Prima del concerto dell’undici gennaio al Traffic di Roma, i Vintage Violence ci hanno accolti nel loro camerino per una chiacchierata. L’atmosfera era rilassata, come un ritrovo sul muretto di quartiere negli anni ’90, tra risate e opinioni scambiate con la passione e la spontaneità di chi ama e condivide ciò che fa
Niccolò Caldirola, Rocco Arienti, Beniamino Cefalù, Roberto Galli e Franco Cassinelli non si definiscono facilmente. Anarchici e ironici, nostalgici ma consapevoli del presente, i Vintage Violence ci accolgono nel backstage del Traffic di Roma prima di entrare in scena, per discutere di politica, del ruolo dei social dal punto di vista promozionale e della musica che li definisce (o meglio, che non li definisce). Questa band proveniente da Lecco, con il suo stile punk montano, non teme di affrontare argomenti complessi e di dichiarare apertamente la propria visione del mondo.
Cosa ne pensate della politica attuale?
Nicolò: Sapevamo che avrebbero vinto le destre.
Pensate sia colpa di chi non ha votato?
Niccolò: Il voto è un discorso molto ampio che è diventata una cosa quasi personale, più che collettiva. Ho fatto il presidente di seggio per esorcizzare questa croce che uno ha addosso del dover votare per forza.
Rocco: Da giovane ti senti obbligato a non votare, quasi per sovvertire il sistema e fare l’anarchico. Poi, crescendo, capisci che votare è giusto e alla fine qualcuno lo fa, ma più per dovere che per convinzione.
Ti definisci anarchico?
Rocco: Sì, ma non giudico chi vota. Penso che ognuno abbia il diritto di scegliere ciò che ritiene meglio.
Come vivete il rapporto con i social?
Rocco: Male, malissimo. Sono io a occuparmene, ma vorrei tanto delegare. I social non fanno per me.
Nicolò: Ci siamo definiti millennials boomer. Abbiamo vissuto l’epoca prima dei social ed eravamo felicissimi. Per promuovere un concerto si faceva attacchinaggio per strada. Ora è tutto digitale e veloce, ma manca il contatto umano.
Beniamino: Quello che vogliamo fare con le future generazioni, e con i nostri figli, è dare loro gli strumenti per capire com’era il mondo prima. Vogliamo che siano aggiornati sulla loro epoca, ma con la mente aperta per costruire qualcosa di nuovo.
Che ne pensate dell’uso dell’intelligenza artificiale in campo musicale?
Rocco: Sulla voce dei cantanti, l’intelligenza artificiale crea un suono perfetto, ma disabitua l’orecchio umano al suono “sporco”, imperfetto, che è quello della vera voce umana. Se però l’IA diventasse la norma, la voce autentica potrebbe acquistare un valore nuovo.
Beniamino: Sarebbe qualcosa di raro e di prezioso, capace di colpire l’ascoltatore “nella pancia”.
Franco: La sensibilità umana è intrinseca e l’ascolto di qualcosa di autentico può risvegliarla.
Vi definite in un genere preciso?
Nicolò: No, non ci siamo mai identificati in un genere, scherzando ci definiamo “mountain punk”, proprio per richiamare le nostre origini.
Rocco: Da adolescenti eravamo le pecore nere del nostro piccolo paese. Sul mio zaino avevo scritto Guccini e Sex Pistols. Rappresentavano per me il massimo dell’artisticità. Già da adolescenti, però, non sentivamo il bisogno di identificarci in qualcosa, erano gli altri a darci l’etichetta dei punk. Anche perché ognuno di noi ascolta generi diversi: se negli anni ’90 io impazzivo per Kurt Cobain, Nico preferiva Nick Cave; oppure, per fare un esempio più attuale, io amo gli Idles ma a lui non dicono niente, preferisce gli Shame.
Questa divergenza di gusti vi ha mai portati a discutere?
Beniamino: cerchiamo di circoscrivere le discussioni nei tempi che richiedono i viaggi in macchina, discutiamo solo in quel momento. Anzi, discutono… (indicando gli altri componenti della band)
Il moderatore delle discussioni in questi casi è Nicolò?
(Nico fa un sorriso a metà strada tra il beffardo e il paraculo)
Beniamino: Nico le fomenta le discussioni! Forse è Roberto il vero moderatore.
Un consiglio per le nuove generazioni?
Rocco: Seguite i vostri gusti. Non sentitevi obbligati a identificarvi in un genere preciso. Spaziate, sperimentate, siate curiosi.
Avete in mente collaborazioni future?
Nicolò: No. Siamo solitari. Non ci categorizziamo in nessun genere e quindi è difficile trovare qualcuno con cui sentirci in sintonia.
Rocco: Lo stesso vale per gli eventi. Siamo troppo punk per un concerto rock, ma non abbastanza punk per un concerto punk. Alla fine, dobbiamo organizzarci i nostri eventi da soli, ma a noi sta bene così.
Cosa ne pensate della musica italiana oggi?
Rocco: Una delle cose migliori accadute alla musica italiana negli ultimi anni è stato il mini disco tra i Baustelle e I Cani. Solo due tracce potentissime e un disco a tiratura limitata. Probabilmente la cosa migliore nel panorama musicale italiano degli ultimi cinque anni.
Come vedete il futuro della band?
Rocco: Non vogliamo costringerci a fare nulla. Seguiamo il flusso. Non dobbiamo fare soldi per pagare le bollette, per quello abbiamo i nostri lavori. Siamo fortunati perché possiamo scegliere di non scendere a compromessi con nessuno. Facciamo quello che ci pare, quando ci pare!
Vi piace venire a Roma?
Rocco: Ci piace molto. Contiamo di tornarci almeno una volta l’anno. Se ci chiamano per suonare, siamo felici di venirci anche più spesso!