Belgrado, la capitale della Serbia, è culla degli spazi autogestiti; tra arte visiva, graffiti, concerti e militanza politica, pare che l’attitudine punk i belgradesi ce l’abbiano inscritta nel codice genetico. Tra i vari nemici dell’arte libera, però, un nuovo mostro pantagruelico si erge, pronto a demolire il panorama con i suoi enormi zoccoli capitalisti: la gentrificazione
Il panorama di Belgrado è un alternarsi di magnifici edifici storici (una commistione tra Art Nouveau ungherese, Neoclassicismo balcanico e sfarzose chiese ortodosse), costruzioni brutaliste mezze distrutte, centri commerciali, hotel di lusso ipermoderni e cantieri perpetui; non serve nemmeno allontanarsi dal centro per incontrare palazzi abbandonati e fabbriche fallite devote all’erosione. Non sorprende, quindi, che in questi luoghi sfitti siano fioriti diversi spazi culturali i quali, per mano di collettivi di artisti, offrono una pluralità di eventi e attività quasi ogni giorno della settimana, anche in un afoso agosto morente.
Dal Novi bioskop Zvezda, uno dei cinema più antichi del mondo occupato da studentesse e studenti universitari, operatrici e operatori del cinema dopo la vendita a un impresario russo, in cui si tengono proiezioni di film ogni sera (a seguito di un lungo processo la città ha riconosciuto l’importanza storica del palazzo, concedendogli di proseguire l’attività legalmente); al Kc Grad, un centro culturale in cui tra tattoo market, residenze d’artista e musica – come l’affollatissimo concerto del 18 agosto delle band alt/emo/post hardcore Afotička Zona, Daze, e Ubili su Batlera – ogni sera è buona per passare a bersi una birra a 300 dinari. Ma due spazi in particolare si sono scavati, come una larva migrans cutanea (quel parassita che dall’intestino di alcuni animali trasmigra nell’epidermide degli esseri umani), un posto speciale nella mia pelle: l’AKAB Okretnica e lo Jugošped.
I due spazi hanno poco da spartirsi: le due rispettive collettive quasi mai si incrociano.
L’Okretnica è, di fatto, l’unico centro autogestito anarchico di Belgrado (una compagna mi ha infatti raccontato di come sia complesso creare una rete organica con altri collettivi della città, siccome la maggior parte di loro non sono particolarmente interessati alle azioni politiche, mentre coloro che si schierano sono succubi di così tanti problemi interni da non riuscire a stringersi in un fronte compatto e coeso). Oltre ai numerosi concerti punk (che purtroppo in agosto erano in pausa sudore), lo spazio si adopera per creare autoproduzioni e pamphlet in serbo e in inglese – il più strutturato è Antipolitika – anarchist journal from the balkans, un giornale mensile che raccoglie interventi da tutte le organizzazione anarchiche dei Balcani –, combattere il nazionalismo serbo che imperversa in egual misura a destra e sinistra e organizzare talk, come quello di giovedì 29 agosto: il collettivo abc38 ha portato le testimonianze delle compagne e dei compagni anarchici russi rinchiusi nei campi di prigionia, mentre il collettivo lapeste ha raccontato della repressione delle anarchiche e anarchici cileni, in particolare attraverso il documentario sulle misure di isolamento feroci a cui è condannato l’anarcobomber Francisco Solara (situazione piuttosto rassomigliante a quella del 41-bis del nostro Alfredo Cospito).
L’Okretnica risiede in un piccolo palazzo a due piani sotto un ponte – grazie a un accordo col proprietario dell’edificio, a cui pagano un affitto pressoché simbolico, poiché diversamente l’immobile sarebbe rimasto abbandonato – e, in una comicità surrealista degna della letteratura scandinava, confina con una kafana (tipica trattoria con musica tradizionale dal vivo) frequentata dagli sbirri: gli scontri, in ogni caso, avvengono solo attraverso i rispettivi volumi della musica.
Lo Jugošped, invece, è sostanzialmente depoliticizzato. In origine un’enorme fabbrica abbandonata in cui, oltre ai concerti, si trovavano atelier d’artista, sale prove e di registrazione, laboratori di circo. Qualche anno prima del Covid sono stati costretti a spostarsi, a causa della costruzione adiacente di un hotel di lusso. Dopo varie trattative, vista la rilevanza del progetto Jugošped, le artiste e gli artisti sono riuscite a farsi assegnare in concessione temporanea dalla città un altro palazzo, poco distante, sede di un’azienda di import-export fallita.
Il 31 agosto si è tenuto quello che probabilmente è stato l’ultimo concerto dello Jugošped. Alla serata hanno suonato i Grizete – una band garage rock di Novi Sad – e gli ИБАR (Ibar), complesso psy/prog rock di Belgrado con contaminazioni dalla musica popolare serba.
Questi due spazi, tristemente, sono entrambi prossimi alla chiusura. L’AKAB Okretnica, i compagni e compagne dovranno lasciarlo entro novembre 2024, poiché il ponte che sfila sopra l’edificio è stato considerato dalla città pericolante e, sfruttando l’occasione, demoliranno tutto il circondario per costruire un centro commerciale, o qualche altro mega palazzone gentrificato. Per quanto riguarda lo Jugošped, sempre a fine agosto si è tenuto il grande rave di chiusura. Le artiste e gli artisti erano coscienti fin dall’inizio che il loro tempo sarebbe stato limitato: in quella zona, sede di un centro espositivo, era in programma già da anni lo smantellamento del centro polifunzionale e dei palazzi adiacenti, per espandere il Belgrade Waterfront, un complesso di uffici e appartamenti residenziali.
Insomma, come raccontano spesso i locali, a Belgrado c’è un grosso problema e si chiama gentrificazione: Vučić – il presidente serbo – ha dichiarato di voler trasformare Belgrado in una «grande metropoli moderna»; per elevare la città ai cosiddetti standard europei e incrementare il turismo. L’amministrazione sta tirando giù tutto, senza fare troppa differenza tra fabbriconi abbandonati – magari dallo scarso valore architettonico ma fulcri dell’arte underground – e palazzi e monumenti dall’incontestabile patrimonio artistico.
Le due collettive, però, non mollano e stanno già pianificando di occupare altri spazi; che la città lo voglia o no. Quindi, se passate da Belgrado, il suggerimento è di non farvi intortare dalle guide turistiche, che vi incoraggeranno a visitare qualche piazza, qualche chiesa, le vie dello shopping e Cetinjska – parking lot che racchiude una pluralità di localini che ormai di underground hanno solo un’estetica patinata –, ma di parlare con la gente del posto e farvi indirizzare verso i veri fulcri dell’arte DIY resistente.