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Le stesse Storie Tese, ma sempre meno gli Elii

Geniali e originali come sempre, gli Elio e le Storie Tese sbarcano al Flowers Festival di Collegno. Dopo l’uscita di scena nel 2016 dello storico tastierista Rocco Tanica, sul palco pesa anche l’assenza del batterista Christian Meyer che, dato forfait per tutto il tour estivo, compare a sorpresa solo per suonare il bis


«“Mi resta un solo dente e cerco di riavvitarlo” è uno show tra il sacro e il profano», si legge nel comunicato stampa che anticipa il tour estivo di Elio e le Storie Tese, cominciato al Villa Ada Festival della Capitale lo scorso 26 giugno. Tanto il titolo del tour quanto la sua descrizione, in effetti, sintetizzano adeguatamente e su più piani d’interpretazione quello che è stato – e quello che sarà – il tour estivo della band, che si concluderà ad Alghero il 31 luglio in occasione del Festival di Abbabula. Dopo oltre 40 anni di carriera e 27 album pubblicati, infatti, il gruppo milanese è ormai un vero e proprio pezzo di storia nel panorama musicale italiano, all’interno del quale, fatto proprio l’approccio alla musica ironico e dissacrante di Frank Zappa, ha assunto il ruolo di pioniere – e ben presto massima istituzione – di un genere musicale che va oltre i generi musicali, trasversale e caricaturale. Gli anni passano, i denti cadono – per ora siamo a due –, ma la band rimane in piedi, genuina e originale come sempre, forse solo un po’ più stanca.

Sacra, poiché beatificata da un illustre e innovativa carriera cominciata allo Zelig di Milano nel 1980, ma anche profana – on stage malgrado la pesante assenza di due membri storici nella propria formazione –, la band approda al Parco della Certosa di Collegno anticipata solo da due grandi sponsor sul maxischermo, senza alcun live di apertura (è la prima volta in questo Flowers Festival 2024). La percezione dell’attesa, di conseguenza, si fa più lunga: la folla si raduna sotto al palco con largo anticipo dopo la consueta apertura dei cancelli, avvenuta all’orario di sempre. A stuzzicare ulteriormente l’impazienza, un organo di chiesa risuona lontano, intervallato di tanto in tanto da una voce fuori campo che fa le veci di un prete di parrocchia: un invito a riunirsi sotto il cielo del Signore, per «ascoltare queste musichine un po’ stupide, che però acquisiscono un senso se ascoltate nel Cristo».

Gli Elii fanno finalmente il loro ingresso in scena, vestiti di abiti bianchi – Elio immancabilmente in pantaloncini –, divisi tra volti nuovi e vecchie conoscenze. All’assenza di Rocco Tanica, egregiamente sostituito da Vittorio Cosma, ormai eravamo rassegnati: l’artista ha abbandonato le scene live – conservando però il suo ruolo nell’attività in studio – già nel 2016, sostenendo di «non avere più il fisico per il rock». È però la prima volta che all’appello manca Christian Meyer: lo storico batterista della band ha infatti annunciato che non avrebbe preso parte al tour, in quanto impossibilitato a partecipare a causa di «un consumo eccessivo di pinoli non italiani, ormai diffusissimi nel nostro Paese, che può provocare effetti imprevedibili e indesiderati». Ovviamente, quando si tratta di EelST, non è che possiamo pretendere spiegazioni granché serie e dettagliate; ci accontentiamo, perciò, della sua rassicurazione: «sarò pronto a ritornare in sella dopo aver seguito una dieta bilanciata a base di miele, fave di cacao e fichi d’india».

A sostituire Christian Meyer – per quanto possibile –, sono Paolo Rubboli e Riccardo Marchese: uno alle percussioni, l’altro alla batteria, scambiandosi le postazioni a tempi regolari. Secondo la narrazione del tour, infatti, un conteggio preciso di colpi sul rullante – rigorosamente stabilito dallo SBURRE, il Sindacato Batteristi Uniti per il Rock and Roll Elvetico – impone ai batteristi uno scambio di ruoli per mezzo di una solenne cerimonia a mo’ di cambio della guardia. Il primo switch arriva dopo appena tre pezzi, ma è solo perché ci troviamo a un concerto degli Elio e le Storie Tese: «se a esibirsi ci fosse Ultimo – incalza Faso, con questo limite di colpi ci puoi fare cinque concerti».

Accanto alla sacralità clericale e alle stringenti disposizioni dello SBURRE, il tema centrale dello show sembra essere la favola. A presentare le canzoni, infatti, spesso ci troviamo di fronte ad alcune narrazioni introduttive, recitate con disinvoltura da Faso e da Vittorio Cosma. A dare vita alle vicende, come sempre, è un Mangoni in splendida forma che – ora vestito da soubrette per La Follia della Donna, ora da Supergiovane o da Vitello con i piedi di Balsa – si arrampica sulle impalcature come se avesse trent’anni di meno.

La scaletta si compone di quasi tutti i più famosi brani del loro pluridecennale repertorio: da La Terra dei Cachi a Gimmi I., passando per Parco Sempione, Servi Della Gleba e Born To Be Abramo. Come d’abitudine, ogni musicista ha il proprio ruolo da protagonista all’interno show: Faso tiene il conto dei colpi di batteria e, all’occorrenza, sostituisce Elio al centro della scena per recitare i suoi lunghi e simpatici monologhi; Vittorio, anche detto Carmelo, camuffa il tono della propria voce nei suoi discorsi col vocoder, mentre Cesareo – comodamente seduto a fondo palco – lo interrompe e lo percula. Agli assoli di voce e ai cori, accanto agli altri musicisti, troviamo sempre l’intramontabile Paola Folli.

Dopo due ore di concerto, però, ancora deve arrivare la più grande sorpresa: rientrato in scena per il bis, richiesto a gran voce dal pubblico che intona in coro l’ormai celebre «forza Panino!», il gruppo viene interrotto da Christian Meyer in persona, presentato da Elio come il Direttore dello SBURRA Fritz Meyer, fratello gemello di Christian. Meyer interviene imprecando in tedesco, sostenendo che i colpi del batterista sono definitivamente terminati, perciò toccherà a lui rimpiazzare il posto vacante per il bis – o forse è meglio dire riappropriarsene –. La band si congeda, così, suonando Tapparelle, per poi danzare confusamente a bordo palco, desacralizzando le formalità della propria uscita di scena.

Gli Elio e le Storie Tese si confermano il gruppo genuino, musicalmente impeccabile, divertente e originale di sempre, capace di coniugare musica live e cabaret, passando per il varietà e per l’arte del teatro. La sua fanbase è sempre calda: sa tutte le canzoni a memoria e non smette mai di lanciare grida, slogan e battutine verso il palco, nella speranza che vengano raccolte. Tuttavia, rispetto a quelli che ormai sono tanti anni fa, Elio interagisce molto meno con il suo pubblico, riducendo lo spazio lasciato all’improvvisazione per prediligere lo schema già prestabilito – pur aperto e malleabile – della propria esibizione. Purtroppo, gli anni passano anche per lui, così come per Cesareo, seduto tutto il tempo in fondo al palcoscenico, nonostante la sua chitarra sembri non invecchiare mai.

Ma gli Elii sono ancora qui. E finché sono qui, sono sempre loro: autentici, divertenti, geniali come sempre.

 

foto di Natalia Menotti

Alessandro Bianco

Giornalista, musicista e Video Editor, classe 1992. Vivo a Torino, in un mondo d’inchiostro e note musicali, di cinema e poesia: da qui esco poco e poco volentieri, ma tu puoi entrare quando vuoi.

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