Dopo diversi anni di silenzio discografico come band, i fratelli Dewaele ripartono con All Systems Are Lying, un album che sfrutta all’ennesima potenza la commistione tra elementi digitali e analogici per criticare ferocemente la società contemporanea e i suoi centri di potere
In una settimana ricchissima – almeno dal punto di vista numerico – di uscite musicali, a spiccare c’è anche il ritorno come band dei Soulwax: i veterani belgi del rock elettronico, maestri della contaminazione e della sperimentazione, hanno dato finalmente alla luce l’attesissimo All Systems Are Lying dopo sette anni di silenzio discografico.
L’album, uscito per l’etichetta di famiglia Deewee con distribuzione Because Music, è stato descritto dagli stessi fratelli Dewaele come essenzialmente rock, ma senza chitarre elettriche. E non possiamo che dare loro ragione, visto che stiamo parlando di un lavoro in grado di rivolgersi al più ampio e sfaccettato pubblico del genere facendosi capire benissimo grazie a intenzioni chiare fin dal principio. Tutto questo utilizzando gli strumenti del mestiere tanto cari al duo come sintetizzatori modulari e altri aggeggi elettronici, ma anche la voce di Laima Leyton (artista multidisciplinare di origine brasiliana) e le tre batterie suonate da Iggor Cavalera (ex Sepultura), Aurora Bennett e Blake Davies (Turbowolf).
In base a queste premesse, All Systems Are Lying non si presenta come un’opera autoreferenziale, bensì come un tentativo credibile di sedurre platee diverse per età e preferenze musicali. Spaziando tra registri pop, electro, dance, afro, funk, indie rock e post punk, sempre accompagnati dalla consueta maestria nel mescolare elementi acustici e suoni sintetici, i Soulwax riescono a farci riflettere e scatenare allo stesso tempo; in questo saliscendi di sensazioni, proprio per le ragioni appena descritte, il disco si presta benissimo sia a essere suonato dal vivo sia a essere ballato nei club. Un genere ibrido che potremmo quasi etichettare come avant pop, visto che siamo in tempo di C2C.
Per quanto riguarda le tematiche trattate, il disco rientra – e il titolo lo dimostra concretamente – nella categoria critica feroce alla società digitale contemporanea, percorso già seguito nel 2025 da altri artisti e artiste come Marie Davidson in City of Clowns (prodotto proprio dai Dewaele) e Osees in Abomination Revealed at Last; nulla di nuovo all’orizzonte, dunque, ma visti i tempi duri è quanto mai doveroso resistere e opporsi anche dal punto di vista artistico. I Soulwax, però, lo fanno in modo originale grazie a un ossimoro a metà: contrastare il digitale con il binomio digitale/analogico, che in questo caso si erge ad arma contro il controllo sociale imposto da algoritmi, macchine e altre forme di potere, senza dimenticare potenziali vie di fuga come l’amore o la musica.
L’album si apre con Pills and People Gone, in cui il titolo viene ripetuto ossessivamente da voci modulate accompagnate da altrettanto ripetitivi accordi di piano per ricordare un’altra forma di controllo subdola e devastante: quella sanitaria, legata in particolare alla salute mentale. Si prosegue in crescendo con il primo atto liberatorio: Run Free («I wanna run free / With the Music / It’s a beautiful mistake / Try not to lose it»). Dopo l’intermezzo in salsa afro con le percussioni tribali di Meanwhile On The Continent, si ritorna su suoni acidi con New Earth Time e – soprattutto – con la title track All Systems Are Lying, singolo-manifesto da ballare e urlare sul dancefloor.
Le successive Gimme A Reason («If you can’t break the rules / Just walk away / The only winning move is not to play»), Constant Happiness Machine («There has to be another way to say I love you / We’ve got to find a more efficient way / Constant happiness machine»), Polaris («Place your hand on the screen / Stay in time constantly») e The False Economy («To your blackmail of likes / I ignore them / Your creator playlist / I always hated what you like») aprono invece la parte politicamente più incisiva dell’album, virando su atmosfere pop per attaccare la pornografia emotiva ed economica propinata dai risvolti oscuri dei social network.
Un nuovo cambio di ritmo e atmosfera si riscontra tra le tracce 11 e 12, che spostano le orecchie del pubblico verso frequenze indie rock con sfumature post punk: Idiots in Love («All the borders will fall / Are you in or are you out?») e Hot Like Sahara («I wanna have fun / Sunrise to dawn / Right amount of wrong / Dance to the sand someplace else / Until the world goes down») alzano i battiti sonori e cardiaci decantando l’amore più carnale come possibile stupefacente per estraniarsi dalla realtà distopica che stiamo vivendo. Andando verso la chiusura, l’album si avvicina a sonorità più rarefatte con i synth ipnotici di Engeneered Fantasy, analisi spietata sulla perdita di immaginazione («All of the people here stand in line / Someone left their mind behind»), e l’epilogo piano e voce di Distant Symphony.
Nonostante una carriera ormai trentennale, i Soulwax si confermano come uno dei progetti musicali più moderni, sia per la capacità di rinnovarsi sfruttando al massimo i propri punti di forza, sia per la semplicità nell’approcciarsi alle tematiche attuali. Chi ha apprezzato i precedenti lavori della band, in All Systems Are Lying troverà elementi familiari, ma anche nuove direzioni che lo rendono distintivo, mentre chi ama spaziare apprezzerà canzoni che non restano solo sulla pista da ballo ma che richiedono ascolto, meditazione e partecipazione.
Questa riflessione potente sul nostro presente iperconnesso, inoltre, è un invito a riscoprire il corpo, l’emozione e la verità dietro il rumore. Sette anni di silenzio, dunque, non sono stati un vuoto: sono serviti ai fratelli Dewaele per riassemblare il proprio linguaggio e ricordarci, con maturità ed esperienza, che la ribellione può ancora avere un suono.

