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I Gazebo Penguins e la psicologia della Gestalt

Nel loro ultimo singolo, i Gazebo Penguins parlano della Gestalt, una corrente di pensiero psicologico nata nei primi anni del ‘900 in Europa che fonda le sue radici nel concetto di percezione soggettiva della realtà. Ogni individuo vede la realtà per come è filtrata dal proprio cervello e non per com’è realmente. La Gestalt si evolve, poi, grazie a Fritz Perls, diventando una forma di psicoterapia basata sulla relazione individuo-ambiente. Non si può considerare l’essere umano senza prendere in esame anche l’ambiente in cui esso è inserito. Infatti, l’uomo vive nel suo ambiente in un rapporto basato sull’influenza reciproca: l’individuo influenza l’ambiente e l’ambiente influenza a sua volta l’individuo


Era il 24 gennaio quando il mio migliore amico mi mandò un link Spotify su WhatsApp, senza aggiungere altro. Orario: l’una e mezza di notte. Aprii il link, si trattava del nuovo singolo di una delle mie band italiane preferite, ovvero i Gazebo Penguins. Due cose mi lasciarono a bocca aperta quella notte: la prima, più banale, era che i Gazebo Penguins avevano appena rilasciato un singolo; la seconda, più importante, che il brano si chiamava Gestalt.

I Gazebo hanno scelto il tema del loro nuovo album: l’identità. Il primo singolo è un riferimento alla psicologia della Gestalt, dichiarato apertamente dalla band su Instagram dopo l’uscita del brano. Potete immaginare la mia emozione davanti a questa cosa, essendo io una psicoterapeuta in formazione proprio a orientamento Gestalt. In tutto ciò, il singolo è uscito proprio in uno dei weekend di formazione presso la mia scuola di psicoterapia, questo è un fenomeno che la Gestalt chiamerebbe fenomeno di campo. Con fenomeno di campo si intende un qualcosa che accade nel nostro ambiente e che non riguarda solo noi come singoli, ma appartiene anche all’ambiente che ci circonda. Sto parlando di un fenomeno che ci informa su cosa sta succedendo nell’ambiente attorno a noi, non solo a noi stessi, ma di questo parlerò più avanti in maniera più approfondita.

La Gestalt – che in tedesco significa forma – è una corrente di pensiero psicologico nata in Europa intorno al 1912. Il concetto alla base di questo orientamento è che il tutto è più della somma delle parti, ovvero una stessa parte ha caratteristiche diverse se presa singolarmente o inserita nel tutto. Di conseguenza, una stessa parte inserita in due diverse totalità può assumere caratteristiche diverse. In sostanza, la Gestalt sostiene che non esiste una percezione oggettiva della realtà, poiché quest’ultima è sempre mediata dalla nostra esperienza personale e dal nostro cervello. Per spiegare questo concetto, Wertheimer – fondatore della Gestalt – ha introdotto i principi di unificazione formale, i quali descrivono proprio come si comportano le singole parti all’interno di un campo fisico. Tali principi sono: il fattore vicinanza, il fattore somiglianza, il principio di continuità e il principio di chiusura. Il fattore vicinanza sostiene che, all’interno di un campo, gli elementi più vicini tra loro vengono automaticamente raggruppati insieme dal nostro cervello, nonostante non ci siano delle divisioni reali e visibili. Il fattore somiglianza invece spiega che, all’interno di un campo e a parità di condizioni, il nostro cervello raggrupperà automaticamente quelle figure che sono più simili tra loro. Nel principio di continuità, succede che a essere raggruppate sono quelle parti del campo che si dispongono secondo una direzione più uniforme. L’ultimo principio, invece, teorizza che le parti presenti nel campo tendono a formare delle unità chiuse.

«Nessun individuo è autosufficiente; l’individuo può esistere soltanto in un campo ambientale. L’individuo è inevitabilmente, in ogni momento, parte di qualche campo. Il suo comportamento è una funzione del campo totale, che comprende sia lui che l’ambiente» – Fritz Perls

Col tempo la Gestalt si è evoluta fino a diventare una vera e propria forma di psicoterapia. Il fondatore della psicoterapia della Gestalt è Fritz Perls, che negli anni ’40, a New York, decise di rielaborare concetti come la teoria di campo di Lewin e i vecchi principi della Gestalt tedesca, per formulare una psicoterapia umanistica incentrata sul meccanismo organismo-ambiente. Secondo la Gestalt, l’individuo non può essere studiato come elemento a sé stante, ma solo come un essere inserito all’interno di un determinato ambiente, in cui avviene un’influenza reciproca: da un lato l’individuo influenza l’ambiente in cui vive, dall’altro l’ambiente esercita un’influenza sull’individuo. Secondo Perls, il paziente ha bisogno di sperimentare l’ambiente per costruire i suoi significati, quindi la terapia della Gestalt consiste nell’esplorazione dell’esperienza reale che l’individuo fa del mondo attraverso il proprio sistema percettivo. Attraverso questa esplorazione, la persona può accrescere la propria consapevolezza riguardo ai suoi meccanismi interni, diventando quindi consapevole di vedere il mondo in un certo modo.

«La natura del rapporto tra lui — l’individuo — e il suo ambiente determina il comportamento dell’essere umano. Se il rapporto è reciprocamente soddisfacente, il comportamento dell’individuo è quello che chiamiamo normale. Se il rapporto è conflittuale, il comportamento dell’individuo viene descritto come anormale» – Fritz Perls

Identità e consapevolezza si intrecciano in questo nuovo brano dei Gazebo Penguins, che puntano all’esplorazione di quanto noi siamo consapevoli di come ci muoviamo nel mondo e, di conseguenza, quanto siamo consapevoli di chi siamo. Ma non solo. La canzone parla anche di percezione della realtà e di come, spesso, essa appare come qualcos’altro rispetto a ciò che crediamo di sapere, qualcosa che ha più a che fare con la nostra percezione del mondo rispetto a ciò che ci è stato insegnato.

«Quando torno di notte c’è un punto per strada in cui smetto di pensare e mi sento già a casa / non capisco chi sono quando, sovrappensiero, non so di far qualcosa e lo faccio davvero» – Gazebo PenguinsGestalt

Il testo descrive alla perfezione il concetto di consapevolezza rispetto ai propri meccanismi interni: il non essere consapevole di stare facendo qualcosa e poi, improvvisamente, rendersi conto che quella cosa la si sta già facendo. Questa confusione può generare una crisi riguardo alla propria identità poiché non si è in pieno contatto con il proprio funzionamento e i propri bisogni. La domanda “chi sono?” trova la sua risposta attraverso altre domande, come cosa voglio?”, qual è il mio bisogno?” e che effetto mi fa ciò che sta succedendo?”. Quando i Gazebo Penguins cantano «le cose non dette hanno un eco che durerà», penso a ciò che in Gestalt si chiama una gestalt aperta, ovvero un bisogno non soddisfatto che preme per essere ascoltato. Per stare meglio, dobbiamo chiudere le nostre gestalt, ovvero: dobbiamo soddisfare quei bisogni che ci sono e che, anche se cerchiamo di non vederli, premono per uscire.

Visualizzare i propri bisogni, capire come influenzare l’ambiente per soddisfarli ed essere consapevoli di come ci muoviamo nel mondo, sono fattori che contribuiscono a chiarificare la nostra identità. Ciò che siamo è dato da ciò che vogliamo e dal modo migliore, per noi, di vivere nel nostro ambiente.

 

Carlotta Anguilano

Faccio foto ai concerti e sono una psicologa. In macchina la musica la scelgo io e, quasi sempre, si tratta degli Oasis e di tutta la scuola brit.

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