Nato tra il degrado urbano del Sud degli Stati Uniti e le tensioni di New Orleans che hanno caratterizzato gli ultimi decenni del secolo scorso, lo sludge unisce la lentezza del doom, la rabbia del punk hardcore e la sensibilità blues del southern rock: un muro di suono fangoso che, dagli anni ’90 a oggi, racconta disagio, resistenza e caos, trovando eco anche nella scena underground italiana
Lo sludge metal – noto anche semplicemente come sludge – nasce negli Stati Uniti del Sud e nei territori urbani degradati, laddove il groove pesante del doom incontra l’urgenza del punk. La culla di questo genere musicale è senza dubbio New Orleans, o meglio NOLA (New Orleans, Louisiana), una delle grandi patrie del blues e del jazz, sfortunatamente però simbolo di disagio, tensioni sociali e povertà.
Tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90, alcune band punk hardcore, col mito dei Black Flag e dei Dead Kennedys, cominciano a dominare la scena underground della città. Band come Suffocation By Filth, Aftershock, Requiem, Slugs, Graveyard Rodeo e Razor White si dilettano nel mescolare, in un suono sempre più sporco, la rabbia del punk e la velocità e pesantezza del thrash e del death metal.
La vera rivoluzione per queste band sarà però rappresentata dall’affermarsi dei Melvins sulla scena musicale locale, soprattutto con l’uscita del loro disco Gluey Porch Treatments che, a detta di Phil Anselmo (Pantera, Down), Kirk Windstein (Crowbar, Down, Kingdom of Sorrow) e tanti altri, ha fatto innamorare l’intera scena grazie ai suoni più lenti e cupi, che hanno portato inesorabilmente al recupero di sonorità doom sullo stile di Black Sabbath, Pentagram, Coven, Witchfinder General, Cathedral e Saint Vitus.
Un suono lento come l’acqua torbida nei canali: è lo sludge, figlio acido del doom e del punk hardcore. Un incrocio tra rabbia, disagio e dipendenze, tinte da una struggente e paludosa sensibilità blues che si ritrova in molti riff dal suono southern rock. Tra le influenze stilistiche, si citano anche band “anti-hardcore” come Flipper, No Trend, Scratch Acid, l’hardcore lento uscito da My War dei Black Flag, il proto‑grunge di Green River e i Nirvana di Bleach, oltre alle pulsioni rumoriste del noise e del metal estremo.
Questo genere musicale ha avuto il suo boom negli anni ’90, con veri e propri colossi come Eyehategod, Corrosion of Conformity, Crowbar, Acid Bath, Down e Soilent Green divenuti pilastri del suono sludge: lento, arrabbiato, immerso nel sudore e nel degrado. Caratteristici sono i riff opprimenti e spesso ripetitivi, avversi al virtuosismo e agli assoli energici del metal ma carichi e ossessivi, accompagnati da voci rantolanti, abrasive e graffianti. L’abilità canora passa in ultimo piano, l’importante è condividere con l’ascoltatore disagio, rabbia, angoscia e pesantezza. Fuzz e saturazioni spesso creano letteralmente l’effetto di un muro di suono fangoso che si sposa magnificamente con la qualità grezza e a tratti lo-fi di molte produzioni.
Nei testi, a dominare sono immagini di devastazione urbana, deliri alcolici, rabbia interiore, visioni decadenti e paralisi emotiva. Il fango diventa simbolo di resistenza: quando vivi ai margini, il degrado diventa casa e il caos diventa un canto rituale. La misura di come la devastazione, il disagio e la sofferenza siano il carburante di questo genere è mostrata pienamente dalla tragedia dell’uragano Katrina che nel 2005 uccide circa 2000 persone ricoprendo quasi completamente New Orleans. Dal fango che annichilisce la città, proprio la scena sludge trarrà una nuova linfa prolifica, dando vita a fortunati progetti come Arson Anthem, Superjoint Ritual e Thou.
Anche in Italia però, si è fatta strada un’ondata di band che abbracciano il suono del fango. Lo sludge italiano vive nei sotterranei, tra scantinati, centri sociali, collettivi e festival indipendenti, sicuramente meno southern rispetto a quello americano. È una scena piccola ma tenace, dove il rumore, distorto, sporco e pesante, è una scelta politica ed esistenziale.
Tra le maggiori band che rappresentano lo sludge in Italia citiamo i torinesi Tons, i monolitici Ufomammut, i corrosivi Waste Cult, Don Gastro, Gufonero, Nihil e molti altri.

