Arriva il momento, ogni estate, in cui tutto sembra impossibile. Soprattutto per colpa del caldo. Il nuovo singolo di Colapesce e Dimartino ha ispirato questo accaldato racconto in terra sicula, che segue un amore estivo e passionale nella noiosa stasi di una vacanziera relazione con data di scadenza. Innamorarsi perdutamente non è mai un affare, conviene acquistare un condizionatore
Fa caldo, fa davvero tanto caldo! E anche le storie ne risentono: questo mese CANTASTORIE si trasferisce al mare in Sicilia, a sudare sotto le note di Innamorarsi perdutamente non è mai un affare. Il singolo estivo di Colapesce e Dimartino è stato presentato in anteprima al MIAMI Festival 2024, quando ancora era:
«Una canzone inedita. Che non si chiama “belle minchiate” come scritto sul cappellino del merch, ma il titolo ancora lo dobbiamo capire»
Confermatisi maestri nel creare orecchiabili tormentoni leggeri e mai superficiali, hanno infine optato per un titolo poco consueto ma esplicativo. Una scelta coerente con lo stile dei due cantautori siculi che, dall’ultimo – e appassionante – album Lux Eterna Beach, hanno già estratto un singolo dal bislungo nome La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d’accordo.
La canzone di questo episodio è stata prodotta da Federico Nardelli e Giordano Colombo – così come il sopracitato disco e i loro maggiori successi – e racconta di un amore fugace, ma non per questo meno intenso di altri. Una ritmica melodia delineata dai loro caratteristici arrangiamenti con alla base chitarre acustiche, luminosi riff e tappeti di synth.
Questa è la storia ispirata a Innamorarsi perdutamente non è mai un affare: una storia d’amore estiva tra la milanese Luce e il siculo Paolo. Sotto il calore estivo che tutto rallenta, tranne il sudore della pelle.
Che belle minchiate abbiamo fatto insieme!
Le pale del ventilatore da soffitto ruotano stancamente intorno al proprio asse. Il bar è semi-deserto e le canzoni estive sono l’unico suono che riempie quella stanza cocente. Si susseguono senza originalità: arrivate al mese di agosto hanno abbandonato la loro iniziale freschezza, per lasciare il posto a una monotona sensazione di seconda mano.
Un uomo e una donna siedono al bancone, affaticati dal clima insostenibile.
«Che poi non è tanto il caldo…», esordisce Paolo.
«Fammi indovinare», interviene ironicamente Luce, camuffando il sorriso in una finta parvenza di serietà, «… è l’umidità il problema?».
Lui si volta a guardarla, vergognandosi per la banalità di quell’uscita; si alliscia i baffi neri e osserva i capelli dorati – che ancora trattengono la salsedine del mare – appiccicati saldamente sulla fronte della donna. Lei scoppia in una fragorosa risata e si rivolge al barista: «Dammi un ghiacciolo, Mimmo. Ho bisogno di qualcosa di fresco», mette una mano sopra il braccio sudato dell’uomo e continua: «Per il mio amico invece è meglio una bella granita di gelso, che deve reintegrare un po’ di sali minerali!».
Amico? Eppure, qualche ora prima non lo aveva chiamato così, avvinghiata a lui senza vestiti come nei dieci giorni e nelle dieci notti precedenti. I loro corpi avevano superato la temperatura esterna e, in effetti, avevano inzuppato le lenzuola di sudore e goduriosa passione con svergognata continuità.
«Com’è possibile che io mi senta già innamorata perdutamente di uno come te?», gli aveva domandato lei prima di alzarsi per una doccia rigenerante, lasciandolo nudo e perplesso in un letto troppo grande per rimanere solo.
Luce assapora il ghiacciolo, mordendone la cima e leccando ogni goccia che cola lungo il bastoncino di legno; un processo metodico che ricorda la grazia di una gatta intenta a pulirsi le zampe, con una sensualità che appaga la vista del suo compagno di colazione. Reminiscenze erotiche che lo obbligano a distogliere lo sguardo.
Il vento sbatte la porta del locale; è composto da aria umida e incandescente che, invece di portare sollievo, ricorda alle poche persone in cerca di ombra che non c’è modo di scappare dall’arsura di questa stagione.
«Resta a dormire da me ancora stanotte», la prega Paolo.
«Lo sai che non posso, domattina presto ho l’aereo e le mie amiche ancora non mi hanno perdonata per averle tradite – per tutta la vacanza – con un siciliano che ama passare le giornate a fare “minchiate”», gli risponde, accentuando la cadenza sicula dell’ultima parola. Lui le sorride impacciato ed esclama:
«Sì, ma… che belle minchiate abbiamo fatto insieme!»
«Mi spiace Paolino, l’estate è troppo corta. Devo tornare a Milano per lavorare in quel cazzo di ufficio radical chic»
Paolo aveva già notato il rossore involontario che macchia le guance di Luce quando dice parolacce. Come se stesse andando contro alla propria rigida educazione nordica, ma fosse orgogliosa di quella trasgressione. Eh sì… è davvero cotto di lei.
La staticità di quella mattinata a suon di hit in filodiffusione viene interrotta da due persone che entrano nel bar, parlando una spigolosa lingua sconosciuta. Rappresentano appieno il cliché dei turisti dell’est: sandali beige che contengono calzettoni bianchi tirati su fino ai polpacci; bermuda verdi uno e marroni l’altro; entrambi indossano una t-shirt con su scritto “I love Sicilia”.
Si avvicinano ai due amanti e, con un italiano stentato, quello con i pantaloncini verde lime domanda:
«Bello Valla Dei?», vedendo che Paolo lo guarda con aria titubante, indica l’adesivo sul registratore di cassa e continua: «Valla di Dei… Noto, sì?».
«Ah, la Valle degli Dei! Sì, è qui a Noto», risponde lui, poi si volta verso Luce. «Non ho capito se mi sta chiedendo come arrivarci o se sta recensendo il posto!».
La donna scoppia a ridere rumorosamente, tanto da far desistere dal tentativo di socializzazione i due sventurati, che vanno a sedersi con aria scontenta qualche posto più in là.
«Paolino, ho un’idea…», Luce si fa seria tutta d’un tratto. «Ti va di fare un’ultima minchiata?».
Il piano prevede di prendersi gioco dei due stranieri, convincendoli di essere interessati a uno scambio di coppia; per poi indirizzarli verso una spiaggia per nudisti, che avevano visitato qualche giorno prima. «Si divertiranno comunque a vedere tutti quei culi all’aria» aveva concluso lei, sogghignando un po’ imbarazzata.
«Luce, ma cosa dici? Sono semplicemente due amici in vacanza!», la contraddice sorpreso lui.
«Sei davvero un piccolo ingenuotto Paolino, non hai visto come ti squadravano?», lo prende per mano e, insieme, raggiungono il loro tavolo.
Paolo è esterrefatto dalle capacità comunicative di Luce che, senza alcuna proprietà di linguaggio nella lingua dei forestieri, riesce a tessere perfettamente la tela per il sadico inganno. Giusto il tempo di finire il caffè ed escono tutti e quattro dal bar, i due uomini lo fissano e sorridono maliziosi.
«Non è che lo scherzo alla fine lo fai a me?», chiede sottovoce.
Il percorso per raggiungere la destinazione desiderata è breve, ma l’imbarazzo sprizza da ogni poro, già messi fortemente in difficoltà dal sole spavaldo. L’asfalto rovente brucia sotto i loro piedi, mentre i sensi di colpa cuociono la coscienza di Paolo. Non è proprio il genere di “minchiate” a cui è abituato; non sa come quei due potrebbero prendere lo scherzo. Nonostante questo, Luce è euforica e lui non può credere che si separeranno senza condividere un’ultima notte.
Arrivati di fronte alla spiaggia, i turisti si guardano confusi. Con titubanza di Paolo e divertimento di Luce, i due indicano loro un gruppo di persone nude che prendono il sole.
«Dai Paolo… ora fai la finta», gli sussurra, sorridendo ai malcapitati e facendo cenno di avviarsi all’ingresso del lido. «Prendili per mano e portali in cassa. Una volta lì, ti allontani con una scusa, li abbandoni e torni da me!».
Non c’è modo di uscirne, fa troppo caldo per spiegarle quanto sia poco spiritoso lo scherzo. Fa troppo caldo per chiederle come mai abbia convenientemente proposto di tirarsi indietro, nel momento apice del suo elaborato piano.
Paolo le dà un bacio sulle labbra e dice:
«Vado e torno».
Non appena varcata la soglia, al riparo dal curioso sguardo di Luce, l’uomo prende in mano il telefono e compone sull’app di traduzione il seguente messaggio: “Scusate per l’inconveniente, è uno scherzo poco riuscito della mia amica”. Si interrompe per un momento, poi cancella l’ultima parola e riprende: “…fidanzata. Noi purtroppo ora abbiamo un impegno, se il posto vi piace la chiudiamo qui. In caso contrario, questi sono 10 euro per risarcirvi con una bella granita sicula!”. Invia e – mentre il telefono comunica con i due uomini come un robotico ambasciatore che non porta pena – tira fuori dalla tasca posteriore la banconota rosata, che ha evidentemente subito il peso del tempo passato a contatto con lo sgabello nel bar.
Una volta conclusa la lettura della missiva di colpevolezza, i volti dei destinatari non riportano alcuna espressione chiarificatrice. Che si siano offesi o meno, dopo un rapido confronto nella loro lingua, quello con i bermuda verdi si avvicina a Paolo e sfila bruscamente il pegno economico proposto. “Che vergogna” pensa lui, abbassando lo sguardo e avviandosi in silenzio verso l’uscita.
Nell’allontanarsi, però, si sforza di percepire – mettendo alla prova un immaginario occhio sulla nuca – i passi stizziti dei due che si allontanano dallo stabilimento, per spostarsi in gelateria. Neanche un filo di vento. Anzi, un’impercettibile suono di risa in lontananza si propaga stancamente nell’immobile atmosfera di calore, dove incontra la sua umiliazione.
Una volta raggiunta, Luce – ormai totalmente in preda all’adrenalina – quasi gli urla:
«Allora! Com’è andata?»
«Molto divertente Luce… ma ora andiamo. Questa è l’ultima delle tue brillanti idee che ascolto!»
«Non esserne così sicuro, Paolino», risponde lei con un occhiolino. «Abbiamo ancora qualche ora prima che si abbassi la temperatura e si possa tornare in quel forno di letto».
Paolo la guarda in silenzio per qualche secondo, senza nascondere lo stupore né la contentezza che hanno invaso il suo viso. I suoi desideri erano stati ascoltati, doveva solo arrivare a fine giornata con qualche grammo di energia disponibile.
Arreso, ma non per questo meno soddisfatto, Paolo cita le parole di Luce rimaste incastrate nella sua memoria:
«Innamorarsi perdutamente… non è mai un affare. Soprattutto in estate».
E magari ha ragione, meglio non pensarci troppo e tornare a concentrarsi sul resistere all’umidità.
illustrazione di Irene Bagetto