Il 1° giugno la scuola Pisacane di Tor Pignattara ha ospitato una festa multiculturale con cibo dal mondo, spettacoli e musica. Sul palco le Bestierare, storico gruppo rap romano, hanno infiammato il pubblico con testi impegnati e un messaggio forte: Palestina libera
Nel cuore pulsante di Tor Pignattara, quartiere multietnico e resistente di Roma, il 1° giugno si è svolta una festa che è stata molto più di un semplice saluto alla fine dell’anno scolastico. Alla scuola Pisacane – un grande comprensorio che ospita classi dall’asilo fino alle medie – si è respirata un’atmosfera di festa, di condivisione e, soprattutto, di consapevolezza.
Fin dal primo pomeriggio, il giardino interno della scuola, ampio e brulicante di voci e di vita, si è riempito di famiglie, insegnanti, studenti e amici del quartiere. Decine di stand colorati offrivano cibo proveniente da ogni parte del mondo: piatti della tradizione bengalese, indiana, araba, romana… una vera celebrazione della multiculturalità che caratterizza questa scuola e il territorio che la circonda. I pagamenti si effettuavano tramite token, distribuiti all’ingresso in cambio di denaro, rendendo il tutto ancora più giocoso e funzionale.
Il palco, montato nel giardino centrale, ha visto salire per primi The Reggae Circus, un collettivo artistico che ha saputo mescolare musica, giocoleria e comicità in uno spettacolo travolgente. Bambini e adulti hanno applaudito, riso e cantato insieme, senza barriere, proprio come accade solo quando la cultura incontra davvero la comunità.
Ma il momento più intenso della serata è arrivato con l’esibizione delle Bestierare, storico gruppo rap romano nato nel 1998 e ancora oggi punto di riferimento della scena underground capitolina. Pochi istanti prima che i tre membri Jhonny Para (voce), Elio Jazz Germano (voce), Matt Plug (voce e beatmaker) e DJ Drugo – che li accompagna alla consolle – salissero sul palco, da una finestra del terzo piano della scuola è stato srotolato un enorme striscione con la scritta «Free Palestine», accompagnato da fumogeni colorati. La folla ha reagito all’unisono, grandi e piccoli hanno alzato la voce in un unico coro, «Palestina Libera», che ha scosso l’aria con la forza delle parole sentite.
L’esibizione delle Bestierare è stata, come sempre, un abbraccio collettivo. Con il loro sound ruvido e autentico, tipico del rap anni ’90, hanno portato sul palco rabbia, amore e consapevolezza. I loro testi parlano di politica, razzismo, abusi di potere, esortando il pubblico a non rimanere in silenzio di fronte alle ingiustizie. Ogni brano è stato introdotto da un breve discorso, spesso politico. In uno di questi si è sottolineata con forza l’importanza di partecipare attivamente alla vita democratica, ricordando il referendum dell’8 e 9 giugno.
In perfetta sintonia tra loro, i tre rapper si sono alternati tra strofe e ritornelli con una naturalezza che solo anni di palco condiviso possono dare. Hanno proposto una scaletta alternando pezzi storici a nuove produzioni, riuscendo a coinvolgere anche il pubblico più giovane, che li osservava con un misto di stupore e ammirazione.
Ma ciò che ha davvero reso unica questa giornata è stato il messaggio che ha attraversato ogni momento: nessuno deve sentirsi fuori posto. La scuola Pisacane è riuscita a trasformarsi per un giorno (ma forse lo è tutto l’anno) in un grande abbraccio collettivo, un luogo in cui culture, lingue, età e storie diverse si sono incontrate e riconosciute. È raro vedere iniziative così genuine e necessarie, in cui i bambini sono i veri padroni di casa, e il giardino della loro scuola diventa lo scenario di una festa in cui si mangia, si ride, si ascolta, si pensa.
Le Bestierare, con la loro musica viscerale, hanno dato voce a chi spesso non ne ha. Sono la voce degli ultimi, degli invisibili, dei giovani cresciuti ai margini, dei quartieri popolari che lottano ogni giorno per essere ascoltati. In un tempo in cui si cerca di mettere a tacere il dissenso anche con la legge, loro continuano a gridare più forte: controcorrente, ma mai soli.
Perché, come hanno dimostrato quel palco, quello striscione, quei bambini che ballavano senza sosta e quei genitori, una comunità che si riconosce nella diversità è più forte di qualsiasi silenzio imposto.