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Tananai al Flowers Festival: maturo sì, tranquillo mai

Anche Tananai quest’estate l’esame di maturità l’ha superato. Tornato dopo tre anni sui palchi della provincia torinese, al Flowers Festival mostra la sua crescita artistica, saltellando dalle sue hit più danzerecce come Baby Goddamn a pezzi sentimentali come Tango, girando il cappellino al contrario all’occorrenza perché maturi sì, tranquilli mai


Arriva sul palco con i jeans, una polo e un «Raga com’è ?» che inevitabilmente riportano ai mesi estivi degli adolescenti italiani di provincia la cui vita, fino ai diciotto anni, orbita intorno al proprio motorino. E infatti Alberto Cotta Ramusino, in arte Tananai, non poteva che cominciare con Booster il suo live al Flowers Festival di Collegno. 

Quello del cantante con la provincia di Torino è un rapporto tutt’altro che superficiale, considerando che l’hinterland torinese questo ragazzo l’ha visto crescere. Dopo Sanremo 2022, infatti, quella del Teatro della Concordia di Venaria era stata la prima tappa del suo tour sull’onda della popolarità sanremese. Prima data, primo sold out, primo reggiseno lanciato sul palco. Oltre all’EP Piccoli Boati e ai singoli usciti da poco, ma che avevano scalato rapidamente le classifiche degli ascolti come Baby Goddamn e Sesso Occasionale, la discografia di Tananai all’epoca era abbastanza scarna. Fatto questo che non gli aveva impedito di fare lo showman, nonostante qualche nota stonata. 

Ecco perché rivederlo tre anni dopo sul palco del Flowers Festival regala una soddisfazione del tutto simile a quella che si prova nel passare dal motorino alla macchina, compiuta la maggiore età. «Ho tante canzoni da cantare, stavolta ne ho tante, sono gasato, ciao», dice Tananai prima di Veleno, uno dei brani dell’ultimo album CalmoCobra. E infatti, stavolta le stonature scompaiono, la scaletta si allunga nonostante già partisse da 10k scale – brano del primo EP – e alle spalle della band i visual, ispirati in molti casi al Giappone, contribuiscono a dare l’idea di uno spettacolo maturo. Unica vera involuzione, probabilmente, l’arrivo sul palco di uno squalo di peluche al posto dei reggiseni. 

Tananai, pur maturando artisticamente, rimane però sempre lo stesso. Rende giustizia all’appellativo in dialetto che ne definisce il nome e salta da una parte all’altra del palco, ballando e dimenando l’asta del microfono come fosse una mazza da baseball. Scende in platea sparendo alla vista del pubblico delle retrovie che però ne può intuire gli spostamenti, seguendo la provenienza delle grida emozionate delle ragazze nelle prime file. 

Si passa da pezzi con una vena più punk-rock come Punk love storia, sui quali soprattutto Donald Renda alla batteria e Daniel Bestonzo alle tastiere possono dare il proprio contributo, a brani come 10k scale suonati in acustico da Lucio Enrico Fasino al basso e Riccardo Onori e Enrico Wolfgang Leonardo Cavion alle chitarre, definiti dal cantante «Persone discutibili, ma grandi musicisti».

L’artista si destreggia bene tra brani del suo primo disco Rave, eclissi e quelli dell’ultimo CalmoCobra, senza rinunciare né al suo lato da bravo ragazzo, introducendo Nessun Confine come «la canzone più romantica che abbia scritto», né al suo lato da mascalzone latino. Sul finale infatti cambia outfit e, con addosso una maglia del merchandising ufficiale e un cappellino girato con la visiera all’indietro, si appende alle impalcature mentre canta Maleducazione.

E il pubblico di Tananai in un certo senso lo rispecchia. La gente passa divertita dal ballare i pezzi più pop, come Esagerata, al cantare a squarciagola i brani più romantici come Tango, con interpretazioni degne di uno sceneggiato Rai in prima serata.  

A concerto finito, non resta altro che salutare il vostro amico delle scuole superiori, che ormai l’esame di maturità l’ha superato, e aspettare di vedere cosa farà della sua vita, con la consapevolezza che probabilmente i suoi anni migliori devono ancora arrivare. Anche perchè, alla fine, se si è in grado di festeggiare per un’ultima posizione a Sanremo, tutto il percorso fino alla cima non può che essere una festa esagerata.

 

foto di Antonio Pio Roseti

Giulia Beghini

Non sono un'ingegnera, non sono una giornalista. Sono un po' come Balto che so soltanto quello che non sono, ma almeno non abbaio. Il mio rapporto con la musica è da credente non praticante: non sono capace di suonare niente, ma credo valga la pena ascoltare di tutto.

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