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Massimo Pericolo. Selvatico, selvaggio, umano

“Le cose cambiano”, come dice il titolo del suo terzo album, ma non cambia il fatto che l’artista di Brebbia rimane una delle voci più forti e autentiche del nuovo rap italiano. La prima data del tour è stata al Teatro Concordia di Venaria, ci siamo calati nell’atmosfera del concerto e l’abbiamo raccontato


Voglio farmi anche i rapper. Nel senso musicale, ovviamente. Voglio anche le barre e le punchline, non solo le strofe e i ritornelli indie rock, quando sparo a memoria citazioni a effetto. Voglio vivere l’epoca che non è più la mia, voglio viaggiare nella musica in cui sarò sempre straniero. Voglio specchiarmi in una versione del mondo che mi mette in crisi. Ascoltavo i Massimo Volume, ora Massimo Pericolo — sembro un meme di Nonno Indie — e il concerto è l’occasione migliore per sentire come “le cose cambiano”, nel momento in cui cambiano. 

Massimo Pericolo, nome d’arte di Alessandro Vanetti, trent’anni, di Brebbia (provincia di Varese). Tre album, qualche mese in carcere, una carriera in stand-by nelle arti marziali, un libro: Il Signore del Bosco. Perché scelgo di vedere proprio lui, tra tutti i volti del rutilante rapgame? Provo a dirlo: perché lo trovo autenticamente selvaggio. Anzi selvatico. Perché ogni parola che cade lascia un cratere. Perché sa scrivere storie, creare personaggi, immaginare intrecci, aprire la canzone con una situazione e chiudere trasformandola in un’altra. Perché ha “scritto” uno skit che mi commuove, 17 anni. Perché sta male, come tutti, e 7 miliardi è forse il pezzo più importante del rap degli ultimi anni, ancora oggi che di miliardi siamo diventati 8. Perché mantiene le sue radici nel bosco della provincia, nell’acqua del lago, nei binari della ferrovia. “Massimo Pericolo non è based in Milan”, non parla di lusso, di fashion, di brand. Il rap non è un pranzo di gala. 

Oggi siamo not based in Turin, perché il concerto è a Venaria, al Teatro Concordia: è la prima data del tour del terzo album, Le cose cambiano, che segue una data-evento al Forum di Assago. Ritorno nello stesso teatro dove ho visto Verdena, Achille Lauro, Ministri, Afterhours e molti altri. E in realtà avrei visto volentieri qui un suo recente concerto condiviso con Speranza e Barracano ma, come avrete capito dall’elenco di due righe sopra, sono troppo based in indie rock. Rimedio in questa occasione, con la differenza che oggi il pubblico è interamente per lui. 

Lo scenario è quello dei pieni sold out. Tutti giovani, tanti adolescenti o quasi. Sigarette elettroniche aromatizzate. Felpe col cappuccio. Uno entra citando ad alta voce «questa merda la prendo sul serio». Molte ragazze hanno il cerchietto con orecchie da gattino, che Massimo Pericolo indossa nelle copertine dei primi due album, penso si possano trovare da H&M. Mi viene da pensare a me quando comprai la maschera dei Tre Allegri Ragazzi Morti. Cerco una posizione per l’attesa. Una mamma e una figlia scrollano Instagram. La musica di sottofondo è quasi impercettibile, eppure il ragazzo di fianco a me riconosce un pezzo di Fibra, lo dice alla sua ragazza, ne canticchia qualche verso a memoria. «Va-ne! Va-ne!» il pubblico impaziente si fa sentire. Prove luci, i cellulari si alzano per riprendere il probabile ingresso dell’artista, ma bisogna ancora aspettare. Il solito genio alza il cellulare ma invece della fotocamera accende un porno, che quelli dietro possono guardare; «è il Dottor Bavaro!» accanto a me hanno riconosciuto il canale Onlyfans di tale noto tiktoker. Anche oggi ho imparato qualcosa. Qui dentro sono il più vecchio di tutti. 

Si inizia, sale sul palco Massimo Pericolo, in una mano il microfono, nell’altra una bottiglia di birra. Durante il concerto diventeranno due, tre, e poi ho perso il conto. Alla console c’è Xqz; dietro di lui le proiezioni video che accompagnano le canzoni. L’apertura è con l’intro dell’album, pezzo tosto, di quelli che fanno selezione all’ingresso. Il pubblico canta a memoria. Tuta grigio chiaro, occhiali a specchio, in breve tempo rimarrà in canotta bianca e poi a torso nudo. Completamente senza tatuaggi. 

Tra un pezzo e l’altro, nelle conversazioni col pubblico, è una persona molto solare, scherza, forse con una punta di emozione per il calore dei fan. Dice che non guarda i social ma piuttosto guarda immobiliare.it, per introdurre Casa nuova. Tra le canzoni del primo album Scialla semper, due spiccano in maniera particolare e trovano spazio nel concerto: Sabbie d’oro, autobiografica e amara ma sempre con un seme di speranza, e Amici, che è uno dei suoi “racconti” in cui parla di legami umani, amicizia. Dopo quest’ultima invita il pubblico ad abbracciare la persona cara che ha vicino, tutto il teatro si abbraccia, è un momento molto bello.

Parla anche del suo percorso di terapia contro la depressione: dice che sta male, ma è preso bene, perché per la prima volta sta affrontando il problema, e sente che sta vincendo. Secondo me è nei momenti in cui si mette a nudo, come in Non parlarmi, che sviluppa un legame profondo e duraturo con il suo pubblico, che si riconosce e si sente compreso. 

Sento un profumo familiare, e non è di sigaretta elettronica: poco più in là uno si sta gustando una cannetta, nascosta dentro al palmo della mano. Intanto un reggiseno vola sul palco. E poi un carabiniere passa tra il pubblico, chissà cos’è successo in mezzo alla calca. A un certo punto il cantante riconosce tra il pubblico un suo amico, venuto fin da Brebbia per il concerto, forse sale sul palco, ma alla fine no. Insomma, una varietà di cose accade, mentre il concerto va avanti tra mille cellulari illuminati che cercano di rubare un pezzo di evento, di emozione, per dire “c’ero anch’io”.

A fine concerto c’è un bis, strappo alla regola visto che dice che non ne fa mai. Esegue di nuovo 7 miliardi, ancora più infuocata del set canonico. Sicuramente il finale perfetto per appagare il pubblico nel migliore dei modi. Anche se, secondo me, è un pezzo troppo “grosso” da fare due volte, la sua forza non va consumata, va somministrato a stomaco vuoto per fare più effetto.  

Si accendono le luci, la gente defluisce. Non mi prende instagram — ops, internet — e la storia che ho pubblicato prima del concerto è ancora lì a caricare. Guardo una perquisizione, due ragazzi stanno svuotando gli zaini. Sono sicuro che per molti ragazzi è stata una serata da ricordare: alcuni faranno i rapper dopo aver visto questo concerto, altri si seguiranno sui social e si scriveranno e si ameranno, altri forse faranno tardi e combineranno cazzate e si metteranno nei guai.

Io niente, sono solo l’umile cronista della situazione, lo faccio per l’impagabile piacere di vedere un concerto che mi interessa, un artista che mi incuriosisce, una storia che accade. Lasciatemi però tornare a Torino finché questo eterno diluvio concede una pausa; oggi che scrivo il report è allerta meteo, allarme maltempo. Nei prossimi giorni Massimo Pericolo riprenderà il tour, e tornerà da queste parti in estate, al Flowers Festival l’8 luglio.

 

Foto di Nicolò Canestrelli

Paolo Albera

Scrivo di musica per chi non legge di musica.

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