Ospitato da Bonsai, Marco Castello è arrivato sul palco del Magazzino sul Po solo in compagnia della sua chitarra e tanto gli è bastato per incantare il numerosissimo pubblico di Torino, per ben due volte nella stessa serata
«Tirate fuori un biglietto e non succederà nulla di male», scrivono sul gruppo Telegram “Marco Castello – Camurrie”, nel tentativo disperato di recuperare dei biglietti per un concerto che, malgrado i due turni previsti, risulta già tutto esaurito. In realtà, il pubblico di Marco Castello è molto tranquillo e gentile, composto da ragazze e ragazzi chill, per usare lo slang delle nuove generazioni a cui lo stesso artista sembra quasi appartenere. Infatti, malgrado sia un millennial, si presenta sul minuscolo palco del Magazzino sul Po masticando un chewing gum e sistemandosi distrattamente i ricci mentre prende in mano la sua chitarra.
In una versione molto intima e casalinga di un theatre in the round, Marco Castello canta alcuni dei brani più belli del suo nuovo album Pezzi della Sera, alternandoli a canzoni di Contenta tu, disco d’esordio del 2021.
Ad aprire il primo turno Sul serio, sia metaforicamente sia letteralmente, il siracusano si lascia andare a un commento su Chiara Valerio, lasciando un sottinteso richiamo alle discussioni di qualche mese fa che hanno coinvolto la scrittrice nella gestione della fiera della piccola e media editoria Più libri più liberi. Un’ironia, quella di Marco Castello, spigliata e brillante che fa da filo conduttore in tutti i suoi testi, cantati a squarciagola dai presenti.
Un po’ per l’intimità della sala, un po’ per l’assenza di una band a completare tutte le sfumature melodiche dei brani, è stato un concerto interattivo. Il pubblico infatti, oltre a cantare i brani, in qualche occasione si è dovuto coordinare per intonare le seconde voci, come nel ritornello di Dracme. Un compito non facile quello del corista, considerando l’ambiente raccolto e i testi sbagliati che spesso si trovano su internet e che costringono il cantante a intervenire, correggendo qualcuno delle prime file: «la coppola è blu», dice, «e le orecchie sono di coniglio, non da coniglio», citando rispettivamente i testi di Porci e Porsi.
Ma, pur con qualche coro improvvisato da limare, quello di Marco Castello è stato uno spettacolo di notevole qualità. Diplomato in tromba jazz a Milano, in questo concerto in acustico il siciliano ha occasione di mostrare anche le sue notevoli abilità da chitarrista, senza però che questo lo definisca un polistrumentista: un termine che, a detta sua, altro non è che «una cretinata del pop», dato che «chi studia musica è normale che sappia suonare più cose». In ogni caso, l’accompagnamento alla chitarra si fonde in modo perfetto con la sua voce che, in questa occasione, ha anche il ruolo di sostituire gli strumenti mancanti, dando al pubblico l’impressione di trovarsi di fronte a una sorta di dubstep reinventato.
Vengono accolte con lo stesso entusiasmo sia le canzoni del nuovo album, come l’Empireo dei Risolti, sia quelle del primo album, come ad esempio Palla. Alla stregue delle altre date del tour con cui porta in giro per l’Italia Pezzi della sera, l’artista dedica anche a Torino la sua personale cover, riarrangiando Gli Impermeabili di Paolo Conte. Aggiunge, poi, anche un omaggio a I feel love di Donna Summer, per poi sfumare lentamente in Torpi a chiudere il concerto.
Inevitabilmente il live finisce, con il dispiacere di tutti, in particolare dei siciliani in sala che hanno visto così cadere nel vuoto le proprie suppliche a ‘mbare Castello, implorato di cantare cantare ancora.
Nonostante le premesse delle ore precedenti al live, alla fine il concerto ci ha fatto bene. E nessuno si è fatto male.