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Stupirsi a oltranza, il credo da gringo dei Selton

Occhiali futuristici che esaltano il loro sguardo da gringo, uno sguardo straniero sempre pronto a stupirsi. Si presentano così i Selton, trio originario di Porto Alegre ma adottato da Milano, a Oltranza Festival per il loro tour di Gringo Vol 1. Lo spettacolo è musicalmente maturo, decisamente coinvolgente e descritto dai brasiliani presenti come «Foda pra caralho»: una figata pazzesca


Si presentano così i Selton, salendo sul palco con degli occhiali futuristici, montature bianche e una lente che è una fessura stretta e lunga, probabilmente la più adatta per il loro sguardo da gringo: uno sguardo straniero pronto a stupirsi e sensibile verso ciò che vede. 

Sicuramente il tipo di sguardo più adatto con cui guardare all’Oltranza Festival, giunto quest’anno alla sua terza edizione. Il progetto infatti, guidato da Indiependence e Soundset, promuove l’accessibilità agli spazi e ai contenuti della cultura, grazie alla traduzione simultanea in LIS di tutta la serata. 

A dare il via al festival ci pensano gli Spaghetti Spezzati, un progetto musicale che si muove tra i generi pop, post punk e disco-music, che fanno da sfondo a testi romantici ma un po’ disillusi in cui non mancano i momenti di rottura. Il gruppo ha esordito presentandosi con Una lettera di cazzi miei, per poi passare al brano Siamo Pari, una ballad che è un mix tra l’indie pop e il synth anni ’80, grazie alla quale si sono aggiudicati la vittoria della seconda edizione del Contest LISten to me, che li ha portati sul palco di Oltranza Festival. Gli Spaghetti Spezzati si sono avviati poi alla chiusura con l’invito a smetterla di ascoltare le canzoni d’amore, che «sono solo puttanate che ti fan sentire meglio», contenuto in Cinici, brano dello scorso anno della band. 

Un invito non colto da Pietro Morello, musicista che ha fatto dell’impegno sociale la sua vita come è ben noto alla sua community di 3.7 milioni di followers su Tik Tok, che per prima cosa si accomoda al pianoforte e inizia a suonare Nuvole Bianche di Ludovico Einaudi. Utilizzando la musica come linguaggio universale, Morello coinvolge il pubblico nel tentativo di far ampliare lo sguardo a possibilità di inclusione raramente contemplate, come quelle fornite dal Subpac. La tecnologia, utilizzata di recente dai Coldplay, consiste in uno zainetto in grado di trasferire la risposta alle basse frequenze della musica direttamente al corpo dell’ascoltatore, diventando in un certo senso un supplente del timpano.

Questa percezione in 4K della musica dà tutto un altro effetto al sound portato sul palco dai Selton, che recuperano in pieno le influenze della loro provenienza brasiliana, unendole in modo magistrale a una padronanza ironica del linguaggio che rende faticoso considerarli stranieri, o gringos, come direbbero loro. 

Ramiro Levi, Daniel Plentz ed Eduardo Stein Dechtiar sono infatti originari di Porto Alegre, ma si sono conosciuti a Barcellona suonando per strada canzoni dei Beatles. Adesso vivono a Milano, ma hanno registrato l’ultimo album a Londra nello Studio 13 di Damon Albarn, il frontman dei Blur e dei Gorillaz, con un passaggio sul pianoforte degli Abbey Road Studios con cui è stata registrata Penny Lane. Un mix di luoghi ed esperienze che si ritrovano nel miscuglio di lingue utilizzato nei testi del gruppo. Per l’occasione, ad accompagnare i Selton ci sono anche Daniela Mornati, tastierista e cantante, e Giulia Formica, batterista.

A dimostrazione del fatto che quando si è pronti a stupirsi si è poi anche in grado di stupire, è decisamente d’effetto l’apertura con Sangue Latino, brano in cui compare un monumento della musica brasiliana come Ney Matogrosso, introdotto da un assolo eseguito su un’unica batteria suonata a specchio da Giulia Formica e Daniel Plentz

Il gruppo continua poi alternando pezzi dell’ultimo album, come Calma cara e Fatal – brano che parla del milanesissimo logorio della vita moderna immerso in un sound decisamente tropicale –, a classici dei loro dischi precedenti come Luna in riviera e Sampleando Devendra. Non mancano le dediche ai classici della musica italiana che hanno condiviso la stessa fortuna in Brasile, come Estate, brano degli anni 60 diventato uno standard del jazz internazionale. 

Ai Selton piace giocare con il ritmo, oltre che con le lingue, come dimostrato in Mezzo e mezzo, mezza in italiano mezza no, mezza in tre quarti e mezza no, e con quel sottile confine che c’è tra tristezza e felicità. Ne è un emblematico esempio anche Caffè pra dois, in cui il ritmo scanzonato si scontra con il momento delle relazioni in cui finisce il sesso, ci si iniziano a fare delle domande e si arriva alla conclusione che «Eu nasci pra ser o teu ex», ovvero «sono nato per essere il tuo ex», come confermano i numerosi brasiliani presenti tra il pubblico. 

Insieme a Loucura, brano del nuovo album Gringo Vol.1 in featuring con Marco Castello, i Selton hanno chiuso la serata con gli immancabili grandi classici del loro repertorio . Da Cuoricinici, per la quale una marea di palloncini rosa lanciati in aria dagli spettatori ha fatto da poetico sfondo al sonoro “vaffanculo” del ritornello, a Voglia di infinito, Piccola sbronza e la geniale Pasolini, in duplice copia per non uscire dal seminato dei testi imparati dalla traduttrice LIS al momento del bis.

In attesa del Vol. 2, Gringo Vol. 1 è uno spettacolo musicalmente maturo e decisamente coinvolgente, descritto dai brasiliani presenti senza mezzi termini come «Foda pra caralho»; per chi ha il sangue non così latino: una figata pazzesca. Insomma, vale la pena fare i gringos e lasciarsi sorprendere.

 

foto di Natalia Menotti

Giulia Beghini

Non sono un'ingegnera, non sono una giornalista. Sono un po' come Balto che so soltanto quello che non sono, ma almeno non abbaio. Il mio rapporto con la musica è da credente non praticante: non sono capace di suonare niente, ma credo valga la pena ascoltare di tutto.

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