti politici black. L’artista in questo modo ha voluto creare uno pseudonimo che abbracciasse efficacemente istanze queer, razzializzazione e marginalità rifiutando gli stereotipi delle drag nere che sceglievano di imitare dive famose alla Diana Ross come passepartout per esibirsi nei locali drag in città. Vaginal Davis ha costruito la sua identità di performer ispirandosi alle donne che hanno portato avanti la militanza politica nera.
Artista drag, regista, perfomer e musicista, Vaginal Davis, si è sempre collocata ai margini sia della scena punk sia di quella gay, creando un proprio linguaggio per la sua arte. Con il suo stile provocatorio e di difficile inquadramento, Davis ha contribuito a dare un indirizzo fondamentale al movimento homocore, ben presto trasformatosi in queercore. In un’interessante intervista, Davis ha richiamato l’attenzione sul fatto che la parola queer si sia svuotata nel tempo del suo significato sovversivo e venga oggi utilizzata come termine ombrello depurato da ogni carica rivoluzionaria. Per questo motivo è importante tornare alle origini politiche e sociali di una parola nata all’interno dei movimenti ancora prima di approdare in accademia: queer nasce in forte contrapposizione all’omonormatività in cui il movimento omosessuale era scivolato negli anni ’80; queer è antisessista, anticapitalista, antirazzista, antiabilista; queer è strano, disadattato; queer è la mina vagante che sfugge alla mannaia della normalizzazione.
Davis si fece conoscere inizialmente all’interno delle comunità queer e punk di Los Angeles negli anni ‘80 attraverso la sua zine Fertile La Toyah Jackson Magazine (1982-91), che fotocopiava di nascosto sul posto di lavoro diurno alla UCLA. Le pubblicazioni di Davis diedero un’impronta fondamentale alla sottocultura delle zine femministe e queer che stava rapidamente crescendo: non a caso, infatti, il nome di Davis è menzionato nel lungo elenco di Hot Topic de Le Tigre, al cui interno troviamo nomi fondamentali della cultura queer underground come David Wojnarowicz o del cinema no wave e sex positive come Vivienne Dick. Come dichiarato dalla stessa Davis, «with my writing in queer zines and independent publications I acted as if the queercore movement was this huge vibrant scene when in actuality it was quite small, but in pretending to be a larger movement it actually activated its growth internationally».
La sua carriera come musicista e performer la vede invece inizialmente con le Afro Sisters, collettivo art-punk che metteva in scena performance ispirate al comunismo e alla ribellione contro la supremazia bianca.

Il loro ormai leggendario spettacolo We’re Taking Over vedeva il gruppo autoproclamarsi come il Sexualese Liberation Front, fronte di liberazione sessuale che mirava a rovesciare i dirigenti bianchi del potere politico aggredendoli simbolicamente con giganteschi falli neri.
Dopo la parentesi con le Afro Sisters, Davis ha creato altri personaggi all’interno di diverse conceptual band, tra cui Graciela Grejalva, una giovane cantante teenager di origine sudamericana nel gruppo ¡Cholita! The Female Menudo, oppure il suprematista bianco Clarence nel gruppo speed metal Pedro, Muriel & Esther e Rayvn Cymone McFarlane nella band Black Fag. Sui palchi dei nightclub o nei locali punk della città, Davis portava e porta in giro la sua personale biomitografia, termine coniato da Audre Lorde per parlare del suo libro Zami, con cui indica uno stile narrativo che travalica i confini dell’autobiografia, diventando strumento per articolare una storia collettiva di marginalizzazione attraverso il filtro del mito e di una storia personale.
In questo modo Vaginal Davis divenne uno dei punti di riferimento della scena queercore di Los Angeles, sfidando il pregiudizio bianco eterosessuale del movimento punk e rifiutando allo stesso tempo l’omonormatività del movimento omosessuale. Nel mezzo dell’epidemia di HIV/AIDS, Davis riuscì a creare uno spazio per riformulare il discorso queer e punk in termini anti-normativi e anti-capitalisti. Il teorico cubano José Esteban Muñoz il primo a utilizzare il termine terrorist drag per descrivere il lavoro di Davis, in particolare il modo in cui l’artista metteva in discussione, anziché nascondere, la propria alterità culturale, portando in scena le paure di un intero Paese su questioni come etnia, genere e sessualità e facendo un uso feroce della caricatura e della provocazione. Come disse Davis stessa, «I don’t fit into mainstream society, but I also don’t really fit into “alternative culture”, either. I was always too gay for the punks and too punk for the gays. I am a societal threat».

