Due giorni di musica, comunità e resistenza: il Venezia Hardcore Fest al Centro Sociale Rivolta di Mestre è molto più di un festival. Tra pogo sfrenato, interviste alle band e pizze memorabili, un’esperienza intensa che unisce passione, rabbia e amore per la scena hardcore
Partecipare al Venezia Hardcore Fest non è solo assistere a un evento musicale, è immergersi in una comunità per vivere due giorni intensi di musica, condivisione e resistenza. Il 16 e 17 maggio, io e Cecilia Maiolino che ha seguito il festival con foto e video, siamo state al Centro Sociale Rivolta di Mestre, dove si è tenuta questa edizione esplosiva del festival.
Siamo partite da Roma all’alba alla volta di Mestre e, dopo un power nap necessario, ci siamo subito dirette al Rivolta. Ad accoglierci due tra gli organizzatori, Vanny Piccoli e Chiara Franchi, che ci hanno aperto le porte di questo enorme e perfettamente organizzato spazio sociale. Due palchi, l’Open Space (il più grande) e il Nite (più raccolto), si alternavano nei set delle trenta band in programma, con una puntualità impressionante. Ogni gruppo ha rispettato l’orario previsto, un’impresa non da poco per un festival di questa portata.
Il Rivolta è molto più che una semplice centro sociale. Oltre ai palchi, ospita un’area dedicata al merchandising delle band, ma anche a espositori indipendenti di libri, dischi, abbigliamento e persino videogiochi assurdi come Botte e Bamba, dove puoi far combattere personaggi del mondo dello spettacolo in stile Mortal Kombat. Ai due estremi della struttura troviamo un’area ristoro e una grande rampa da skate, mentre all’esterno c’è l’Osteria, con bancone e forno a legna. Lì abbiamo mangiato entrambe le sere, sedotte dall’odore irresistibile della pizza, ottima e a prezzi bassissimi, e dal fascino del cassiere “ostile”, in realtà dolcissimo.
All’interno c’erano anche un’area backstage e una zona interviste gestita da Recout, dove abbiamo avuto il privilegio di parlare con sei band: La Quiete, Talpa, Disco Mostro, Confine, Klasse Kriminale e Hate & Merda. Il primo giorno il festival è iniziato alle 19, il secondo già alle 15, per una full immersion continua. Il pubblico arrivava da tutta Italia ma anche da Germania, Spagna, USA. C’erano giovani, adulti, famiglie con bambini: il Venezia Hardcore è ormai una tappa fissa, una tradizione annuale.
Sotto ogni palco il pogo era feroce, a tratti pericoloso, ma tremendamente necessario. È lo sfogo collettivo di chi ogni giorno deve tenere tutto dentro. Al Venezia Fest puoi lasciarti andare, sei legittimato a farlo. L’atmosfera è quella di una grande famiglia, una comunità unita dalla passione per la musica, per l’attitudine hardcore e dal bisogno di sentirsi al sicuro. Perché è questo il vero cuore del festival: il senso di casa che ti regala, la sicurezza di essere tra pari.
Dietro tutto questo c’è Samall Ali, il cuore e il cervello dell’ iniziativa, che da oltre dieci anni, con un esercito di 50 persone, riesce a creare qualcosa di veramente speciale. Quest’anno, però, c’era anche un dolore condiviso: la memoria di Giacomo Gabbato, conosciuto come Jack, ucciso da una coltellata mentre cercava di difendere una ragazza aggredita. Murales in sua memoria colorano le pareti del Rivolta, perché il festival è anche per lui e per tutte le persone che scelgono di non restare indifferenti.
In un periodo storico in cui la repressione è forte e la libertà sotto attacco, spazi come il Venezia Hardcore sono più necessari che mai. È importante sostenerli, viverli, proteggerli. Perché non è solo un evento, è resistenza, terapia, comunità.
Ringraziamo di cuore tutto lo staff che ci ha accolte come a casa, Matteo e Gianluca che ci hanno ospitate e coccolate, permettendoci di ricaricare le energie tra una giornata e l’altra. Come ci hanno detto in molti durante le interviste, il Venezia Hardcore è amicizia, sfogo, rabbia, ma soprattutto amore: per la musica, per le persone, per la causa.