I Lay Down My Life For You è un fulmine che ci colpisce più volte: trap, metal e soul in una sola scarica elettrica, capace di lasciarci impietriti sulla spiaggia. Preciso: impietriti di gioia
Barrington DeVaughn Hendricks, classe ‘89, si arruola all’età di diciotto anni nella United State Air Force, prestando servizio in Iraq, Europa, Nord Africa e Giappone. Ma la carriera militare ti porta a un certo punto a fare i conti con il conformismo e devi decidere se eseguire gli ordini o abbracciare l’individualismo. Qui nasce JPEGMafia, una figura eccentrica dai mille colori, sempre pronta a sorprenderci. Dalle molte interviste per giornali internazionali, Peggy, il suo diminutivo più diffuso, si mostra in realtà come un normale millennials, pacato nei modi e dalla facile risata. Kim Kardashian è forse una delle sue più grandi ispirazioni, gli piace rilassarsi con Netflix e ogni tanto scherzare su qualche teoria complottista.
In un incontro per Interview Magazine con la collega Raveena (con cui ha firmato il feat JuneBug) Mafia definisce la sua musica come «loud and abrasive».
Alla domanda (intelligente) della cantautrice «ti piace se ti mando qualcosa (beat) che ti permetta di essere qualcun altro?», il nostro si sente lusingato: eccome se gli piace. L’idea che qualcuno ti permetta di essere qualcosa che non sei è come una forma di rispetto. E’ un invito a esporre la propria versatilità e quindi a riconoscerla.
Scappare dalla propria conformità è l’unica regola da ex militare a cui JPEGMafia risponde. Ma è solo quando hai formato un’identità che puoi scappare da essa. Infatti gli album All My Heroes Are Cornball (2019) e Scaring the Hoes (2023) permettono al nostro di entrare nella BillBoard 200 e instaurarsi nella scena hip-hop alternative americana. Sono lavori che valorizzano la produzione rap e non solo il testo rappato, spesso trattato su basi improbabili alla IGOR di Tyler, The Creator.
JPEGMafia si dimostra un artista sfuggente ma concentrato su ogni singola nota, come lo è il suo ultimo album I LAY DOWN MY LIFE FOR YOU. C’è tutto in questo album, dalla trap alla techno, ma il vero protagonista è il metal: I scream this in the mirror before i interact with anyone è la malinconia dei System of A Down e la rabbia dei primi Slipknot rivisitata in maniera intelligente, ovvero non riproponendo a menadito un classico pezzo rap metal. Stessa cosa per Vulgar Display of Power, che omaggia i Pantera e non sporca troppo con sonorità contemporanee; ma anzi, Peggy sembra mettere su una band sludge metal tutta sua. Nella prima parte di Jihad Joe ci inganna quasi imitando i suoni di Kendrick Lamar o Drake, ma la seconda metà irrompe con una durezza simile a quella di One dei Metallica, remixata e rappata con rigore.
I LAY DOWN MY LIFE FOR YOU è fatto di due anime che giocano tra di loro. All’oscurità del metal si contrappone la dolcezza e l’eleganza dell’R&B e dell’hip-hop classico. Risale così nelle altre tracce l’intelligenza versatile di cui parlavamo prima: come i recovered from this, either on or off the drugs e loop it and leave it che sembrano uscite da Mr. Morale and the Big Steppers ma con un’aggiunta di cori, pianoforti e arpeggi di chitarra classica che rilassano il momento di motivazione e meditazione dei testi, sempre impegnati e reali.
La sperimentazione colpisce anche le tracce rap, andando giù di basi jazz e soul: I’ll Be Right There, New Black History feat Vince Staples e JPEGULTRA! – anch’essa in collaborazione con Denzel Curry – sono d’esempio per chi oggi vuole iniziare a fare rap e non vuole somigliare ai suoi idoli montati e in fin dei conti neanche così tanto bravi (una barra su arpeggio classico di JPEGULTRA! dice: «They make a career from hating/They make a career from faking»).
Prendete queste considerazioni con le pinze, poiché i cambi di tempo e di genere spesso sconvolgono ogni mia teoria, rendendomi impossibile classificare le tracce per via della mole di quantità sperimentale presente in ogni singolo pezzo. Non resta che ascoltarlo, questo album: I LAY DOWN MY LIFE FOR YOU è un grande esempio di un’ottima produzione, nel contesto di un’industria musicale che chiede sempre più semplicità e omologazione.
Specialmente d’estate, quando la creatività musicale si abbassa notevolmente, concediamoci un piccolo regalo da un artista attento alla sua community e alla sua musica, un principe dell’underground che non desidera il trono del rap mondiale: gli basta vedere i suoi sudditi chillare.